La Schiavone ritrova sensazioni sopite e spazza via la Bartoli, evocando immagini ciclistiche degli anni 40. E’ tornata la magia? Lo scopriremo negli ottavi contro Vika Azarenka.
Marion Bartoli è stata ridotta a comparsa da una grande Schiavone
Di Riccardo Bisti – 1 giugno 2013
Fosse un appassionato di tennis, il grande Paolo Conte avrebbe tratto ispirazione dalla partita tra Francesca Schiavone e Marion Bartoli. 34 anni fa, la canzone dedicata a Gino Bartali recitava:
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato, se tu vuoi andare, vai…
e vai che il sto qui e aspetto Bartali
scalpitando sui miei sandali
da quella curva spunterà
quel naso triste da italiano allegro
tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
C'è un po' di vento, abbaia la campagna
e c'è una luna in fondo al blu…
Se Conte avesse visto il 6-2 6-1 con cui l’azzurra ha maramaldeggiato sulla francese, sarebbe già in sala d’incisione a cantare il sequel. La canzone rappresentava il senso di rivalsa provato dall’Italia nella seconda metà degli anni 40. A differenza dei francesi, avevamo perso la guerra. Si faticava a mettere insieme il pranzo e la cena. Però stavamo rinascendo grazie alle pedate di Valentino Mazzola e alle pedalate di Fausto Coppi e Gino Bartali. E i francesi “si incazzavano”. Sono passati quasi 70 anni, il mondo è cambiato, ma quel senso di rivalità con i galletti è rimasto. E Marion Bartoli rappresenta alla perfezione il clichè del francese con la puzza sotto al naso, un tantino arrogante. Anni fa, durante una conferenza stampa, Gianni Clerici ipotizzò una discendenza italiana a causa di quel cognome così familiare. Lei rigettò con disprezzo: “Sono corsa”, tenne a precisare. Anche per questo, l’amor patrio ha goduto ancora di più nel vederla sballottata da una parte all’altra da una Schiavone perfetta, forse la migliore degli ultimi due anni. Difficile paragonarla a quella di tre anni fa, ma l’oretta in cui ha preso a pallate la Bartoli assomigliava a un’opera d’arte tennistica. Anche perché la francese ha lottato fino all’ultima palla, gridando i suoi “Allez” anche sul 5-0 nel secondo set.
Ma non c’è stato nulla da fare. Francesca ha avuto bisogno di qualche minuto (break concesso in apertura) per prendere le misure al Campo intitolato a Suzanne Lenglen, la “divina” che non ha ancora un'erede. Non può esserla la Bartoli, nonostante la finale raggiunta sei anni fa a Wimbledon. La disciplina dura e un po’ folle di papà Walter è stata la sua forza, poi è diventata un limite. Se ne è accorta quest’anno, quando ha provato a farsi dare una mano da Jana Novotna (prima) e da Gerald Bremond (dopo), ma il rapporto con il padre è diventato troppo stretto, quasi morboso. E allora è tornato al suo angolo, non prima che Marion aggiungesse qualche chilo a una silhouette già rotonda. Ma a Parigi aveva vinto due partite di cuore, era ben focalizzata. Ma la Schiavone si è travestita da Bartali e ha trasformato i 23,77 metri del campo in uno stradone impolverato, dove si è alzata sui pedali ed è volata via, sempre più lontana, sempre più distante. Il disegno tattico era perfetto: massima attenzione allo slice di rovescio e tante palle corte per far giocare fuori posizione la Bartoli. Dalla parte del dritto, colpi incrociati e carichi di spin per obbligare la francese a staccare la mano e lasciare metri di spazio alla sua sinistra. Una prateria dove la Schiavone si è infilata senza problemi. A fine partita, il bilancio sarà impressionante: 32 vincenti a 9, più del triplo. Un dominio terrificante.
Le immagini simbolo? Un paio. Sul 5-2 nel primo, un semplice rovescio della Schiavone finisce sulla riga e Marion lo lascia passare, convinta che fosse fuori. Segno di uno status di cofusione totale. Sul 4-0 nel secondo, poi, la francese è salita 15-40, provando a caricarsi un po’. Nessun problema: passante di dritto, smorzata e un altro dritto vincente hanno spedito l’azzurra sul 5-0. A sostenerla, nel box allenatori, c’era Laura Golarsa. La ex quartofinalista di Wimbledon sta facendo un grande lavoro. Ha toccato le corde giuste e ha ridato a Francesca lo spirito combattivo e la voglia di divertirsi sul campo da tennis. Tanti la criticano per quello che dice nelle telecronache su Sky. Laura divide perchè dice ciò che pensa. Non si nasconde, non ha paura di esprimere opinioni forti. Ha personalità. E la Schiavone aveva bisogno di una guida di personalità. Ridono anche i vertici federali, che si godono tre italiane negli ottavi di uno Slam: in prima fila, sul Campo Lenglen, c’erano Angelo Binaghi e Gianni Milan con le rispettive consorti. Gli è andata doppiamente bene, visto che la Schiavone ha finito in tempo per spostarsi sul Campo Chatrier e seguire Fabio Fognini. Adesso Schiavone-Bartali affronterà Victoria Azarenka in un match complicatissimo. Non si affrontano da quasi 4 anni (Us Open 2009, vinse l’azzurra in tre set), ma al Roland Garros 2008 stravinse la bielorussa con un doppio 6-1. Sarà un match durissimo, ma Francesca non ha paura. E poi accanto a sé c’è Laura Golarsa. Una che sa toccare le corde giuste. E intanto i francesi s’incazzano.
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