WIMBLEDON – Andy Murray rispetta i pronostici e vince il suo terzo Slam. Raonic non è stato travolto, ma non ha mai dato l’impressione di potercela fare. Troppo superiore lo scozzese, soprattutto in risposta e nel gestire i (pochi) momenti delicati. E’ il premio a una figura positiva, capace di continuare a lavorare come un dannato quando i Superman del circuito gli lasciavano le briciole.

Resta un po’ di amaro in bocca, dopo la 130esima finale di Wimbledon. Non certo per il nome del vincitore, e nemmeno per la qualità complessiva dello spettacolo. Andy Murray e Milos Raonic hanno fatto quello che ci si aspettava e ha vinto il più forte: 6-4 7-6 7-6 in tre ore scarse. L’amaro in bocca riguarda la totale assenza di incertezza. Sin dai primi scambi si è capito chi avrebbe vinto. Non c’è stato un attimo, neanche uno, in cui Milos Raonic ha dato l’impressione di poter girare la partita. Nemmeno nel terzo set, quando si è procurato le uniche due palle break della sua partita. Sul 2-2 si è trovato 15-40 sul servizio di Murray, ma lo scozzese è stato perfetto. Servizio vincente sulla prima, scambio ottimamente condotto sulla seconda, chiuso da un disastroso rovescio in slice di Raonic, morto in mezzo alla rete. Nonostante i miglioramenti dal lato sinistro, il canadese ha ancora importanti lacune da quella parte. Murray lo sapeva e ha picchiato duro sulla ferita, fino a far uscire litri di sangue. E’ un peccato che una finale di Wimbledon manchi di incertezza, ma non è la prima volta – e non sarà l’ultima – che accade. Andy ha gestito alla perfezione lo status di favorito, sul quale si era disquisito fin troppo. Chiedetegli un po’ se è meglio affrontare Raonic da favorito o Djokovic da underdog…nelle precedenti dieci finali Slam, l’ex moccioso di Dunblane era sfavorito. Volendo credere ai bookmakers, deve essere contento di averne portate a casa un paio. Non poteva certo fallire contro un avversario che gli dava noia fino a un paio d’anni fa, poi ha smesso di essere uno spauracchio. Lo ha battuto per la sesta volta di fila e non c’è triplo coach che regga. Nemmeno i consigli di John McEnroe possono fare miracoli.

 
RAONIC, IL POSSIBILE NON BASTA
La chiave? Facile: i colpi di inizio gioco. L’obiettivo di Murray era di contenere il numero di ace canadesi. Incassarne meno di cinque a set sarebbe stato un buon risultato, ma lui ha fatto di più: la pistola di Milos lo ha bucherellato appena otto volte in tutta la partita. Se non è record negativo, poco ci manca. Con una percentuale insufficiente di prime palle (64%) e di trasformazione ancora peggiore (67%, dopo che per tutto il torneo era stato sopra l’80%), Raonic ha fatto un mezzo miracolo a incassare un solo break in tutta la partita. E’ riuscito a contenere il passivo ben dentro i limiti della dignità grazie a un atteggiamento buono sul piano tattico e impeccabile su quello morale. Sapeva di dover attaccare e lo ha fatto, sia pure con alterni risultati. I colpi di tocco sono ancora da sgrezzare e non avranno mai la maestosità di un Federer o un Sampras, senza scomodare gli Edberg e i McEnroe. Murray lo sapeva e ha giocato i passanti con la necessaria fiducia. Alla fine, il bilancio è a suo favore: Raonic ha giocato 16 volèe vincenti, ma ne ha sbagliate 12 ed è stato passato altrettante. Con questi numeri è impossibile pensare di portarla a casa. Semmai è stato bravo a rimanere a galla nel secondo set (quando ha cancellato quattro palle break che avrebbero reso il passivo ben più pesante) e anche nel terzo. Ma quando la palla bruciava per davvero, non c’è stata partita. Murray ha dominato entrambi i tie-break, scappando via 3-0 in entrambi e senza dargli la minima chance di rientrare. Ha preso l’iniziativa quando ne aveva bisogno e ha lasciato le briciole all’avversario.

 

LA RIVINCITA DI BATMAN
Tre anni fa riservò l’esultanza da hooligan verso la tribuna dove c’erano i giornalisti, mentre stavolta ha digrignato i canini verso il suo clan, dove è tornato a comandare Ivan Lendl. Andy non sarà mai troppo raffinato nelle esultanze, ma questo non significa che abbia un’anima grezza. La sua ricchezza interiore si vede da tante cose, a partire dal badge sulla manica destra: anziché uno sponsor, troneggia il logo dell’associazione “Malaria No More” che Andy sostiene dal 2009. Concedere quello spazio a qualsiasi azienda gli avrebbe fruttato un sacco di soldi, ma lui ha preferito dare visibilità alla battaglia per una malattia che uccide 800 persone al giorno. Bravo. Si vede dalla capacità di commuoversi una volta che la tensione è volata via. “E’ distrutto, Murray” ha detto Elena Pero su Sky mentre lo scozzese si dirigeva verso il Duca di Kent. Le sue erano lacrime dignitose, non troppo ostentate. E quindi vere. Nella sua carriera si è trovato a fronteggiare tre mostri, tre Superman con poteri quasi paranormali: Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic. Lui è un essere umano, il Batman del tennis moderno. E come ogni essere umano ha le sue debolezze e commette i suoi errori, come quando rischiò di farsi sfuggire un gioiello biondo di nome Kim Sears perché passava troppo tempo alla Playstation. O alle difficoltà nel trovare il giusto assetto a livello di coach. Ne ha cambiati a bizzeffe, soltanto Ivan Lendl ha tirato fuori il meglio di lui. Ma ha sempre avuto l’umiltà di comprendere gli errori e la bravura di lottare per riprendersi quello che lo faceva stare meglio. E soprattutto ha continuato ad allenarsi con la stessa volontà e abnegazione anche quando perdeva sempre, anche quando gli altri sembravano irraggiungibili. Adesso si gode i risultati e chissà che il destino non abbia in serbo altre sorprese. Nel frattempo si è tolto d’impiccio con grande eleganza dopo una piccola gaffe durante l’intervista sul campo: menzionando tutte le persone presenti nel Royal Box ha citato anche il Primo Ministro David Cameron (che in autunno lascerà l’incarico dopo la batosta del referendum sulla Brexit). La gente non ha gradito, fischiando Cameron. “Molto meglio giocare una finale di Wimbledon che fare il Primo Ministro…quello sì che è un lavoro impossibile!” ha concluso Andy, salvandosi in corner. La classe si vede anche da queste cose. Lui ce l’ha, un po’ nascosta dietro alla barba incolta e alle trash-talks.
Ma ce l’ha.


Andy Murray (GBR) b. Milos Raonic (CAN) 6-4 7-6 7-6