Dieci ore di tennis. Dieci ore di grandi emozioni. L'eterna semifinale tra Kevin Anderson e John Isner ha riaperto il dibattito sull'opportunità di istituire il tie-break nel set decisivo, ma difficilmente chi ama il tennis dimenticherà il 13 luglio 2018. Di sicuro, è stata la più lunga giornata nella storia delle semifinali di Wimbledon. E di sicuro si aprirà un altro dibattito, ovvero l'obbligo di sospendere un match alle 23 locali, in virtù dell'accordo tra l'All England Club e Wimbledon Village, risalente a una decina d'anni fa. Quando Wimbledon ha costruito il tetto sul Centre Court, con relativa illuminazione, il ricco quartiere londinese ha dato il via libera a patto che il prolungamento degli incontri non andasse mai oltre le fatidiche 23, per salvaguardare il riposo collettivo. Un po' anacronistico, ma tant'è. E forse Rafa Nadal non sarà troppo dispiaciuto di andare a letto e ricaricare le batterie dopo aver perso un combatuttissimo terzo set contro Novak Djokovic, in una semifinale che può ancora riservare tante, tante sorprese. I fatti: con Kevin Anderson già immerso in un bagno ghiacciato per recuperare, e proteso alla finale di domenica pomeriggio, Nadal e Djokovic hanno giocato il primo punto alle 20.08 locali. Vista l'eccezionalità della situazione, gli organizzatori hanno chiuso il tetto e acceso le luci, in modo da evitare ulteriori perdite di tempo col calare delle tenebre.
TRE SET, TRE VOLTI
Avevano 2 ore e 52 minuti di tempo per chiudere la partita: 2 ore e 54 sono bastate, a malapena, per completare tre set. Si va al riposo, al giro di boa virtuale con Djokovic avanti 6-4 3-6 7-6 e in posizione migliore rispetto al suo avversario, specie dopo avergli annullato tre setpoint in un pirotecnico tie-break, terminato alle 23.02, un paio di minuti oltre il limite. Una partita bellissima, profondamente diversa da Isner-Anderson (che pure si era lasciata vedere, tenendo conto dello stile dei due giocatori). Consapevoli di avere uno “shot-clock” virtuale sulle proprie teste, i due hanno giocato con pizzico di aggressività in più, sia pure senza snaturare le loro caratteristiche. In due parole: spingevano al quinto-sesto colpo, non al decimo. Abbiamo visto un match a tre facce, da pugilistica parità. Djokovic è stato favoloso nel primo set, quasi perfetto, parente molto stretto del dominatore che fu. Nadal ha ritrovato la dovuta aggressività nel secondo, quando ci sono stati tre break consecutivi tra il quarto e il sesto gioco. È consapevole, Rafa, di non poter difendere ad oltranza. Le quasi cinque ore di due giorni prima hanno inevitabilmente un peso nelle sue gambe, straordinarie, ma pur sempre da 32enne. E allora ha usato con più frequenza il dritto lungolinea, intascando un buon numero di punti, e “spezzando” a sua volta le gambe a Djokovic con il sapiente uso della palla corta. Nel terzo, il match è tornata battaglia pura. I sono rivisti gli scambi che – a decine – hanno riempito Youtube di filmati con antologie varie. Equilibrio impressionante, granitico, come se nessuno fosse capace di spezzarlo. Nadal ha rimontato da 0-30 sul 2-3, mentre Djokovic ha fatto altrettanto sul 5-5. Inevitabile l'epilogo al tie-break.
UN VENERDÌ INDIMENTICABILE
È quasi sorprendente che lo abbia vinto il serbo perché, in effetti, Rafa ha provato a fare qualcosa di più. Però deve recriminare per un paio di setpoint non giocati. Sul 6-5 e sull'8-7 ha sbagliato due risposte, entrambe di dritto, che avrebbe dovuto tenere in campo. Al contrario, Djokovic è stato molto coraggioso sul 7-6, quando è rimasto a galla con una bella smorzata. Nel ventesimo punto, il forcing del serbo costringeva Nadal all'errore e il match, per ora, finiva lì con un equilibrio psicologico decisamente a favore del serbo, anche se a Nadal potrebbe non dispiacere avere qualche ora di recupero extra, visto che è stato lui a correre di più. Certo, avrà bisogno di vincere due set consecutivi. E non sarà facile. Difficile scegliere un'immagine-simbolo di questa eterna giornata di tennis, comunque destinata a passare alla storia, un po' come l'8 settembre 1984, il primo Super Saturday nella storia dello Us Open, in cui trovò spazio anche la finale femminile. Marco Caldara vi ha già raccontato le immagini della grande vittoria di Kevin Anderson. Questo match deve ancora vivere le sue pagine più importanti, ma ci consegna la rinascita definitiva di un grande campione. Non ci fosse stato il Djokovic che conosciamo, a quest'ora sarebbe già a casa. Invece, il favorito per un posto in finale è proprio lui.
WIMBLEDON UOMINI – Semifinale
Novak Djokovic (SRB) vs. Rafael Nadal (SPA) 6-4 3-6 7-6 sospesa