Novak Djokovic è il primo dai tempi di Rod Laver a detenere contemporaneamente tutti i quattro titoli Slam: “una delle sfide più importanti che un tennista si possa porre, voglio godermi questo momento”. E sul Grande Slam: “nella vita tutto è raggiungibile”.

Alla fine, dopo essersi fatto attendere per quasi due settimane, a Parigi è (ri)spuntato pure il sole. È arrivato nel corso della premiazione, a baciare e abbracciare il primo Roland Garros di Novak Djokovic. Meritato? No, di più. Meritatissimo. Nel tennis non c’è mai nulla di scontato, dice il saggio, ma è sacrosanto che sia lui ad andarsene da Parigi col trofeo più importante, ritirato dalle mani di Adriano Panatta. Dopo il mezzo fallimento dello scorso anno, ecco il trionfo, il quarto consecutivo in un torneo del Grande Slam, che, in attesa di capire se riuscirà a prendersi quest’anno anche gli altri due, gli consegna il primo grande traguardo mancato sia da Federer sia da Nadal. Nessuno dei due ha mai detenuto tutti e quattro i Major insieme, “Nole” sì. Piaccia o meno, un motivo in più per iniziare a credere che a fine carriera il più grande dei tre sarà lui. “È magnifico – ha detto in conferenza stampa – sapere che nessuno riusciva a vincerli consecutivamente dai tempi di Rod Laver, credo sia una delle sfide più importanti che un tennista si possa porre. Sono molto fiero di esserci riuscito, devo ancora realizzare bene quello che è successo. Intanto sono felicissimo di avere questa coppa accanto a me, e sto provando a godermi il momento il più possibile”. Gli hanno fatto notare che né Nadal né Federer potranno mai vantare questo risultato, ma lui ha messo tutti sull’attenti, con un po’ di sana retorica. “Entrambi sono ancora in attività, quindi credo sia corretto dire che entrambi hanno ancora la possibilità di farcela, dopo aver già sfiorato in passato questo risultato. Io posso solo dire che essere arrivato nella loro Era mi ha aiutato a migliorarmi, a diventare un giocatore migliore e raggiungere questi risultati. All’inizio non ero fiero di far parte del loro periodo (ride, ndr), ma poi ho realizzato che nella vita tutto accade per un motivo. Ho capito che per batterli dovevo essere più forte”. Ce l’ha fatta.

QUANTE EMOZIONI NEL FINALE
Come Federer, Djokovic ha vinto a Parigi alla sua quarta finale, ma l’ha fatto battendo un avversario decisamente superiore. “Sono entrato in campo preparato, ho vinto il primo game, poi i nervi mi hanno fatto un brutto scherzo. Ho avuto bisogno di un po’ di tempo per trovare il ritmo e iniziare a giocare come volevo, come successo dall’inizio del secondo set fino al 5-2 al quarto. Sentivo di giocare alla grande, mettendo tanta pressione a Andy, sapevo che per batterlo avevo bisogno di dare il 100%. Quando sono salito 5-2 al quarto ho iniziato a ridere, non so perché, ma è andata così. Onestamente non sentivo molta pressione, forse l’ho presa un po’ alla leggera e lui si è rifatto sotto. Ma l’atleta professionista si allena anche per pensare sempre al punto successivo, non al precedente, e ce l’ho fatta. Poi siamo tutti umani, quando sono arrivato vicino come mai prima a questo titolo l’ho sentito: tensione, felicità, tutte le emozioni. E dopo il match-point è stato uno dei migliori momenti della mia carriera”. A giudicare dalle parole di “Nole”, pare fosse scritto nelle stelle che dovesse vincere lui. “Fin da quando sono arrivato a Parigi ho sentito qualcosa di diverso rispetto allo scorso anno. Una maggiore connessione con i fan, le persone, la città. Provavo qualcosa di differente. Sono certo che il supporto ricevuto oggi mi abbia permesso di essere seduto qui ora con accanto il trofeo”. Immancabile la domanda sul Grande Slam, che sembra vicino come forse non lo è mai stato dai tempi di Rod Laver, ultimo a centrarlo nel 1969, prima stagione (intera) di Era Open. “Non voglio sembrare arrogante, ma penso che nella vita tutto sia raggiungibile. Centrare il Grande Slam è una possibilità, sono ancora in corsa, ma onestamente non ci penso. Vincere questo torneo mi riempie di appagamento, in questo momento cerco solo di godermi ciò che ho fatto”.