La finale di Madrid sembra una passeggiata, poi diventa impegnativa, ma Djokovic si prende anche la Caja Magica e intasca il quinto titolo stagionale, il 29esimo Masters 1000 (di nuovo primatista solitario) e mette oltre 9.000 punti di distanza tra sé e il diretto inseguitore, un Murray uscito con l’onore delle armi.

Un Montecarlo non fa primavera. Novak Djokovic è tornato ad imporsi, se non con il piglio del dominatore, almeno con la convinzione di poter vincere facilmente contro chiunque. Quinto titolo stagionale e Masters 1000 numero ventinove per il serbo. Nole si lascia nuovamente alle spalle il redivivo Nadal, da molti, forse prematuramente, elevato a spauracchio numero uno in vista di Parigi. Vittoria in tre set (6-2 3-6 6-3 lo score), nella finale del Mutua Madrid Open, per Nole. Contro un Andy Murray che ha combattuto e sputato l’anima in campo fino all’ultimo punto. Un Andy Murray restato in partita anche grazie a un Nole che si è un po’ distratto, sorpreso dalla facilità iniziale del match. Se si vuole riassumere la superiorità a tratti imbarazzante del serbo su ogni avversario, basta il primo set di questa finale. Mezz’ora scarsa, in cui ha concesso la miseria di tre punti sul suo servizio. Un Nole che rasenta la perfezione e domina lo scozzese in ogni anfratto del campo. Murray pare inerme, sommerso e umiliato da vincenti. Sembra surreale che a dividere i due contendenti ci sia una sola posizione in classifica (anche se dopo il match ci saranno oltre 9.000 punti ATP, record assoluto di divario nella storia dei ranking computerizzati). A quel punto, il pubblico comincia a prendere le parti dello scozzese. Volevano un po’ di partita, gli spagnoli già orfani di Rafa Nadal. Andy si scuote, trova un pizzico di coraggio e di convinzione ed entra finalmente in partita. Non più da spettatore. Un Nole fin qui sovrumano, forse colto da un attimo di distrazione e di noia, nel quarto gioco mette assieme due gratuiti e un doppio fallo. Un break inaspettato, quasi piovuto dal cielo, che Murray conserva con autorevolezza e bravura sino alla conclusione del set, vinto 6 a 3.

EMOZIONI FINO ALL’ULTIMO, MA IL FINALE E’ SEMPRE LO STESSO
C’è partita sul centrale di Madrid, ormai non ci credeva più nessuno. Ma siamo al momento decisivo. L’urlo spaventoso con il quale il serbo coglie il punto, con la seconda di servizio, sul 40 pari nel game d’apertura del terzo, ci racconta tutto. Nole ritorna ad inchiodare Andy a fondo campo ed è gioco facile per lui ottenere il break. Tuttavia c’è ancora qualche nube, nella mente del serbo. Nube che lo porta a fargli commettere due doppi falli, al momento di uccidere la finale e restituire il break. Ma dura giusto un altro game, il momento di gloria per Murray. Nole si sente solo, solo contro tutti, e ritorna a macinare colpi con rabbia. Spaventosa l’autorità con la quale va a riprendersi il break, nel sesto gioco. Quasi a voler mettere la parola fine a un incontro durato sin troppo a lungo. Piovono applausi per entrambi. Piovono applausi, anche da parte di Nole, soprattutto sul 4-2 e 30 pari. Lahyani chiama un warning a Nole per time violation, ma Murray si rivolge al giudice di sedia e si prende la responsabilità dell’accaduto. Un gesto di nobiltà piuttosto rara, soprattutto a questi livelli. Si arriva sul 5 a 3. Nole serve per il match e quando non ci si aspettano che i fiumi di champagne finali, ecco una coda di dodici minuti di epica lotta. Per il giubilo generale. Murray dilapida la bellezza di sette palle break, le prime tre consecutive. E alla fine deve arrendersi, al terzo matchpoint concesso (il primo l’aveva cancellato sul 2 a 5). Arrendersi con onore e ònere ad un avversario più forte. Al quale ha reso comunque la vita difficile.


Novak Djokovic (SRB) b. Andy Murray (GBR) 6-2 3-6 6-3

MASTERS 1000 – I PLURIVINCITORI
Novak Djokovic – 29
Rafael Nadal – 28
Roger Federer – 24
Andre Agassi – 17
Andy Murray – 11
Pete Sampras – 11
Thomas Muster – 8
Michael Chang – 7
Boris Becker – 5
Jim Courier – 5
Gustavo Kuerten – 5
Marcelo Rios – 5
Andy Roddick – 5
Marat Safin – 5