A come AUSTRIA: qualche talento, magari mezzo matto, lo produce sempre. E così, mentre la carriera di Melzer volge al termine, ecco che si affaccia Dominic Thiem. Il suo rovescio a una mano è talmente bello che riesce a soddisfare gli esteti anche quando viene giocato in salto. Che gli dèi del tennis siano magnanimi.
B come BACSINSZKY: la storia del tennis, soprattutto femminile, è piena di padri-padroni che hanno interferito pesantemente nella vita e nella carriera del figli. Timea Bacsinszky aveva addirittura smesso, per provare a vivere una vita normale anziché quella di una campionessa a tutti i costi. E' tornata, matura e consapevole, e con la vittoria di Monterrey si è avvicinata alle top20.
C come CHUNG: il finalista del torneo junior di Wimbedon 2013 ha messo su un discreto fisico e, dopo una serie di buoni risultati nei challenger, ha portato a casa il primo match a livello ATP a Miami, battendo Granollers. No, non farò paragoni con Quinzi.
D come DOLGOPOLOV: alla fine ha perso 6-0 al terzo, perché siamo nati per soffrire, ma per un'oretta ha dimostrato di essere il virus perfetto capace di mandare in tilt il tennis robotico e apparentemente senza punti deboli di Djokovic, talmente nervoso da beccarsi un penalty point per distruzione di racchetta. Se reggesse due o tre ore? Mah, forse non sarebbe il Guru…
E come ERRANI-VINCI: e alla fine la coppia scoppiò, a poco più di un anno dalle Olimpiadi di Rio, dove avrebbero rappresentato la carta più importante dell'italtennis in ottica medaglia. Giusto tributare loro il meritato applauso per le vittorie e le emozioni di questi anni. Altrettanto giusto cercare di comprendere i motivi di questa separazione, che probabilmente sapremo soltanto tra qualche anno.
F come FLAVIA PENNETTA: dodici mesi dopo il successo più importante in carriera, fa una figura più che decorosa sia ad Indian Wells che a Miami, con vittorie di prestigio e sconfitte con l'onore delle armi. Il cemento americano è la sua superficie, non lo si scopre di certo ora.
G come GNOCCHI: va bene che la pubblicità è l'anima del commercio, ma continuano a sfuggirmi i motivi che hanno spinto SuperTennis a trasmettere in diretta (e in differita in prima serata) l'esordio di Gene Gnocchi nel torneo di prequalificazione degli Internazionali d'Italia. Sarà un problema mio.
I come ISNER: semifinale a Miami, è tornato quasi ingiocabile al servizio (il "quasi" ha la faccia di Djokovic). Con quello che passa il convento americano, è un risultato di rilievo.
K come KUKUSHKIN: vero hombre del partido in quel di Astana, anche se l'onore dell'ultimo punto è toccato ad altri. Bolelli e Seppi, peraltro arrivati alla sfida in discreta forma e in fiducia, spazzati via nell'identico modo, dopo un primo set combattuto. In Davis succede.
L come LAAKSONEN: la Svizzera campione in carica, orfana di Federer e Wawrinka, non era certo favorita contro il Belgio di Goffin, Darcis e Bemelmans; senza contare l'esclusione polemica dal singolare di Yann Marti, che ha poi lasciato la squadra sbattendo la porta. Ebbene, in questa triste atmosfera da dopo festa, il carneade di origini finlandesi Henri Laaskonen ha provato a sparigliare le carte, vincendo i due singolari al quinto set ed obbligando i belgi al match decisivo, in quella che si è trasformata da pedalata della domenica a terribile còte della Liegi-Bastogne-Liegi. (Quasi) eroi per caso.
M come MAYER: restando in tema insalatiera, l'argentino Leonardo Mayer ha sconfitto Joao Souza per 15-13 al quinto set in quella che, con sei ore e quarantadue minuti di durata, è diventata la partita più lunga di sempre in singolare. Idolo albiceleste in coabitazione con Federico Delbonis, che ha portato a casa il punto decisivo.
N come NEDOVYESOV: e, per chiudere l'angolo Davis, spazio anche ad un altro eroe per caso, il numero 130 del mondo kazako, fresco finalista del challenger di Bergamo ma destinato, in apparenza, alla panchina. Poi, prima dell'incontro decisivo, entrambi i capitani cambiano il singolarista e, a sorpresa, vince il meno esperto. Anche questo in Davis succede.
O come ODESNIK: recidivo, bugiardo, imbarazzante. Forse questa volta il circuito se lo è levato dai piedi definitivamente.
P come PERICOLI: la signora del tennis italiano ha festeggiato il 22 marzo, con garbo e con la consueta eleganza, un rotondo compleanno. Ho da tempo appeso la racchetta al chiodo, altrimenti avrei prenotato un'ora solo per alzare un pallonetto difensivo in suo onore.
Q come… no, ho detto che di QUINZI non parlo
R come RECORD: piccola tracimazione nel mese di aprile, per tributare il giusto elogio a Djokovic, primo tennista della storia capace di realizzare per tre volte la doppietta Indian Wells-Key Biscayne. Non si vede, a meno di due mesi dal Roland Garros (torneo che farebbe carte false per vincere, immagino), avversario capace di batterlo negli appuntamenti importanti. O forse uno c'è, il nervosismo che traspare nei momenti di difficoltà, vedi alla voce Dolgopolov (e nella finale di Miami)
S come SUAREZ NAVARRO: la top-10 val bene una batosta in finale. Al netto dei soliti luoghi comuni sui successi dei rappresentanti della penisola iberica, un rovescio come il suo tra le prime dieci giocatrici del mondo è una bella notizia.
T come TIPSAREVIC: bentornato! E, già che ci siamo, bentornato anche a Mardy Fish. Due atleti che hanno vinto la loro battaglia contro avversari terribili.
U come UNA: come le vittorie di Fognini sul veloce, nei tredici match disputati dopo Flushing Meadows. L'anno scorso i due ottavi a Indian Wells e Miami avevano certificato i progressi di Fabio, aprendo prospettive interessanti in termini di classifica. Le due (nette) sconfitte all'esordio nelle edizioni 2015 sono lo specchio di un'involuzione preoccupante.
V come VERDASCO: si aggiunge anche lui all'elenco, variopinto e sorprendente, di coloro che hanno sconfitto Nadal nel 2015. La stagione sul rosso ci dirà, in maniera inequivocabile, se si tratta di crepuscolo o se assisteremo all'ennesima resurrezione del maiorchino.
W come WILLIAMS: Serena, semplicemente ed inequivocabilmente di un'altra categoria.
Z come ZVEREV: nulla di eclatante, per carità, ma superare le qualificazioni e un turno a Miami, a diciott'anni scarsi, non è poi malaccio. Come? Chi c'era nello stesso spot? No, ho detto che non ne parlo, allora siamo di coccio.
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