Il tennis continua a rifiutare un ricambio generazionale, almeno tra gli uomini. Le conferenze stampa di Mahut, i disastri di Wawrinka, i derby fantasma tra le Williams…

Di Massimo Garlando – 1 giugno 2014

 

Un riassuntino un po' atipico, nel bel mezzo di uno Slam; meglio abituarsi, perché la faccenda si ripeterà per quello di giugno, in pieno Wimbledon (qualcuno ha detto Mondiale di calcio?). Detto che non parlerò della Townsend, se non per segnalare le discutibili fotogallery dei quotidiani generalisti, che si sono prevedibilmente buttati a pesce sulla parte folcloristica del personaggio, evidenziandone le forme piuttosto che, per dirne una, la visione di gioco, spendo due parole per Elena Baltacha, che ha perso la sua partita più importante all'inizio del mese. Le avevo dedicato la lettera B di un Australian Open dalla A alla Z, qualche anno fa, anche per quel papà nazionale sovietico di calcio che mi ricordava gli album Panini dei Mondiali della mia infanzia. Trent'anni sono pochi per ritirarsi, figuriamoci per andarsene, un pensiero a lei e ai suoi cari.

 

NON E' (ANCORA?) UN CIRCUITO PER GIOVANI
Il tennis è uno sport fatto anche di sensazioni, di momenti, di passaggi di consegne; basti pensare, per restare a tempi relativamente recenti, alla vittoria di Federer contro Sampras a Wimbledon nel 2001. Ecco, durante il torneo di Roma c'è stato un momento preciso in cui, personalmente, ho avvertito la sensazione di un possibile cambio generazionale: la fine del tie break del primo set della semifinale tra Raonic e Djokovic, quando il canadese ha portato a casa il primo set. A pensarci bene, infatti, con Nadal-Dimitrov programmata in serata, stava andando in scena nel sabato romano la prima sfida seria tra i due migliori giocatori del mondo e le espressioni più promettenti tra i ragazzi nati negli anni '90. Sappiamo com'è andata quella semifinale e, soprattutto, la lezione di Nadal a Dimitrov (che ha confermato a Parigi i propri attuali limiti) ha evidenziato che i tempi non sono ancora maturi e come, nel tabellone maschile di uno Slam, l'eliminazione delle prime tre teste di serie ad opera di altrettanti classe '93 sia pura fantascienza.


GOMITO A GOMITO CON L'ABORTO DI SLAM
Un tentativo di Grande Slam fallito al primo turno della seconda prova, tanto al maschile quanto al femminile, credo che sia una rarità quasi assoluta. Che l'altalenante Wawrinka, mister o tutto o niente, non fosse esattamente il personaggio sul quale costruire progetti così ambiziosi si poteva intuire, così come erano note le precarie condizioni fisiche di Na Li, ma una doppia uscita al primo turno dei vincitori in Australia era francamente inimmaginabile. Il 2014 si conferma stagione strana e ricca di sorprese.

PAPERINO MAHUT
Nicolas Mahut non è un tennista fortunato. Odio queste generalizzazioni, ma dato che la stagione dove può dire la sua al 100% è quella erbivora, quarant'anni fa anni non sarebbe certo stato un tennista che fa la cicala per un mese e poi sparisce, come gli capita oggi. Oltretutto passerà alla storia come interprete del match più lungo di sempre, ma nella parte dello sconfitto e i più attenti lo ricorderanno in lacrime dello scorso anno, dopo la finale di doppio (persa sul filo di lana, manco a dirlo) di Parigi. Quest'anno, dopo la sconfitta al primo turno in singolare, ha ricevuto i complimenti di un giornalista male informato, che ha poi ammesso candidamente di non aver visto il match. Certo, se uno si presenta in conferenza stampa con due informazioni raccattate alla meglio, dovrebbe almeno avere la decenza di limitarsi ad ascoltare, ma questa disavventura poteva succedere solo a Mahut. E infatti la sua faccia era tutta un programma.

 



DERBY MANCATO

La vita dell'inviato ai tornei di tennis dev'essere dura. Oltre alle figuracce di cui sopra, ci sono i pezzi da scrivere, magari con cadenza quotidiana e, se gli spunti latitano, viene naturale buttare un occhio al tabellone, sperando in incroci favorevoli. Un derby tra le sorelle Williams è oggi merce rara: negli ultimi cinque anni è capitato una sola volta, oltretutto in un torneo di seconda schiera; ma questa volta il sorteggio le aveva messe in rotta di collisione già al terzo turno, rendendo la cosa decisamente fattibile. E allora perché non fantasticare di una prima sfida parigina, calcando la mano sugli aspetti romantici, quasi a sancire il saluto di Venus per lanciare Serena verso l'ennesimo Slam? Solo che il tennis non sempre cede al romanticismo e, a volte, non rispetta i pronostici. E così il terzo turno è diventato un meno appetibile Schmiedlova-Muguruza, che non ha lasciato molto spazio ai voli pindarici. Poi, come spesso accade nella vita, si chiude una porta e si apre un portone, e così è esploso a sorpresa il fenomeno Towns… (no, ho detto che non ne avrei parlato e non ne parlerò!).

BECAUSE I'M SEPPI
Il maggio di Seppi non è stato leggendario, anche se nelle tre partite disputate al Roland Garros ha dimostrato un discreto stato di forma e una solidità promettente, ma non è questo il punto. Gira da mesi una canzone di Pharrel Williams, nata come colonna sonora del film Cattivissimo Me 2, intitolata Happy, che si sta confermando assoluto tormentone del 2014. Si sente ovunque, alla radio, in tv, nei centri commerciali, e quest'estate sarà ancora peggio. Il ritornello dice "because i'm happy" e in tutto il mondo vengono girati video, dove illustri e sconosciuti ballano e fanno flash mob sulle note del pezzo. Stupisce che nessuno abbia ancora convinto il nostro Andreas a fare altrettanto, "because I'm Seppi" sarebbe perfetto (nel caso voglio i diritti, eh, tutti testimoni).