Se pensate che i tornei post Wimbledon siano privi di interesse, beh, vi sbagliate di grosso. Massimo Garlando ci racconta storie e storielle del luglio tennistico.

Di Massimo Garlando – 7 agosto 2014

 
Ed eccoci arrivati a Luglio, il mese del riposo dei guerrieri (e del superlavoro dei soldati). Certo, formalmente cade nel mese di luglio la finale di Wimbledon, l'evento più importante di tutta la stagione, quindi non è che si casca proprio male. Diciamo che è un po' come quando ci si presenta (a scuola, in un nuovo lavoro, ad un appuntamento galante) e si buttano subito giù le carte migliori, per fare colpo e mettere fieno in cascina per l'inverno. E onestamente, con una partita come Djokovic-Federer, si può campare di rendita per almeno sei mesi. I big tirano il fiato dopo le fatiche europee e in vista della stagione americana sul cemento, ma queste situazioni sono le preferite per chi cerca spunti un po' eccentrici, che anche stavolta non sono mancati. Avvertenza: nel riepilogo è presente un convitato di pietra, un tennista che mai nominato ma che viene evocato di continuo: chi lo indovina non vince niente, anche perché è troppo facile.
 
TRAGEDIA GRECA 
Eva Asderaki fa parte dell'eccellenza dei giudici di sedia del circuito, carisma, carattere e personalità non le mancano di certo (ne sa qualcosa Nadal, bacchettato spesso per le solite perdite di tempo) e queste caratteristiche sono merce rara, specie negli ultimi tempi, dove anche chiamare un over-rule è diventato un azzardo rarissimo. La presenza del falco ha infatti impigrito gli arbitri, trasformati il più delle volte in semplici burocrati che gestiscono in maniera impiegatizia il punteggio (e, al più, le manifestazioni caratteriali e verbali di qualche giocatore). A volte però la troppa sicurezza genera eccessi di protagonismo e, quando non c'è il falco, si rischia grosso: ne sa qualcosa Francesca Schiavone, che durante il torneo di Istanbul ha visto rettificare dall'arbitro greco una palla chiamata (correttamente) out alla Mladenovic in un momento cruciale del match, atto che ha certamente influito pesantemente sull'esito finale. La tennista milanese, che durante il gioco si è limitata a protestare in maniera più che civile, alla fine se n'è andata senza salutare la Asderaki, ma almeno ha evitato di spaccare racchette, insultare chiunque o malmenare il supervisor.
 
LA PARABOLA (DISCENDENTE) DEL TALENTO 
Nel circuito maschile c'è un talentuoso giocatore, dotato da Madre Natura di mezzi tecnici non comuni, che è arrivato ad un passo dall'eccellenza assoluta ma non è riuscito a fare il passo decisivo per entrarci, soprattutto per motivi caratteriali. Naturalmente, come avrete capito, sto parlando di Benoit Paire, che non è nuovo a comportamenti del genere e alterchi con colleghi (chiedere a Llodra per informazioni). Il nostro, nonostante l'imminente uscita dai top-100, è tornato alla ribalta per la litigata con Karlovic a Washington, tra insulti francesi durante il gioco e balletti provocatori croati (cosa che, al solo pensiero, mette i brividi), con il concreto rischio di venire alle mani a fine match. Certo, giocare contro Karlovic e i suoi servizi rischia di essere frustrante e, nonostante l'aria da innocuo plantigrado, chi lo segue su Twitter sa che il croato è spesso piuttosto pungente e sarcastico con i colleghi, ma anche con lui c'è modo e modo di perdere. Lo ha dimostrato Sela, appena qualche giorno prima, quando a fine partita si è precipitato a bordo campo per recuperare una sedia, in modo da colmare il gap ed essere all'altezza quantomeno al momento della stretta di mano.
 
PABLO E' VIVO
Luglio è anche il tradizionalmente il mese dei tornei europei sulla terra. Quand'ero ragazzino era una specie di giro d'Italia con racchetta e ricordo i pomeriggi passati, in compagnia della voce di Bisteccone Galeazzi, ad ammirare le gesta (?) di Davin o Rebolledo a Bologna, Firenze, magari a Saint-Vincent. Ora che gli appuntamenti tricolori, nella migliore delle ipotesi, sono stati retrocessi a challenger, domina la Mitteleuropa, allargata a Svezia e Croazia, con il classico carnet di città tedesche e località di villeggiatura alpine o balneari. La vicinanza temporale e geografica, come del resto accade ad inizio anno in Sudamerica, fa sì che a salire sul palcoscenico siano sempre più o meno gli stessi attori e così, per motivi di forma, fiducia o particolari congiunzioni astrali, spesso capita che un giocatore riesca ad imbroccare un filotto di risultati. A volte l'exploit costituisce un trampolino di lancio, mi viene in mente – per restare a tempi recenti – il caso di Del Potro che, nel 2008, piazzò una doppietta europea bissata poi sul cemento americano. Tutto questo gli permise di passare nel giro di un mese dalle retrovie della classifica all'èlite e di iniziare quel percorso che, nel giro di un anno o poco più, lo portò al'apice della carriera e al trionfo di New York. Può capitare invece che i trionfi di luglio diventino cambiali piuttosto pesanti da scontare l'anno successivo e, se non ripetuti, comportano un conseguente ridimensionamento degli obiettivi che pochi mesi prima parevano a portata di mano. Il mattatore del 2014 è stato l'uruguaiano Pablo Cuevas, erede del grande Marcelo Filippini (per tornare agli eroi di cui sopra), che ha portato a casa in un mese i suoi primi due tornei in carriera, prendendosi così una meritata rivincita contro la malasorte che ne ha, a più riprese, frenato l'ascesa. Dubito che abbia qualche minima velleità da top-10, quindi immagino che si godrà i trionfi senza eccessive pressioni.
 
I RAGAZZI IRRESISTIBILI
Prosegue senza sosta l'assalto dei teenager alla diligenza ATP. Dopo l'exploit di Kyrgios a Wimbledon, nel mese di luglio hanno lanciato qualche segnale il gemello Kokkinakis (ormai giunto a discreta solidità a livello challenger), Borna Coric (capace di incendiare il pubblico croato a Umago e di mostrare doti da futuro top player contro un avversario assai più blasonato) e soprattutto Zverev. Il tedeschino, il più giovane della compagnia, ha iniziato il mese vincendo il ricco challenger di Braunschweig (non ero a casa, ma confesso che avrei privilegiato la visione del match contro Mathieu anche alla finale femminile di Wimbledon, che andava più o meno in contemporanea. E, in ogni caso, ho abbondantemente smanettato sul livescore), piazzando la prima zampata nel circuito maggiore ad Amburgo, dove ha onorato la wild card arrampicandosi fino alla semifinale. In tutto questo tourbillon di nuove proposte (che fa storcere il naso a molti puristi, che li vedono tutti più o meno uguali, omologati a un tennis-playstation senza sussulti e poco piacevole. Personalmente non la penso esattamente così), continuano a latitare buone notizie sul fronte Quinzi, di cui si è parlato solo per il cambio di allenatore (Gorriz, che peraltro è già saltato, novità di queste ore). L'augurio è che la fine degli impegni scolastici e l'esempio dei suoi quasi coetanei rappresentino una molla importante, d'accordo che per tradizione l'italiano ha maturazione più lenta rispetto agli altri, ma inizia ad affiorare un po' di preoccupazione.