Aprile ha visto sbocciare la stagione europea sul rosso. Wawrinka ha confermato di essere un degno numero 3 ATP, Fognini vive tra alti e bassi, mentre a Kuala Lumpur si sono viste strane omonimie…

Di Massimo Garlando – 5 maggio 2014

 
Quando la mia mente associa i termini 'aprile' e 'tennis', non può fare a meno di pensare a Montecarlo. il collegamento è immediato, dai tempi della scuola, quando le trasmissioni dal Principato (dal territorio francese di Roquebrune-Cap Martin, per i più pignoli) profumavano di giornate più lunghe, voglia di uscire, estate (e fine della scuola) imminente. A maggior ragione, anni dopo, la cosa si è rafforzata quando arrivava il momento della gita al Country Club: sveglia prima dell'alba, giornata sui campi e rientro in serata, stremato ma soddisfatto, per l'appuntamento annuale con la mia Eurodisney. Quindi, anche se da un po' di tempo il simpatico rituale si è interrotto, parlerò molto di ciò che è successo a Montecarlo e un po' meno di tutto il resto. Non me ne vogliate.

UN ALTRO MODO E' POSSIBILE
Quando Stan Wawrinka si è presentato al via dei 1000 americani senza ottenere grandi risultati, ho subito immaginato che fosse la conseguenza un mese di febbraio all'insegna di bagordi sfrenati o, al limite, di un comprensibile appagamento mentale per il trionfo all'Australian Open. Qualcuno, invece, ha iniziato ad insinuare il sospetto che la vittoria australiana fosse un clamoroso colpo di fortuna, dovuto in sostanza a congiunzioni astrali sfavorevoli ai Fab Four…insomma: Stan come Thomas Johansson o giù di lì. La migliore risposta a queste bizzarre teorie è arrivata a Montecarlo, dove Wawrinka non ha solo alzato la coppa del vincitore, ma ha dimostrato che un gioco offensivo, teso alla ricerca del vincente in un numero ragionevole di scambi (e con un occhio all'estetica), può pagare. Anche sulla terra, la terra lenta di Montecarlo: per informazioni visionare lo straordinario primo set con Ferrer e, a sprazzi, la partita con Federer. E questo, dopo anni di finali tra Nadal e Djokovic (dove il trionfo avveniva per sfinimento fisico dell'avversario e, a volte, anche dello spettatore. E succedeva anche sul cemento), non può che far piacere a chi apprezza la varietà di stile, il contrasto, la difformità spiazzante. Stan Wawrinka è un degnissimo numero 3 del mondo, è in testa alla Race e si presenterà a Parigi con qualche carta da giocare. Mi sembra una buona notizia.

E ANDAVAMO SU, E ANDAVAMO GIU'
Fabio Fognini è un ragazzo generoso. Ha stabilito che il mondo è diviso in due categorie, chi lo adora e chi lo detesta. E così, nel mese di aprile, ha deciso di accontentare tutti. Nel weekend di Davis è stato impeccabile e, con la sua vittoria su Murray (forse non del tutto a suo agio sul rosso, ma pur sempre top player e plurivincitore di Slam), è stato decisivo per la conquista della semifinale. Però, a guardar bene, nell'intervista del dopopartita, si potevano cogliere sfumature di nervosismo inusuali in chi si trova al culmine della gloria e della popolarità (anche gossippara, casualmente, in quel momento). Il richiamo continuo al metterci la faccia poteva sembrare una rivendicazione orgogliosa di coerenza ma, pochi giorni dopo, ha messo le basi per il clamoroso show in diretta durante l'ultimo cambio di campo della partita con Tsonga. Fabio è il miglior prodotto del tennis italiano maschile degli ultimi 30 anni, il primo con qualche concreta possibilità di entrare nei primi dieci giocatori del mondo, ha addosso una pressione notevole e deve imparare a gestirla. Non è accettabile che esca di partita alla prima decisione errata di un giudice di linea, e non è tollerabile che si lasci andare a spettacoli tipo quello visto a Montecarlo, proprio perché rappresenta il fiore all'occhiello del movimento italiano a livello ATP. Sono certo che, se cessasse la guerra dell'uno contro tutti (gufi e rosiconi), ed ascoltasse le critiche costruttive (e ce ne sono), ne trarrebbe immediato giovamento.

QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL PAPPAGALLO
Seguo il tennis da tanti, tantissimi anni. E ho visto mille cause di interruzione o disturbo di partite: eventi atmosferici, oscurità, invasione di campo di streaker, aerei rumorosi, macchinette asciugatutto malfunzionanti, e via discorrendo. Ma non mi era mai capitato di sentir parlare di ciò che è successo a Santa Margherita di Pula, dove da un paio di mesi si disputano tornei ITF che permettono a giovani e meno giovani promesse di conquistare qualche punto in classifica, senza l'assillo di dover girare il mondo (e, oltretutto, ospitati in un luogo piuttosto piacevole). I fatti: sono in campo la russa Ostapenko e la giapponese Ayukawa, quando due pappagalli, mascotte del resort dove si svolge il torneo, iniziano a rumoreggiare, costringendo il supervisor ad interrompere il match e a spostarlo su un altro campo, lontano da cinguettii indiscreti. C'è chi dice che stessero amoreggiando, mi fido, non conoscendo nei dettagli la stagione dell'accoppiamento di questi volatili. Ma a me piace pensare che, dopo settimane ininterrotte di tennis, stessero semplicemente manifestando il loro disappunto per una partita forse non troppo entusiasmante.

COME SE FOSSE ZHANG
Al primo turno del torneo WTA di Kuala Lumpur, si sono affrontate la cinese Shuai Zhang e la connazionale Saisai Zheng. Ha prevalso (a fatica, nonostante la differenza di classifica) la Zhang, che al turno successivo ha poi affrontato e battuto la wild card di Hong Kong Ling Zhang. Eh, niente, ci tenevo a condividere con i lettori di TennisBest questo momento meraviglioso.