MASTERS 1000 TORONTO – Il serbo si aggiudica il 30esimo Masters 1000 in carriera. Contro Nishikori gli è bastato mettere in campo una buona percentuale di prime e commettere meno errori. Aveva un gran bisogno di tornare a vincere dopo la delusione di Wimbledon. Mancavano gli altri big, ma questo successo lo rilancia in chiave olimpica.Hai voglia a dire che Novak Djokovic è stato l’unico big a sobbarcarsi il viaggio a Toronto. Tutto vero, ma gli assenti hanno sempre torto. E il serbo ha sollevato il trofeo, conquistando il Masters 1000 numero 30, cifra strabiliante, e mettendo tra sé e gli inseguitori un distacco notevole che dovrebbe consentirgli di chiudere in vetta anche il 2016. Non che ci pensasse durante la finale contro Kei Nishikori, ma un po’ di respiro nella Race è un gioioso effetto collaterale del trionfo all’Aviva Center, nel Masters 1000 meno entusiasmante dell’anno. Non si è visto granché, nel Canada anglofono, ma i punti ATP non badano all’estetica. E per Djokovic era molto importante riprendere confidenza con la vittoria: la brutta sconfitta a Wimbledon e i presunti malanni fisici (alla spalla, sembra), uniti alle modeste prestazioni nei primi turni, avevano seminato parecchi dubbi. Piano piano, in un clima perfetto, ha ritrovato un buon tennis. Lo ha fatto con Monfils, ancora di più contro il giapponese in una finale non esaltante, dove meriti propri e demeriti dell’avversario si sono equivalsi. Nole si è imposto 6-3 7-5, aiutato dalla scarsa vena di Nishikori negli scambi da fondo: troppi errori (alla fine saranno 28) hanno condannato il giapponese alla terza sconfitta in altrettante finali Masters 1000.
IL FUOCO DI PAGLIA DI NISHIKORI
Il match è durato 83 minuti e si è visto poco, soprattutto nel primo set. A Djokovic è bastato tenere una buona percentuale di prime palle per non avere fastidi nei suoi turni di battuta. Dai e dai, al sesto game erano gli errori di Nishikori a spedirlo avanti. Nole chiudeva al nono game al termine dello scambio più bello del set, in cui difendeva a oltranza e sfruttava l’ennesimo errore di Nishikori. Il match prendeva una piega ancora più netta quando intascava un break al terzo game del secondo set. Tra l’altro, quest’anno non ha ancora perso una partita dopo aver vinto il primo set (il bilancio è 45-0). Sotto 6-3 3-1, Nishiori ha aggiustato il mirino e ha tirato fuori il suo miglior tennis. Grande intensità, alcuni punti eccezionali (risposte in salto, passanti vincenti, colpi millimetrici) lo hanno rimesso in partita con un bilancio di 13 punti a 2. Il problema di Nishikori (e di quasi tutti gli avversari di Djokovic) e che per fare il break ha dovuto fare cose straordinarie, andare quasi fuori ritmo. Non poteva durare a lungo. Djokovic ha aspettato che smettesse di grandinare e ha atteso il momento giusto, puntualmente arrivato nell’undicesimo game. Nishikori giocava con piglio aggressivo, ma sbagliava parecchio. Nole l’ha capito, è rimasto concentrato su ogni punto e alla fine è stato premiato dall’ennesimo errore del giapponese. Tutto facile nell’ultimo game, prima dell’abbraccio al su clan: oltre a coach Marian Vajda c’erano il preparatore atletico Gebhard Gritsch e gli amici Viktor Troicki e Nenad Zimonjic.
QUARTO TITOLO IN CANADA
Djokovic ha giocato una buona partita. Non ottima, buona. Ha mostrato belle cose in risposta, è stato quasi perfetto nei turni di battuta e ha cercato di giocare un buon numero di rovesci in slice, con risultati alterni. Tanto è bastato per vincere e inventarsi una nuova gag durante la premiazione, quando ha chiesto a tutti i presenti di abbracciare il loro vicino di posto. “Le mie migliori prestazioni sono arrivate in semifinale e in finale – ha poi detto Nole – era il momento giusto. E’ un processo che si è già verificato diverse volte nella mia carriera: inizio un torneo senza sentirmi al top, cercando il giusto livello. Ma poi trovo il giusto comfort e chiudo al meglio”. Per lui è il quarto titolo al Canadian Open, equamente suddivisi tra Montreal (2007 e 2011) e Toronto (2012 e 2016). Soltanto Ivan Lendl ha vinto più di lui in questo torneo. Quell’Ivan Lendl che ha ridato una marcia in più a Andy Murray, l’unico uomo che oggi sembra in grado di contrastarlo. I due si sono dati appuntamento a Rio, per una finale olimpica che potrebbe avere il sapore di una rivincita. Per Djokovic, dalla semifinale di Londra 2012, per Murray, dalle innumerevoli sconfitte che ha dovuto incassare dal serbo. Ma oggi sono più vicini che mai.
ATP MASTERS 100 TORONTO – Finale
Novak Djokovic (SRB) b. Kei Nishikori (GIA) 6-3 7-5
MASTERS 1000 – I PLURIVINCITORI
Novak Djokovic – 30
Rafael Nadal – 28
Roger Federer – 24
Andre Agassi – 17
Andy Murray – 12
Pete Sampras – 11
Thomas Muster – 8
Michael Chang – 7
Boris Becker – 5
Jim Courier – 5
Gustavo Kuerten – 5
Marcelo Rios – 5
Andy Roddick – 5
Marat Safin – 5
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Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...