Non c'è niente da fare: la Sharapova non trova il modo per battere la Williams. Ci perde per la 18esima volta di fila e vede sgretolarsi le certezze dei match precedenti. Il servizio ha fatto il solletico all'americana: Masha ha resistito un set, poi è sparita.  

Si dice spesso che i quotidiani del giorno prima siano buoni per incartare il pesce. Più difficile fare altrettanto per i siti web, ma molte parole scritte alla vigilia del match tra Serena Williams e Maria Sharapova finiranno nel cestino. Non quello dei rifiuti, ma una pratica cartella virtuale. Ci eravamo caduti anche noi, ipotizzando qualche chance in più per la russa. I numeri del match contro Belinda Bencic erano un biglietto da visita importante. 58 colpi vincenti, tra cui 21 ace. “Se Masha riesce a fare match pari nei colpi di inizio gioco, allora può avere buone possibilita”. Ma quando dall'altra parte c'è Serena, la tigre siberiana diventa un gattino impaurito. Non lo ammetterà mai ed è brava a non farlo trapelare con il linguaggio del corpo, ma i risultati parlano chiaro. Non ha fatto eccezione il quarto di finale di Melbourne, in cui ha tenuto duro per un set salvo sciogliersi come un pupazzo di neve in mezzo al deserto. 6-4 6-1 ed è la cronaca dell'ennesima batosta, giusto con una piccola recriminazione per Masha. Però i numeri sono lì, a raccontarci una verità agghiacciante (per la russa, s'intende). I ventuno ace di domenica sono diventati tre, con la fastidiosa appendice di sette doppi falli. Considerando che il bilancio di Serena è stato 13-3…ma i numeri, per fortuna, non sono l'unico modo per spiegare una partita. Vale la pena raccontare quanto accaduto nel primo set. A sorpresa, Maria è scattata meglio ed è salita 2-0 grazie ad alcuni obbrobri della Williams. Con il suo completo color pesca, le scarpe abbinate con l'elegante scritta “Maria”, si era addobbata alla perfezione per un risultato che manca da undici anni. E nello scambio puro, in effetti, teneva testa a Serena. A tratti giocava persino meglio. Ma il servizio diventava una croce e Serena la riacchiappava sul 2-2. Le prime crepe arrivavano sul 3-4, quando Masha si salvava da 0-40. La sfortuna, la vera recriminazione, arrivava nel decimo game. In qualche modo cancellava tre setpoint e aveva una chance per rifugiarsi sul 5-5. Ma un nastro sfortunato era la chiusura – reale ma anche metaforica – dei sogni di gloria.


QUEL DISPERATO CHIP AND CHARGE

Serena si presentava a rete e chiudeva il set con una volèe. Al cambo di campo chiamava medico e fisioterapista per un non precisato malessere, mentre Masha chiudeva gli occhi di ghiaccio e si immergeva in meditazione. A guardarle, sembrava che il primo set lo avesse intascato la russa. Serena aveva lo sguardo preoccupato, avvolta nel suo asciugamano termico MISSION Enduracool, ma al momento di scendere in campo ha tirato un paio di schiaffoni con servizio e dritto che hanno fatto rientrare l'allarme. Tempo pochi minuti e il match è diventato pura accademia, come una partita di calcio sul 3-0 a pochi minuti dalla fine. Il tennis dovrebbe sfuggire a certe logiche, non avendo limiti di tempo. Ma la Sharapova si è arresa ben prima della stretta di mano, come quando ha tentato un'improbabile chip and charge sul 2-0 e 30-0. Da parte sua, Serena non ha mai abbassato la guardia e ha strillato un violento “Come On!” quando serviva sul 4-0. Sembrava che volesse rifilarle un altro cappotto, mentre in tribuna lo sguardo rassicurante di Patrick Mouratoglou era diventato un ghigno. La Sharapova può anche non piacere per il suo atteggiamento, ma le va riconosciuta una straordinaria dignità. Non si è lasciata andare a gesti di disappunto e ha giocato fino all'ultima palla. Per riprendere su un argomento molto in voga, non potrebbe mai essere sospettata di match-fixing. Ha tenuto un turno di servizio e ha evitato il 6-0, ma l'esito della partita si era scritto almeno mezz'ora prima. O forse era già scritto prima del match.

AMMISSIONE DI INFERIORITA'

La Sharapova è brava anche con le parole. Ha ammesso di essere frustrata, ma ha dissimulato la delusione e ha dato un paio di spiegazioni interessanti. Ad esempio, com'è possibile che da un giorno all'altro abbia ridotto gli ace dell'80%? “Se tiri una prima palla a 180 km/h, di solito fai il punto. Non è così contro Serena. La risposta è uno dei suoi punti forti, taglia il campo e non mi concede molti angoli”. Sull'inizio del secondo set non si è data troppe colpe, ma si è limitata a dire che i turni di servizio dell'americana erano pressoché ingiocabili. Un'elegante ammissione di inferiorità. Gli anni passano e il distacco non si riduce neanche di un centimetro. Adesso Masha andrà a Russia a sostenere il team di Fed Cup. “Voglio farne parte, ma non credo che giocherò. Per il resto devo prendermi cura del mio avambraccio. Penso che mi rivedrete in campo a Indian Wells”. Un mese e mezzo di pausa n vista di una stagione molto intensa. Il riposo della Williams si limiterà a 48 ore, poi sfiderà Agnieszka Radwanska. Ci ha giocato otto volte, ha sempre vinto e vanta un bilancio di 16 set a 1. L'unico perso risale alla finale di Wimbledon 2012. Ma fu soprattutto per distrazione. Serve aggiungere altro?

 

AUSTRALIAN OPEN 2016 – QUARTI DI FINALE DONNE

Serena Williams (USA) b. Maria Sharapova (RUS) 6-4 6-1