Nel 1987, la Coppa Davis sancì il punto più basso nella storia del tennis americano. Jimmy Arias perse contro il carneade Hugo Chapacu in un clima impossibile, dando il là a una clamorosa sconfitta in Paraguay. Un weekend passato alla storia: pubblico che abbaiava, invasioni di campo, polizia a proteggere il giudice arbitro, lancio di mattoni… (Parte 3)

Il Paraguay non ha lo sbocco sul mare. Per questo, era curioso anche soltanto il nome con cui hanno chiamato il circolo in cui, nel marzo 1987, hanno ospitato gli Stati Uniti per un primo turno di Coppa Davis: "Golf & Yacht Club", nella capitale Asuncion. Ok, mancava John McEnroe e il sorteggio – in assenza di precedenti – avrebbe stabilito che si sarebbe giocato in un paese di quelli che John McEnroe aveva definito da “Banana Republic Tennis”. Però Aaron Krickstein era un giovane in ascesa, Jimmy Arias era stato numero 5 del mondo e il doppio Flach-Seguso non aveva mai perso in Coppa Davis. In fondo, a parte il belloccio Victor Pecci (peraltro in fase discendente), chi aveva il Paraguay? È presto detto: Francisco Gonzalez, un 31enne che giocava soprattutto il doppio e non aveva più niente a che fare con il paese. Risiedeva in Ohio, ma aveva mantenuto una casella postale in Paraguay e ci trascorreva "6 ore all'anno, il necessario per poter giocare in Coppa Davis” diceva Tom Gorman, capitano Yankee. E poi c'era Hugo Chapacu. Chi lo aveva mai sentito nominare? Argentino emigrato in Paraguay, era un giocatore modestissimo. Al massimo è stato n.217 ATP, mentre in quel weekend era in 290esima posizione. L'anno prima, il Paraguay aveva giocato in Italia. Arias e Krickstein avevano dato un'occhiata al filmato del suo match contro Francesco Cancellotti. Pensavano che fosse uno scherzo, un tipo così non poteva giocare in Coppa Davis. Capirono che lo scherzo non era tale quando Krickstein dovette lottare fino al decimo gioco del quinto set per batterlo. E poi, Pecci fece il suo dovere contro Arias in un clima da guerriglia tennistica.

STATI UNITI IN SERIE B
Il pubblico aveva con sé una serie di tamburi e li ha rullati per tutto il weekend. Un rullio che, ancora oggi, echeggia sinistro nella testa di Arias. Il giorno dopo, Doug Flach sfidò apertamente il pubblico: lanciò una pallata verso le tribune, indispettito da chi simulava il miagolio di un gatto. In tutta risposta, i paraguaiani iniziarono ad abbaiare (sì, ad abbaiare!) contro gli americani. In qualche modo, Flach-Seguso portarono il 2-1 nonostante i tentativi di intimidazione di Gonzalez, che sputò addirittura in direzione degli avversari. Nella terza giornata, si materializzò l'incubo da cui Arias non si è mai ripreso. Al ritmo dei tamburi, Chapacu giocò la partita della vita. 5 ore e 22 minuti per sigillare il 6-4 6-1 5-7 3-6 9-7 che regalò il 2-2 al Paraguay. Ma c'era di più: nel quinto set, l'americano era salito 5-1 ed ebbe tre matchpoint. Niente da fare: vinse Chapacu, che per un giorno divenne eroe nazionale. Lo sollevarono, lo portarono in trionfo fino a condurlo al cospetto del generale Alfredo Stroessner, numero 1 della giunta militare. Era quasi mezzanotte. Gli americani pensavano che si sarebbe potuto giocare il giorno dopo, invece Pecci e Krickstein furono spediti in campo in notturna. L'onda emotiva era tutta a favore del Paraguay, e la rimase fino in fondo. Tre set a zero e sudamericani nei quarti, mentre gli States furono costretti a un umiliante spareggio per non retrocedere. Perso anche quello, nel 1988 si sarebbero ritrovati in Serie B. Chapacu è poi diventato un incubo, un'icona, un mito ricorrente quando si parla dei fallimenti del tennis americano. Ma se per noi può essere divertente, per Arias fu una tragedia.

UN INCUBO MAI PASSATO
Sul 5-1 al quinto, i telecronisti di ESPN (Jim Simpson, Cliff Drysdale e Fred Stolle) stavano ormai riavvolgendo i cavi dei microfoni nella cabina TV, dando appuntamento a un match di hockey su ghiaccio. “Vogliamo ringraziare le persone che ci hanno dato una mano in questo club…” disse Simpson mentre Chapacu serviva sull'1-5. Non sapeva che il match sarebbe durato ancora per un'ora e mezza. Sul 5-4, un uomo basso e tarchiato, con addosso una maglia gialla e con la maschera di Ronald Reagan, fece invasione di campo. “Me la sono fatta addosso” avrebbe poi detto Arias. Non era più tennis. Sul 7-7, la polizia dovette proteggere il giudice arbitro Kurt Nielsen, preso di mira dalla folla perché non aveva corretto una presunta chiamata sfavorevole. Inevitabilmente, l'ultimo dritto di Arias volò via e Chapacu vinse la partita che lo ha consegnato alla storia del tennis. Uscendo dal campo, Arias dovette passare in un corridoio vicino alle tribune. Un paio d'anni dopo, rivelò che fu quasi colpito da un mattone lanciato dagli spalti. “Non ho mai parlato con Chapacu in tutta la mia vita – ricorda Arias – non mi piace nemmeno vederlo, non l'ho mai cercato ed è una sensazione strana quando lo vedo. Mi fa tornare in mente le emozioni di quella volta". Un paio di mesi dopo, Arias era a Roma per gli Internazionali d'Italia. “Quando sono entrato negli spogliatoi, la prima persona che ho visto è stata Hugo Chapacu. Ho cambiato direzione e per poco non tornavo direttamente a casa. Da allora, ogni volta che lo vedo, è impegnato nelle qualificazioni. Ma non le passa mai”. Nel 1988, Chapacu era a Seul per i Giochi Olimpici. Gorman, per poco, non lo riconobbe: aveva perso 6-0 6-0 6-1 contro Andrei Cherkasov. Nel 1989, Stati Uniti e Paraguay si sono affrontate di nuovo. Gorman è stato ad un passo dal convocare gli stessi giocatori di due anni prima, per dare loro la possibilità di rivincita. Alla fine, scelse Andre Agassi e Michael Chang. Meglio andare sul sicuro.

PARTE 1 – HOY YO QUIERO CANTAR / SI, SENOR, A MI LINDO ECUADOR
PARTE 2 – QUANDO LO ZIMBABWE CAUSO UN BLACK SUNDAY