L’OPINIONE – Morale non certo ferrea, ignoranza delle regole e percezione sbagliata delle proprie azioni hanno portato Marco Cecchinato e Riccardo Accardi a una serie di errori dai quali non hanno tratto chissà quali guadagni: gli illeciti sembrano quantificabili in cifre irrisorie. Vista la giovane età, la squalifica può anche essere un’opportunità. A patto che la sappiano utilizzare. La sentenza si contraddice su Frigerio-Cox?

Se Daniele Bracciali e Potito Starace erano a fine carriera (“non servono più, per questo ci si accanisce contro di loro” sussurravano i loro sostenitori), Marco Cecchinato è un pezzo di futuro del tennis italiano. 24 anni il prossimo 30 settembre, lo scorso anno era entrato tra i top-100 ATP grazie a un’ottima stagione nei challenger italiani. Risultati che hanno convinto Corrado Barazzutti a ritenerlo una sorta di “quinto uomo” del team di Coppa Davis, convocandolo per i due match di quest’anno in virtù delle assenze di Fabio Fognini (contro la Svizzera) e Simone Bolelli (contro l’Argentina). Per questo, l’azione della Procura FIT è stata coraggiosa e – per certi versi – autolesionistica. Sostanzialmente, la Federazione ha aperto un processo con un giocatore che ha tutte le potenzialità per rappresentarla nei prossimi anni. Ognuno può pensarla come vuole, ma il procedimento a carico del siciliano certifica il desiderio di integrità della Federazione Italiana Tennis. Certo, è curioso che la sentenza sia uscita il giorno dopo un weekend di Davis con Cecchinato in squadra…ma tant’è.

L’attenta lettura della sentenza mette in luce un quadro abbastanza chiaro. Al netto del modo in cui sono state ottenute le prove, è vero che Riccardo Accardi è (era?) un accanito scommettitore (pag.30), con addirittura “decine di conti” aperti presso i vari bookmakers. Ed è altrettanto vero che Marco Cecchinato lo ha utilizzato come tramite per scommesse da effettuare in prima persona (lo ha riconosciuto, pur limitandosi ad ammettere gli sport diversi dal tennis, pag.31), così come è vero che gli ha dato informazioni sulle condizioni fisiche di Andreas Seppi prima del Roland Garros 2015. Si sono fatti affascinare dal mondo delle scommesse e l’hanno vissuto come un hobby lucroso, non certo uno strumento per arricchirsi. Lo testimoniano le cifre giocate. Nei tre match su cui il Tribunale Federale ritiene di aver raggiunto un grado di prova sufficiente per condannarli, pare che i guadagni siano stati davvero irrisori.

La sentenza parla di scommesse per 800 euro. Somma molto superiore a quella che abitualmente giocava Accardi, ma non certo sufficiente per cambiare vita. Con il polacco dato a 4, il guadagno netto sarebbe stato di 2.400 euro. Giocando sulla vittoria in due set, quotata a 7, il guadagno netto è comunque stato di 4.800 euro. E’ davvero poco per parlare di mafie, combine, partite truccate grazie a chissà quale organizzazione. E’ tanto per delineare la figura di due ragazzi che hanno fatto il passo più lungo della gamba. Consapevoli o no, questo non lo sappiamo. Vista la comicità di alcune dichiarazioni rese durante il processo, vien da pensare alla seconda ipotesi.
SEPPI – ISNER: A pagina 35, la sentenza rivela la cifra che i due hanno intascato: 400 euro a testa. Cosa ci fa un professionista come Marco Cecchinato con 400 euro? Non si paga neanche il viaggio A-R per andare a New York per lo Us Open! Pare evidente, come confermato dal tenore delle chat, che il palermitano abbia notato le cattive condizioni di Seppi e le abbia condivise, senza alcuna certezza di vincita, con Accardi. Lo ha ammesso nell’udienza del 27 giugno 2016, sostanzialmente riconoscendo la violazione dell’articolo 10, comma 2 del Regolamento di Giustizia. La colpa c’è e non ci sembra mortale, anche se è aggravata dal fatto che ha sfruttato un problema di Seppi per un tentativo di (piccolo) lucro. Quello stesso Seppi che ha eletto a modello, a figura da prendere ad esempio. Non crediamo che Andy l’abbia presa benissimo.
FRIGERIO – COX: Qui la sentenza fa una confusione incredibile. A pagina 13, i giudici scrivono che Accardi “aveva ottenuto consistenti vincite su alcuni incontri”, tra cui il match in questione. Al contrario, a pagina 38 si dice testualmente: “su tale scommessa, le vincite on-line sarebbero state pari allo zero, ed il fatto che la scommessa di Accardi sia stata infruttuosa perché relativa alla vittoria del Frigerio al termine del primo set…”  (prosegue). Se interpretiamo bene il passaggio, Accardi avrebbe puntato sulla vittoria di Frigerio dopo che quest’ultimo aveva vinto il primo set. Peccato che da lì in poi avrebbe perso nove game di fila prima di ritirarsi! Ricapitoliamo questo folle paradosso: sapendo che Frigerio doveva tornare in Italia (aveva la Serie C con il TC Lecco), e sapendo che avrebbe perso, Accardi avrebbe giocato la vittoria dello stesso al termine del primo set? Fosse vero, sarebbe stata una follia sotto ogni punto di vista (quota sfavorevole, giocata contro le informazioni a disposizione…). Se i giudici di secondo grado saranno chiamati a intervenire, la vicenda di questo match andrà chiarita.

Insomma: Cecchinato, Accardi (e in misura minore Campo) hanno commesso una serie di leggerezze dettate dall’ignoranza delle regole, da una moralità non certo ferrea e da una percezione sbagliata di quello che facevano. Tutto qui. Tutto punibile.


Resta il dubbio sull’acquisizione delle prove. Riccardo Accardi ha concesso le sue chat durante un’audizione in cui era da solo, senza avvocato, e senza sapere a cosa sarebbe andato incontro. L’orientamento accusatorio della sentenza ha sottostimato questo aspetto, respingendo le eccezioni della difesa che aveva chiesto espressamente la nullità delle prove. Immaginate un ragazzo di 22 anni, da solo, davanti ad esperti avvocati. Il fatto è che tali prove sono il pilastro dell’impianto accusatorio, anche perché non c’è dubbio sulla paternità dei messaggi (al contrario del caso Bracciali-Starace). Chissà, magari riusciranno ad avere ragione e ottenere il proscioglimento dei loro assistiti, ma resta il fatto che oggi il contenuto delle chat è noto. E – sanzione o meno – quello che è successo è abbastanza chiaro, anche in occasione del challenger di Mohammedia, il caso più scottante. Mancano le chat e dunque non c’è la pistola fumante, ma chiunque abbia un po’ di buon senso avrà capito come sono andate le cose, anche in virtù di altri elementi a referto (la chiacchierata con l’agenzia di viaggi, le mezze ammissioni in dibattimento, la chat del 23 settembre 2015).

Che Cecchinato, Accardi e Campo si rendano conto dell’errore commesso. Ma se ne rendano conto davvero. Una squalifica di proporzioni congrue (compito che spetta ai giudici, non certo a noi) potrebbe servire, anche se in questi casi una pena riabilitativa “vera” sarebbe meglio di una squalifica. Cecchinato risulta iscritto ai challenger di Biella e Cortina delle due prossime settimane: vedremo se scenderà in campo oppure se arriveranno divieti dall’ATP, oppure se sarà lui a lasciar perdere. Di certo scenderebbe in campo in condizioni psicologiche terribili, senza dimenticare il difficile impatto con i colleghi nello spogliatoio. Si dice che dietro ogni batosta si nasconda un’opportunità. Questa storia, per Marco Cecchinato, può essere una grande opportunità. Dovrà essere bravo a farla fruttare.