Yannick Noah ha trovato un leader in Lucas Pouille, ma continua ad essere l'elemento cardine della Davis francese, rivitalizzata dalla sua presenza. Forti del bel successo in Italia, adesso proveranno a convincere il loro presidente a votare contro le proposte di modifica. Ma Giudicelli è a rischio di conflitto d'interesse.

Qualche coro da stadio un po' più ardito rispetto ai primi due giorni, unito a un'accorata esecuzione della marsigliese, ha mandato in visibilio i componenti della squadra francese. Mentre lo speaker annunciava che non si sarebbe giocato il quinto match, Pouille e compagni sono andati a prendersi l'abbraccio della loro gente. Sono volati alcuni pupazzetti in campo, qualche giovane ha strappato un selfie, poi ci sono stati abbracci, strette di mano, persino carezze. D'altra parte, il tennis è uno sport popolarissimo al di là del confine. È il secondo per numero di tesserati e praticanti, battuto soltanto dal calcio. Il ritorno di Yannick Noah in panchina ha rivitalizzato l'ambiente, e non solo per il successo dell'anno scorso. D'altra parte, il carisma non si può inventare. O ce l'hai, o non ce l'hai. Fatto pressoché unico tra i capitani di Coppa Davis, effettua le conferenze stampa da solo, come a volersi prendere tutto il palcoscenico. O, forse, non oscurare la stella dei suoi ragazzi condividendo il loro stesso tavolo. Prima di lasciarli festeggiare, ha fatto un elegante inchino verso i settori del campo centrale dove i connazionali lo guardavano adoranti. Persino Arnaud Clement, che aveva perso il posto per lasciare spazio a Yannick (con tanto di causa alla FFT, poi risolta con una transazione), sembrava sorridente e coinvolto nei vialetti del club genovese, dove si è recato nelle vesti di commentatore.

POUILLE: "DAVIS OGNI 2-3 ANNI"
La Francia sa rinascere dalle proprie ceneri: perché, non va dimenticato, si è presentata a Genova senza nessuno dei quattro moschettieri: Tsonga, Monfils, Gasquet e Simon. Dal 2005, almeno uno di loro ha sempre fatto parte della squadra. Però ha trovato un'accoppiata magica: Noah in panchina, Pouille in campo. Tra i due c'è viva simbiosi, un rapporto speciale nato nel 2015, ancora prima che Yannick riprendesse in mano la squadra. C'è molto da imparare, osservando la nazionale francese. Spirito di gruppo, unità, poche invidie e tanta sincerità, come quando Herbert si arrabbiò per la scelta di escludere Mahut dalla finale contro il Belgio. Ma Noah non conosce i rancori, figurarsi le ritorsioni. E così ha centrato la terza semifinale consecutiva, forse la più sorprendente. Se Herbert-Mahut stanno diventando una garanzia, il pilastro di questa nazionale è Lucas Pouille. “A fine primo set mi sono detto che le cose potevano soltanto migliorare – ha detto Lucas – ho cambiato posizione in risposta, ho tirato più forte e lì è iniziata una nuova partita. E poi ho servito bene nei momenti importanti. Contro Fognini è sempre dura sul piano mentale perché ci sono tanti alti e bassi, il pubblico si fa coinvolgere… non ho giocato alla grande, ma ho vinto. Ed è la cosa più importante”. Lucas e Yannick sono ben decisi nel combattere la possibile riforma della competizione. Con uno stile diverso, hanno usato entrambi parole dure. “Non vedo l'ora di parlare con Giudicelli, perché non ci ha mai chiesto cosa pensassimo veramente” ha detto Pouille, alludendo al presidente FFT che è addirittura presidente del Comitato di Coppa Davis, l'ala dell'ITF che prende tutte le decisioni più importanti. C'è l'inevitabile rischio di un conflitto d'interessi. “Quando sono uscito dal campo e l'ho incrociato, gli ho detto che la Davis deve restare assolutamente così. Si può modificare, magari facendola ogni 2-3 anni, in modo da alimentarne l'attesa. Spero che ci ascolti e stia dalla nostra parte, in una federazione è importante che il presidente stia dalla parte dei giocatori. Io sono decisamente contrario, ma non sono l'unico. Mi auguro che prenda la decisione che ritiene più giusta, ma almeno dopo averci ascoltato”.

NOAH E L'AUTOGRAFO DI FOGNINI
​L'idea di Pouille è affascinante: organizzare una protesta. “Sarebbe buono fare qualcosa quando ci sono i primi 40 al mondo. A Madrid, o comunque al Roland Garros. Bisognerebbe organizzare un incontro per conoscere l'opinione di tutti, perché per adesso trapela qualcosa solo dalla stampa o dagli spogliatoi. Ieri c'era un ambiente straordinario nel doppio di Germania-Spagna: spero che certe immagini siano entrate in testa a chi di dovere”. D'altra parte, Pouille è stato chiaro: se la riforma dovesse passare, non giocherà più in Davis. “Perchè non rappresenterei il mio paese in un'esibizione”. Ancora più esplicito Noah: dopo aver magnificato la prestazione di Pouille, e prima di intrattenere qualche giornalista suonando un bongo appena fuori dalla sala stampa, ha detto: “Oggi è in pericolo la Davis, un domani gli Slam, poi magari faremo tutti i tornei in Asia”. Yannick se l'è presa con alcuni personaggi che, a suo dire, non hanno conoscenza e/o rispetto della storia. Alludeva al presidente ITF Dave Haggerty, presente a Genova, ma anche ai migliori giocatori. “Hanno dato molto al tennis, ma anche il tennis ha dato molto a loro. Adesso mi sembra che vogliano un po' troppo”. Rispettoso della città che lo ha ospitato, ha fatto un paragone che piacerà agli italiani. “Quanto può valere l'autografo di Fognini per un ragazzo che ha iniziato a giocare qui a Genova? Ha un valore? Dobbiamo sempre parlare di soldi o si può parlare anche di qualcos'altro? Personalmente, ritengo che la Davis abbia anche un aspetto sociale che vada tutelato”. Per adesso, lui e Lucas Pouille (con il valido aiuto di Herbert e Mahut) hanno tutelato la grande tradizione della Davis transalpina. La loro avventura va avanti. A settembre, pochi giorni prima della Laver Cup, si conoscerà già il futuro. Per adesso, non resta che applaudire una grande squadra e un immenso capitano.