Al suo rientro in Argentina, Juan Martin Del Potro è stato accolto come un eroe. E dalla medaglia di Rio de Janeiro può ripartire per tornare grande un’altra volta, col pieno di emozioni e una ritrovata fiducia nei suoi mezzi. “La settimana più indimenticabile della mia vita. Mi sento un tennista migliore rispetto a prima dell’infortunio”.

L’argento Olimpico di Juan Martin Del Potro ha una portata immensa, per tanti motivi. Per lui, che ha capito di avere ancora il tennis per tornare ai suoi livelli migliori, per l’Argentina del tennis, che ha ritrovato un giocatore in grado di portarla in fondo nei tornei che contano, e anche per lo sport argentino in generale. Per capirlo basta dare uno sguardo al medagliere di Rio 2016, che li vede a quota due medaglie: c’è l’oro della judoka Paula Pareto, e poi l’argento di “Palito”, la sua seconda medaglia olimpica dopo il bronzo di Londra 2012. Normale che al suo rientro in patria venisse accolto come un eroe. Hanno iniziato a cantare ed applaudirlo già sul volo per Buenos Aires, e all’aeroporto ha trovato una valanga di persone, tutte unite per ringraziarlo per le emozioni regalate nei nove giorni di gare in Brasile. Appena atterrato in Argentina, “Delpo” è andato dritto all’Hotel InterContinental, nel distretto di Montserrat, dove ha tenuto una conferenza stampa, ovviamente frequentatissima. A margine dell’appuntamento, Del Potro ha ripercorso il suo Torneo Olimpico (e non solo) in un’intervista col quotidiano La Nacion, rilasciando più di una dichiarazione interessante. “La parte migliore di tutto quello che è successo – ha detto – è che non ho vissuto solo un grande giorno, ma una settimana in crescendo, di tennis e di emozioni. È stata una lotta giorno dopo giorno, e ora so che il tennis che speravo di ritrovare sta arrivando, che posso ancora lottare per i grandi tornei. Ho vissuto qualcosa di indescrivibile: quando pensavo di non avere più lacrime, o forze, o tutto il resto, il giorno dopo succedeva qualcosa di ancora più incredibile”.

“DEVO DIRE GRAZIE AL TENNIS”
E pensare che, appena scoperto che il sorteggio l’aveva accoppiato a Novak Djokovic, l’argentino aveva già fatto qualche pensiero sul rientro a casa. “L’obiettivo era andare a Rio de Janeiro per vincere un paio di partite, immaginate come mi sono sentito quando ho visto che mi sarebbe subito toccato Djokovic. Parlando con i miei amici ho detto ‘bene, preparate l’asado, io arrivo entro un paio di giorni’”. Invece sappiamo tutti come è andata. “Le cose accadono per un motivo, e alla fine quel sorteggio mi ha messo in una posizione privilegiata. Mi ha dato una chance, sono stato pronto e l’ho sfruttata”. Nel giugno 2015, durante il suo periodo più difficile, quello in cui i dubbi doppiavano le certezze, “Delpo” aveva detto di non avere alcuna intenzione di combattere contro il tennis o di arrivare a odiarlo. Il tennis gli ha tolto tantissimo, ma ora si è fatto (in parte) ripagare delle sfortune varie, e il rapporto è di nuovo positivo. “Dopo aver vissuto la settimana più indimenticabile della mia vita, sia dal punto di vista tennistico sia umano, non posso che trovarmi ancora una volta a dire grazie a questo sport. E grazie a Dio che mi ha permesso di recuperare e tornare in campo per vivere giornate come queste”. Secondo lui, un tornado emotivo addirittura superiore a quello dello Us Open 2009, quando ad appena 20 anni superò Federer in finale e firmò una sorpresa ancora fresca nella memoria degli appassionati, nonostante i già sette anni di distanza. “Questo argento – ha spiegato – mi lascia qualcosa in più rispetto a quello Us Open, perché i Giochi Olimpici vanno oltre al tennis e allo sport. Arrivano a toccare anche chi non sa nemmeno cosa sia una racchetta”.

L’AIUTO DI NOVAK DJOKOVIC
Guardando il suo torneo dal lato strettamente tennistico, invece, Del Potro è tornato a far vedere il suo tennis, un cuore immenso e quel diritto che spesso obbliga tutti a rimanere a guardare. Ma anche un gioco che sembra addirittura arricchito dal periodo di stop e dalle difficoltà col rovescio, che l’hanno obbligato a trovare delle soluzioni alternative. “Dalla parte del rovescio – ha detto – non ho più un colpo vincente, a differenza di una volta, ma sto giocando meglio sia con lo slice sia al volo. Ho inserito qualche variante che ha arricchito il mio gioco. Non ho la potenza di un tempo, e spero di recuperarne ancora un po’, ma il bagaglio tecnico più ampio mi fa sentire un tennista migliore rispetto a prima. Idem fisicamente: non pensavo di averne così tanto. Nel corso della finale c’è stato un momento in cui ho perso il punteggio, mi sentivo a pezzi e mi girava la testa, ma sono comunque riuscito a riprendermi e ad andare fino alla fine”. Un atteggiamento da gladiatore che ha fatto impazzire le migliaia di suoi tifosi sparsi per il mondo, ma gli è anche valso qualcosa che va oltre al tifo: il rispetto dei colleghi e della gente. “Quando ho battuto Djokovic, mi ha detto parola da campione. “Nole” è stata una delle persone con cui ho parlato di più nel mio periodo peggiore, anche dal punto di vista umano. È difficile parlare fra giocatori senza toccare l’argomento sport, ma con lui ho un rapporto speciale, che ha portato a quella scena dopo il nostro incontro. E il giorno dopo, quando è entrato nel Villaggio dopo la sconfitta in doppio, ci siamo abbracciati di nuovo. A Rio de Janeiro ho ritrovato emozioni che avevo dato per perse”. Ora non gli resta che andare a raccoglierne altre in giro per il mondo: ce ne sono parecchie che aspettano proprio lui.