Mistero sulla morte di Ruben Re, 51 anni, ex coach di Coria, Acasuso e Mayer. Aveva una relazione con una donna sposata. Lo hanno investito senza pietà.
Ruben Re in compagnia di Martin Vassallo Arguello
Di Riccardo Bisti – 27 febbraio 2013
Ruben Re non aveva la fama di Nick Bollettieri o Patrick Mouratoglu, ma era un buon allenatore. La sua notorietà aveva varcato i confini dell’Argentina quando Leonardo Mayer era entrato tra i top 100. Un paio d'anni fa era stato il capitano del team argentino in Davis Cup Junior. Era il classico belloccio argentino: avrebbe potuto fare l’attore in qualsiasi telenovela di serie C. Ultimamente stava collaborando con il promettente Agustin Velotti (n. 186 ATP). Ma la sua vita, 51enne pieno di fascino, si è brutalmente interrotta. Lo scorso 6 febbraio lo hanno trovato riverso per terra, a due passi dalla sua auto, a 80 metri dalla sua abitazione di Paso de la Patria, 30 km a est di Corrientes. Era pieno di lesioni al volto e al petto. Lo hanno portato immediatamente all’ospedale, ma per due giorni nessuno ha saputo chi era. Le lesioni erano talmente gravi che è stato difficile identificarlo. Ha vissuto un paio di giorni da perfetto sconosciuto. Avrebbe potuto essere un barbone, un “cartoneros”, un senza famiglia. Poi hanno scoperto che era lui. Le hanno provate tutte per salvarlo, ma dopo 18 gorni di agonia non c’è stato niente da fare. Inizialmente si era pensato a un’aggressione a scopo di rapina. In certi paesi, queste cose sono all’ordine del giorno. La pista è stata immediatamente esclusa, perchè Re aveva con sè una catenina d’oro e il portafoglio pieno di pesos. E allora la vicenda si è tinta di giallo, con sfumatore di rosa che purtroppo sono sfociate nel nero. Nella perquisizione a casa sua, la polizia ha trovato due bicchieri e una bottiglia di champagne. Chiaro segnale di un incontro galante. Alcuni amici di Re hanno dichiarato che il coach intratteneva una relazione con la moglie di un famoso chirurgo plastico di Corrientes.
La donna era appena tornata da Punta del Este, in Uruguay, dove aveva trascorso qualche giorno di vacanza con il marito (in Argentina è piena estate), ma era tornata proprio il giorno dell’aggressione. Ha ammesso di essere stata con lui nelle ore precedenti e che i due avevano avuto una discussione, in cui disse al coach che voleva mettere fine alla relazione. Queste affermazioni sono state messe a verbale quando Re era ancora agonizzante, avrebbe potuto salvarsi e magari fare da testimone. La versione più accreditata è che Re sia stato investito da una jeep, anche se non si sa chi fosse al volante e quale rapporto avesse con la sua amante. Come in ogni storia(ccia) che si rispetti, è spuntato un testimone. Si tratta di Marcelo Fioravanti, amico intimo di Re. Secondo indiscrezioni giornalistiche, Fioravanti sarebbe stato l’ultimo a parlare con la principale indiziata. Gli avrebbe chiesto di lui e in risposta di sarebbe sentito dire: “Abbiamo litigato”. Il pubblico ministero ha scartato la pista dell’aggressione: oggi si parla apertamente di omicidio. E’ stata anche disposta l’autopsia: ovviamente, la morte di Re ha cambiato lo scenario. Adesso ogni dettaglio è diventato importante: Re sarebbe stato colpito da un veicolo di grandi dimensioni, forse una jeep 4×4. E vengono fuori dettagli tristi, quasi raccapriccianti. Quando la polizia lo ha trovato disteso per terra, pensavano che si trattasse di un povero. Soltanto dopo hanno escluso questa tesi, amche perchè aveva protesi dentali piuttosto costose. “Generalmente, la causa di questo tipo di incidenti sono i soldi o le questioni emotive – dice un portavoce della polizia di Corrientes – valutiamo entrambe le ipotesi, ma tutto farebbe pensare che si tratti di un delitto passionale”. Qualcuno pensa a un delitto su commissione. La signora Torres (è il cognome dell’amante) avrebbe un alibi di ferro per il momento dell’aggressione, ma si pensa di indagare tra le conoscenze della donna.
Pedro Barboza è un giornalista del posto. Lavora per una radio locale e si è tuffato a capofitto sul caso. Ed è piuttosto informato. “Quando si è saputo che Re era in condizioni disperate, una coppia di coniugi molto vicina all’allenatore, di cognome Forti, che era al corrente della relazione clandestina, ha chiamato l’amante di Re (che peraltro ha anche un figlio) e gli hanno chiesto cosa avesse fatto all’allenatore”. Secondo Barboza, tra l’altro, non ci sarebbe alcun legame con la malavita locale. “Non c’è dubbio che si tratta di una vicenda passionale. Tuttavia sono rimaste molte tracce, a partire dal segno di una frenata sul luogo del delitto". Che non sarebbe della Honda di proprietà della Torres, sequestrata una decina di giorni fa, ma di un veicolo più grande. La morte di Re è stata accolta con sgomento da tutto il mondo del tennis argentino, a partire da Agustin Velotti, subito sconfitto dal nostro Stefano Travaglia al challenger di Salinas. Al cordoglio si sono aggiunti giocatori, dirigenti e giornalisti. Tra loro c’è anche Martin Vassallo Arguello, che in passato era stato allenato proprio da Re. Il modo in cui è stato ammazzato grida vendetta. C'è bisogno di giustizia.
Post correlati
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...