L’INTERVISTA. Andreas Seppi si racconta a TennisBest. “Io il migliore italiano degli ultimi 30 anni? Aspettiamo ancora un po’…". I momenti duri, le persone importanti, la Davis…e il Milan.
La gioia di Seppi dopo la vittoria su Wawrinka a Roma.
“Sono le emozioni per cui vale la pena giocare a tennis”

 
Di Riccardo Bisti – 27 settembre 2012

 
Le vecchie riviste, (un po’) sgualcite e (tanto) ingiallite, trasmettono emozioni. Sfogli e trovi la foto di una rappresentativa junior del Trentino Alto Adige. Tra loro c’era un ragazzino, alto e smilzo (smilzo? Magro come un grissino!). Si chiamava Andreas Seppi. 15 anni dopo, quel ragazzino è diventato il numero 1 d’Italia. E, come in quella foto, al suo fianco c’è sempre coach Massimo Sartori. Quella di Andreas è una storia romantica, perfetta per un film. Marco Bucciantini l’ha magistralmente raccontata su TENNISBEST Magazine: la “scommessa” di Alex Vorhauser, l’incontro con Sartori, il coraggio del coach vicentino che lo ha portato da Riccardo Piatti, gli anni duri in cui si risparmiava pure sulla spesa al supermercato…Cose di cui Seppi può andare fiero, e di cui oggi può sorridere. Ma è tempo di andare avanti. Oggi è numero 25 del mondo, ha raggiunto (quasi) tutti gli obiettivi che si era prefissato…ma può fare ancora qualcosa. Può entrare nella storia e diventare il più forte tennista italiano dell’era Post-Panatta. Secondo alcuni parametri, “Andy” è già il più bravo (nei prossimi giorni pubblicheremo uno speciale sull’argomento), ma se provi a stimolarlo, a fargli perdere un po’ di modestia…non c’è verso. Seppi è fatto così, è l’orgoglio di tutti quelli che cercano un esempio, un modello “Made in Italy”. Noi lo abbiamo intercettato dopo la finale di Metz, alla vigilia della partenza per Pechino (da qui a fine anno, è iscritto anche a Shanghai, Mosca, Basilea e Parigi Bercy), e lo abbiamo sottoposto a un ping pong tra passato, presente e futuro. Sehr geehrte Damen und Herren, Andreas Seppi, 28 anni, miglior tennista italiano e numero 25 ATP.
 
Andreas, ma ‘sto Tsonga era davvero così ingiocabile o potevi fare qualcosa di più?

Si può sempre fare qualcosa di più, soprattutto quando perdi 6-1 6-2. Lui ha giocato e servito molto bene, nei game di risposta non ho avuto grandi chance. Però potevo giocare meglio i miei turni di servizio: ho messo poche prime e ho commesso qualche errore che nei turni precedenti avevo evitato. Batterlo era davvero dura, ma forse qualcosa di più si poteva fare. Vincere tre game in una finale non è mai troppo bello…
 
In carriera hai mai avuto una sensazione di impotenza, in cui facevi il possibile ma vedevi che non c’era proprio niente da fare?
Qualche volta è capitato. La più recente risale a Roma, quando ho giocato con Federer nei quarti. Lì ho proprio sentito che non potevo fare niente. Contro Tsonga potevo dirmi: “Toh, posso fare meglio questo o quello”, mentre con Federer mi sono sentito nettamente inferiore. Contro i campionissimi può capitare.
 
Quali obiettivi restano a una carriera che gli ha già raggiunti quasi tutti? Hai vinto due titoli ATP, hai raggiunto la seconda settimana in uno Slam…
Cerco sempre di non accontentarmi, di fare un passo in più. Uno degli obiettivi “storici” della mia carriera è l’ingresso tra i primi 20. Quest’anno ci sono molto vicino, è un obiettivo che cercherò di raggiungere a prescindere. E poi le solite cose: fare bene in un altro Slam e vincere qualche altro torneo. Sono obiettivi che non scadono.
 
Domanda trabocchetto: chi è il più forte italiano degli ultimi 30 anni?
Difficile a dirsi. Non c’è stato nessuno che si è davvero distinto sugli altri. Ne abbiamo avuti tanti buoni ma nessuno fortissimo. I primi che mi vengono in mente sono Furlan, Gaudenzi, Camporese, Volandri, il sottoscritto, Fognini…ma direi che siamo più o meno sullo stesso livello. Nessuno è stato un campione da primi 10, ma ci sono stati tanti ottimi giocatori. Difficile sceglierne uno.
 
Non è che il più forte italiano degli ultimi 30 anni si chiama Andreas Seppi?
In questo momento non penso. La mia carriera non è finita: se riesco a fare bene negli ultimi anni di carriera, tenendo una buona continuità e un buon livello…perché no? Ma adesso è difficile a dirsi…oggi non penso di essere io.
 
Secondo te quali possono essere i parametri più importanti, oltre ai risultati Slam, il best ranking, gli anni chiusi nei top 100, le partite vinte a livello ATP?
In linea di massima sono questi. Forse aggiungerei le vittorie contro i più forti. (In carriera, Seppi vanta sei vittorie contro tennisti compresi tra i primi 10, ndr).
 
E' più importante la continuità o giocare una stagione fantastica e poi magari assestarsi su livelli più bassi?
Restare su buoni livelli per tanti anni è più difficile. Lo insegna la storia: una grande stagione l’hanno azzeccata in tantissimi, entrando tra i primi 20-30 salvo poi scendere o addirittura sparire. E non tutti sono riapparsi. Credo che stare 6, 7 o 10 anni di fila tra i migliori non sia facile. Non devi avere infortuni, devi avere continuità e stare sempre al meglio. Direi la continuità.
 
A Metz hai raggiunto le 200 vittorie nel circuito ATP. Lo sapevi?
Si, l’ho letto l’altro giorno. Per sbaglio…
 
Il migliore italiano in questa speciale classifica è Renzo Furlan, a quota 223. A quanto arriviamo? 250? 300?
Dipenderà da quanto tempo resterò a questo livello. Se riesco a giocare altri 5-6 anni potrei anche arrivare a 300. Se invece ne faccio ancora due e poi scendo in classifica…diventa più complicato. Però, accidenti, 300 sarebbe un bel traguardo…
 
Ti senti sottovalutato dalla stampa, dall’ambiente in generale? Leggi quello che scrivono di te o sei uno di quelli che se ne frega?
Dipende. Fa piacere quando scrivono di te o c'è qualcosa di interessante. Ma non sono uno che controlla tutto quello che viene scritto. Non so se sono sottovalutato…Sai, di carattere sono più riservato di altri e per questo sono meno sotto la luce dei riflettori. Tuttavia direi di no.



Conosci il tuo corregionale Alex Schwazer? Che idea ti sei fatto della sua storia?
No, non l’ho mai incontrato. La sua positività è stata una notizia-bomba, non se l’aspettava nessuno. Credo che il "come" e il "perché" li abbia già spiegati lui. Difficile aggiungere altro. Di certo – come ha detto lui – la marcia non è uno sport che trasmette grande passione, perché ti fai il mazzo tutti i giorni e non è per nulla divertente.
 
A proposito di doping: vedendo qualche tuo collega in azione ti è mai venuto qualche dubbio, qualche strano pensiero?
Ognuno ha dei pensieri del tipo: “Guarda questo com’è messo…”. Credo che sia passato almeno una volta nella testa di tutti. Ma se inizi a pensare a queste cose è finita, per cui meglio evitare.
 
Adesso sei lo sportivo altoatesino (uomo) più popolare, e di certo hai una bella immagine. Se dovessero chiederti di fare da testimonial per Kinder Pinguì?
Mi farebbe piacere. Ferrero è una delle marche più importanti, poi mi è capitato di giocare la Serie A ad Alba, dove c’è lo stabilimento, e ho conosciuto il presidente. Sarebbe simpatico, perché no?
 
Tutti conoscono i momenti top della tua carriera. Ma qual è stato il momento peggiore?
I momenti brutti arrivano. Magari non pensi proprio al ritiro, però sei stufo e non hai più voglia di allenarti. Il peggiore l’ho vissuto due anni fa. Ero reduce da Wimbledon e avevo giocato il challenger di Torino. Non avevo voglia di stare in campo. Mi sono ritirato al secondo turno contro Bolelli, avevo un po’ di male alla spalla ma ero proprio giù. Non avevo voglia di lottare e soffrire, tanto da ritirarmi all’inizio del terzo set. Credo sia uno dei pochissimi ritiri della mia carriera. Dopo quella partita ho mollato tutto per 7-10 giorni. Ma può capitare, giocare a tennis non è sempre rose e fiori. L’importante è trovare la forza per tirarsi su. Per fortuna è durata poco, infatti ho giocato subito benissimo: quarti a Bastad, perdendo 7-6 al terzo da Soderling, poi semifinali ad Amburgo e Umago. E’ girata in fretta, via…
 
…e lo scrigno dei bei ricordi si è arricchito, giusto?
Il primo titolo ATP è stato indimenticabile, ma quest’anno ho vissuto momenti eccezionali a Belgrado, Roma e Parigi. I due match vinti al Foro Italico contro Isner e Wawrinka, sul Pietrangeli strapieno, mi hanno regalato emozioni incredibili. Alla fine è quello il motivo per cui giochi a tennis. E poi ti danno una bella carica.
 
Ti sei mai domandato cosa saresti diventato se non avessi conosciuto coach Massimo Sartori? E’ ovvio che per te è stato importante, ma quanto? In cosa ti ha davvero aiutato?
E chi lo sa. Magari non avrei raggiunto i vertici del tennis mondiale. Magari avrei avuto una buona classifica italiana, 2.1 o giù di lì, e avrei cercato di incamerare qualche punto ATP. Massimo è stato davvero importante perché lui – oltre ad aiutare me – ha cercato di migliorare se stesso. Era convinto che Riccardo Piatti fosse il coach italiano più preparato, allora mi ha portato prestissimo da lui a Monte Carlo. Ha sempre cercato nuove informazioni, nuove strade, nuove opinioni, tanti pareri esterni. Credimi, è stato davvero importante.
 
Quali sono state le cinque persone più importanti della tua carriera?
Al primo posto metto la famiglia. I miei genitori mi hanno sempre lasciato scegliere da solo, senza mettermi pressioni. Credo che per un ragazzo sia molto importante poter decidere in autonomia, errori compresi. Poi c’è Alex Vorhauser, presidente del circolo di Caldaro. Fu lui a chiamare Massimo per cercare di costruire tennisti di livello mondiale. Senza di lui, probabilmente, Massimo non sarebbe nemmeno venuto a Caldaro. Naturalmente Massimo Sartori entra di diritto nella lista. Poi, vediamo…direi Riccardo Piatti. Mi ha insegnato tante cose nella delicata fase di crescita. Un altro che mi ha dato una grande mano, facendomi capire tante cose, è stato Ivan Ljubicic. E’ stato uno dei primi giocatori con cui ho avuto contatto, a cui ho potuto chiedere opinioni. Se sono arrivato quassù lo devo a loro. Poi, è chiaro, ci sono altre persone, qualcuno me lo sarò scordato di sicuro!
 
Coppa Davis. Contro la Croazia giocheremo sulla terra indoor. Secondo te quanto può aiutare i croati il fatto di giocare al coperto? Ljubicic sostiene che sulla terra indoor Karlovic può fare male. Se i regolamenti lo consentissero, giocheresti all’aperto anche la prima settimana di febbraio?
Sicuramente loro hanno qualche chance in più al coperto. Le condizioni indoor, anche se sulla terra, sono un po’ più veloci. Ma a febbraio è dura trovare un posto dove si possa giocare all’aperto. Se si potesse…forse sarebbe meglio giocare fuori. Ma non cambia granchè, almeno per me, perché mi piace giocare indoor, anche sulla terra. Tutto sommato penso che alla fine non ci sia tutta questa differenza.
 
E ‘sto benedetto doppio? Secondo te qual è la miglior coppia italiana?
Difficile a dirsi. A parte Bracciali, siamo tutti molto simili: io, Fognini, Bolelli e Starace possiamo girare senza grossi problemi. Certo, se una coppia gioca insieme tutto l’anno ha un maggiore affiatamento rispetto a chi gioca 2-3 volte. Bolelli-Fognini hanno fatto ottimi risultati. Anche io e Bracciali abbiamo fatto buone partite, anche se poi può capitare la giornata-no come è successo contro i cileni. Se ci sarà una coppia fissa potrebbe diventare più forte, ma a bocce ferme è dura dare una risposta.
 
Quando tra 20 anni si parlerà di Seppi, cosa vorresti che dicessero di te? Come vorresti essere ricordato?
Domanda difficile…non saprei! Il comportamento…mah, uno non gioca a tennis perché ci si ricordi come si comportava sul campo. Certo, mi fa piacere essere considerato un bravo ragazzo, ricevere complimenti in questo senso. Però mi interessano i risultati, vorrei essere ricordato per aver ottenuto un grande traguardo.
 
Oh, ma se tu fossi Galliani…andresti avanti con Allegri o penseresti all’esonero?
Io sono dell’opinione che, senza una grande squadra, l’allenatore non può fare chissà quale differenza. Purtroppo il Milan ha venduto 2-3 giocatori molto importanti…e non è colpa né di Allegri né della squadra. Ibrahimovic faceva la differenza in attacco, Thiago Silva in difesa…e ora non ci sono più. Certo, si può fare sempre meglio (ma anche peggio, eh!)…ma io lo terrei almeno per la prima parte della stagione. Se i risultati non arrivano puoi sempre cambiare, ma un esonero dopo 3-4 partite mi sembra esagerato. Nel calcio c’è la tendenza a dare troppe colpe agli allenatori.


Andreas Seppi saluta il pubblico del Roland Garros
dopo la sconfitta in cinque set contro Novak Djokovic