Novak Djokovic vince per se stesso, per la Serbia inondata e per il Roland Garros: Roma è sua. Perde il primo set, poi continua a martellare un Rafa sempre più stanco. E lo batte.
Da Roma, Riccardo Bisti – 19 maggio 2014
La suggestione è divertente. Ivan Lendl non ha mai vinto Wimbledon da giocatore, ma ce l’ha fatta nelle vesti di coach, quando Andy Murray ha sollevato il trofeo dei Championships. Da parte sua, Boris Becker non ha vinto un solo torneo su terra battuta. C’è andato vicino diverse volte, ma niente da fare. Venti anni fa giunse in finale anche a Roma, quando raccolse cinque giochi in tre set contro Pete Sampras. Ma adesso ce l’ha fatta nelle vesti di coach, ed è un successo che vale doppio. E’ il primo titolo di Novak Djokovic con lui in panchina (anche se è giusto far notare la presenza di Marian Vajda). Già, perché il tedesco non era a Indian Wells (era previsto), mentre non è andato a Miami per recuperare da un intervento chirurgico. Dopo cinque mesi di partnership, finalmente, il sodalizio Djokovic-Becker ha ottenuto il primo titolo. Un titolo che ufficializza la fine del dominio di Rafael Nadal su terra battuta. Rafa potrebbe anche vincere il Roland Garros, ma quella del 2014 resterà la sua peggior stagione sul rosso, almeno da quando ha iniziato a vincere. Dal 2005 si è sempre aggiudicato almeno due Masters 1000 e non ha mai perso più di due partite. Quest’anno è finito KO in tre occasioni, e sarebbero già quattro se la schiena di Kei Nishikori non avesse fatto crack durante la finale di Madrid. Lo spagnolo, tuttavia, può trarre discrete indicazioni dal 4-6 6-3 6-3 con cui Djokovic si è preso gli Internazionali BNL d’Italia (curiosamente, lo stesso punteggio con cui aveva vinto per la prima volta, nel 2008, contro Stanislas Wawrinka). “E’ sempre positivo finire un torneo in modo migliore rispetto a come l’ho iniziato” ha detto Rafa durante la premiazione, sforzandosi di sorridere.
UNA SFIDA UN PO' ANOMALA
E’ il 3 il numero fortunato di Novak Djokovic. Ha vinto gli Internazionali per la terza volta (i precedenti successi risalivano al 2008 e 2011), li vince ogni tre anni…e per riuscirci ha avuto bisogno di tre set. Non è stato il match più bello dell’eterna rivalità serbo-spagnola, non tanto per la qualità assoluta, quanto perché è stato un match a strappi. Non sono quasi mai stati spalla a spalla, gomito a gomito. Uno dei tratti distintivi delle loro sfide sta nell’incertezza del punteggio, nel lottare punto su punto, come se provassero un piacere quasi masochistico nello scoprire i limiti dell’altro. Stavolta hanno affrontato la partita a viso aperto (soprattutto Djokovic, per la verità), affrontando gli scambi in modo rabbioso. Si sono visti tanti vincenti, ma anche tanti errori. Per una volta, il numero degli errori non forzati ha superato il numero di quelli forzati. E la partita è durata “appena” 2 ore e 19 minuti, poco per gli standard di questi due, capaci di restare in campo per 6 ore al meglio dei cinque set (Melbourne 2012) o 4 sulla breve distanza (Madrid 2009). Nadal è scattato meglio dai blocchi, prendendo il primo break già al terzo game, sigillandolo con una buona volèe di dritto. Nella prima mezz’ora Djokovic ha sbagliato tantissimo, come se il recente spot Peugeot che lo vede protagonista (dove sbaglia apposta decine di palle) si fosse trasferito nella realtà. Ma non poteva durare: aggiustato il mirino, ha ripreso uno dei due break di svantaggio e ha avuto due palle per il 4-4. Non le ha sfruttate, consentendo a Nadal di portarsi a casa il primo. Un occhio particolarmente severo verso Rafa potrebbe dire che ha vinto un set soltanto grazie al pessimo inizio del serbo. La tesi, in effetti, sta in piedi.
NADAL RESTA SENZA BENZINA
“Ho provato a essere aggressivo dalla prima all’ultima palla – ha detto Djokovic – anche se nel primo set ho commesso qualche errore di troppo, ho continuato a mantenere la stessa tattica per tutta la partita”. La perseveranza ha pagato. Il break del 2-0 nel secondo set era sigillato da un terrificante passante di dritto in corsa, una specie di squillo di tromba. All’improvviso, il match è completamente cambiato. Nole ha iniziato a sfoderare vincenti, mettendo a nudo le difficoltà fisiche di Nadal. Da quel momento in poi, le uniche rivalse di Rafa sono giunte su errori o difficoltà di Djokovic. Ad esempio, sul 3-1 e 40-0 ha commesso una serie di errori e con un dritto lungo ha rimesso in scia Rafa. Ma le sensazioni empiriche erano tutte per lui. Non a casa firmava un altro break e chiudeva al nono game, salvandosi dal 15-30 (quando ha tenuto in campo una volèe in contropiede, tremebonda ma efficace). L’inerzia proseguiva in avvio di terzo set, quando un rovescio lungo di Rafa spediva Nole definitivamente avanti. Lo spagnolo teneva duro, poi produceva il massimo sforzo per rimettere in sesto la partita. Il game che lo portava sul 3-3 era sigillato da due volèe: una, splendida, smorzata di Rafa. L’altra, in rete, di Djokovic. Sembrava il simbolo. Invece gli ultimi tre giochi erano un’esaltante cavalcata per il serbo.”Nole ha il talento d giocare dentro il campo, l’ho lasciato giocare nella posizione giusta e negli ultimi game avevo le gambe stanche dopo una settimana piuttosto dura. Semplicemente, non avevo più benzina”. Il fattore stanchezza, per Rafa, potrebbe essere un alibi: se a Parigi dovesse stare meglio, magari non avrà certi passaggi a vuoto. “Negli Slam c’è un giorno di riposo, ed è molto importante. Ad ogni modo, mi porto a casa diverse cose positive: ho vinto quattro partite, ho superato situazioni difficili, ho raccolto 600 punti e ho un po’ di energia in più in vista del Roland Garros. Sicuramente ci arrivo meglio che rispetto a due settimane fa”. Anche Djokovic ha espresso lo stesso concetto, “E’ stata una grande settimana, tenendo conto da dove sono partito. Battere Nadal sulla sua migliore superficie è il modo migliore per presentarsi al Roland Garros”. Ancora una volta, i favoriti sono solo loro due. E Djokovic ha una possibilità in più, come ha ammesso durante la conferenza stampa con la coppa accanto: “Con il mio team ho lavorato molto bene per arrivare in perfetta forma, fisica e mentale, alle sfide contro Rafa. Adesso posso batterlo anche palleggiando, mentre prima dovevo per forza essere aggressivo”. Cala il sipario su Roma, la notte durerà una settimana prima dell’alba parigina.
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