Tornato vincitore nel torneo di Dubai, il greco potrebbe registrare risultati ancora migliori con qualche accorgimento sul colpo di inizio gioco
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In mano a Omero sarebbe stato un acheo coi fiocchi. Cos’altro avrebbe potuto essere un tennista della moderna Atene che nel 2024 ha donato alla città di Acapulco 1000 dollari per ogni ace messo a segno nel torneo omonimo? Il tutto da devolvere ai disastrati dell’Uragano Otis abbattutosi sul territorio nell’ottobre dell’anno prima. Una causa nobile, alla quale Stefanos Tsitsipas ha pensato di contribuire affidandone le sorti a quello che le statistiche descrivono come il miglior colpo del suo repertorio. Per l’occasione, ai senza tetto della città messicana è andato il frutto di una decina di ace, lisci come l’olio, che sarebbero stati assai di più se l’acchito del greco non avesse difettato di quell’uscita barcollante che ne limita il pieno potenziale.
Nel suo splendido cammino giubilato con la vittoria a Dubai, gli ace sono stati 28 contro 16 doppi falli, numeri non impressionanti che tuttavia fanno del redivivo Achille un rinnovato incomodo per i primi della classe. Nel greco convivono ancora gli argomenti di un tennista di spicco, convolati in un gioco sciué sciué che ricorda quello di Guga Kuerten e piace molto al grande pubblico. Entrando di nuovo tra i primi dieci del mondo, per lui potrebbe essere ancora tempo di alta classifica, magari sulle ali di un colpo che, a dispetto degli ace registrati, darebbe frutti migliori se solo qualcuno ci buttasse un occhio. Il servizio, lo sa anche il tennista della domenica, è l’unico gesto tecnico che, senza l’assillo di una sfera in arrivo, può usufruire dei suoi tempi in fase agonistica e ambire alla perfezione in quella didattica contando su di un semplice cesto di palle. Trattasi di una catena cinetica che partendo dai piedi sale su verso il tronco per finire di slancio verso l’alto, chiamando in causa l’arto superiore armato di racchetta. Una vecchia storia che ogni buon coach dovrebbe sapere a memoria. Il tutto senza uscire dall’asse di spinta che altro non è se non una fascia immaginaria entro la quale tutto dovrebbe svolgersi senza dispersioni di sorta. Una successione che ha il suo epilogo in una palla lanciata dal medesimo giocatore nella zona di cielo perpendicolare al corpo. Ora accade che nel prode Achille quello spicchio di cielo sia spostato troppo a sinistra e che il suo tallone sia proprio nell’uscita dal colpo, troppo sbilanciata da quello stesso lato, causando insufficiente padronanza delle angolazioni e perdita di attimi preziosi nel recupero della giusta postura.
Insomma tutta questa filippica per dire che, contrariamente all’opinione corrente, per il greco la battuta non è ancora un automatismo da autentico fuoriclasse ma un pensiero da risolvere di punto in punto.
Sgombro l’orizzonte dicendo, a scanso di equivoci , che parliamo naturalmente di un campione assoluto, uno che qualche anno fa, proprio a Dubai ha inneggiato al lato estetico del tennis più che al nudo rendimento. Per questa e altre ragioni, spero e che il suo entourage non abbandoni la curiosità di brigare in quel difettuccio piccolo ma grande relativo al colpo di avvio. Il resto è da Iliade!