dal nostro inviato a Londra Gabriele Riva – foto Getty Images
Dentro e fuori in un’oretta. L’avventura a Wimbledon 2010 di Maria Elena Camerin si racchiude in una pagina di taccuino e qualche riga di cronaca. Il sorteggio non è stato dei migliori. “Già, un’altra volta!”, sbotta col sorriso Maria Elena. Oggi era durissima, contro la belga Kim Clijsters non ha potuto fare molto di più di quello che ha fatto. Almeno nel secondo parziale, dopo che il primo era volato via in 24 minuti. 6-0, con un parziale da metà set che diceva 18 punti a 3. Si è giocato solo nel secondo game, quando sul proprio servizio la veneta ha costretto Mamma Kim ai vantaggi. Poco altro.
Nel secondo parziale invece tutto molto meglio. Partita c’è stata, fino alla fine. Il 6-3 è frutto di un solo break, peraltro non regalato dall’azzurra. Rovescio su rovescio, Maria Elena ha cominciato a tenere. “Ci ho messo un po’ ad abituarmi alla sua palla, certo”. Lo strappo decisivo è arrivato nell’ottavo gioco quando Kim s’è presa il servizio avversario sfondando col diritto. Era la quarta occasione, tutte nello stesso game: le prime tre le erano sfuggite grazie alla personalità e ai colpi della 28enne n.121 del ranking Wta.
“Da quel secondo set devo trarre tutto ciò che c’è di positivo”. Ha ragione, perché non è stata una mattanza, nella seconda fase, come il risultato farebbe pensare se non si fosse visto il match. Le difficoltà maggiori oggi sono arrivate nel cercare di stare allo stesso ritmo soprattutto con il diritto, ovvio, e nel trovare il lancio di palla al servizio. “Mi capita spesso quando sono tesa, quando penso che chi risponde può aggredirmi”.
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