Viktor Troicki tuona contro ITF e WADA, "disposte a distruggere la carriera dei giocatori con cui entrano in conflitto". Un comportamento senza precedenti: in passato, nessuno dei tennisti squalificati aveva attaccato pubblicamente l'antidoping
Di Marco Caldara – 31 dicembre 2014
Malgrado gli appena cinque mesi di attività, Viktor Troicki ha chiuso il 2014 a ridosso dei primi 100 del mondo, candidandosi come uno dei possibili outsider per l’anno nuovo. La sua stagione partirà dall’Australia, prima con le qualificazioni a Brisbane e Sydney (o Auckland) e poi col main draw dell'Australian Open, raggiunto in extremis grazie ai punti racimolati negli ultimi Challenger dell’anno. L’ex numero 12 del mondo ha la fame di chi si sente ingiustamente privato di un pezzo della propria vita, e farà di tutto per provare a riprendere la strada abbandonata nell’estate del 2013, quando la squalifica dovuta a un mancato controllo anti-doping l’ha fermato per dodici mesi. Intervistato da Saša Ozmo, giornalista del portale serbo b92.net, il ventottenne di Belgrado ha parlato della sua situazione attuale e degli obiettivi per il futuro, ma non ha perso l’occasione per sparare a zero contro l’ITF e la WADA, ree a suo parere di avergli rovinato la carriera. “Io sono un sostenitore dei controlli antidoping – ha spiegato – ma due grandi istituzioni come ITF e WADA non dovrebbero commettere errori del genere. Io e Cilic siamo stati squalificati per un loro sbaglio. Con queste squalifiche, l'ITFO vuole dimostrare l’efficacia del proprio lavoro. Mi terrorizza il fatto che siano disposti a distruggere la carriera dei giocatori con cui entrano in conflitto, cercando di ottenere il massimo della pena. Se un atleta si dopa è giusto che paghi, ma in questi casi mi pare che ITF e WADA stiano solamente cercando di giustificare la propria esistenza nel mondo del tennis”. Parole forti, che in poche ore hanno fatto il giro del mondo. Un comportamento giustificato alla luce dall’accaduto, ma tutt’altro che usuale fra i tennisti professionisti ‘pizzicati’ in passato dall’antidoping.
DA TRUYOL A MOUSLEY
Oltre al fatto che nessuno abbia mai ammesso la propria colpevolezza, tutti hanno sempre preferito tenere un profilo basso, evitando pubbliche uscite come quelle dell’allievo di Jack Reader. A differenza dei colleghi, Troicki può difendere l’assenza di un test positivo. Dallo spagnolo Ignacio Truyol, primo giocatore sospeso di sempre (nel 1997), al giovane australiano Bradley Mousley, l’ultimo, fermato a maggio per positività all’ecstasy, la lista dei tennisti sanzionati dall’antidoping conta oltre cinquanta nomi, fra i quali tanti pesci piccoli, ma anche alcuni personaggi illustri. Pur con reazioni diverse, tutti i migliori si sono limitati a difendere la propria posizione, fornendo spesso motivazioni curiose, ma mai spendendo pubblicamente parole pesanti contro ITF e WADA. Il caso più lampante è quello dell’argentino Mariano Puerta, “beccato” in due occasioni: prima nel 2003 e poi a fine 2005, nell’anno della finale persa al Roland Garros contro Rafael Nadal. In ambedue i casi negò quasi all’inverosimile la propria colpevolezza, ma non si schierò mai apertamente contro i vertici. Riuscì a evitare la radiazione prevista per i recidivi, tornando in campo ad ‘appena’ 18 mesi dalla seconda squalifica, e anche per questo ha sempre sostenuto di esserne uscito pulito, pur rimanendo l’unico tennista della storia trovato positivo in due occasioni. Discorso diverso per il suo connazionale Guillermo Coria, fermato all’inizio della propria ascesa. Era il 2001, quando il sudamericano risultò positivo al nandrolone. Sostenne di averlo ingerito per errore tramite un integratore, tanto che la propria battaglia fu contro l’azienda produttrice della bevanda, che perse la causa e dovette risarcirlo. La vicenda lasciò il segno nella fragile personalità dell’argentino, che da quel momento e fino a fine carriera, in campo, non bevve mai più nient’altro che acqua.
IL SILENZIO DI BECK
Se nei ricordi di Coria il nandrolone rappresenta però solo un brutto episodio, in quelli di Petr Korda è rimasto invece il più recente, dopo la positività riscontrata nel 1998 al torneo di Wimbledon. Il ceco protestò, arrivando addirittura a insinuare la presenza di un complotto nei propri confronti, ma senza mai indicare un vero e proprio colpevole. Un altro che fece di tutto per dimostrarsi innocente, e alla fine ci riuscì, è Guillermo Canas, fermato nell’agosto del 2005, quando occupava l’ottava posizione del ranking mondiale. Fu trovato positivo all’Hct (idroclorotiazide), una sostanza diuretica secondo lui presente in delle medicine prescritte dai dottori ATP per combattere un'influenza. Nonostante ciò, preferì le vie legali alle parole, portando il proprio caso sino al CAS di Losanna, che gli diede ragione nel maggio del 2006. Ancor più silenziosa la storia di Karol Beck, fermato nel 2005 alla vigilia della storia finale di Coppa Davis persa dalla sua Slovacchia. Beck aveva 23 anni, stava scalando il ranking, e accettò la sanzione di 18 mesi senza troppe lamentele. In seguito, però, non ne ha più voluto parlare. A differenza di tanti altri colleghi, a lui quello stop ha condizionato la carriera, e a numerosi anni di distanza mastica ancora amaro. La speranza di Troicki, probabilmente, è proprio quella di non fare la fine di Beck, riuscito sì a rientrare con agio fra i primi 100, ma incapace di ripetere i risultati raggiunti prima della squalifica. Per il serbo l’asticella è ancora più alta, ma le motivazioni, a quanto pare, sono di primissimo livello.
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