Il maiorchino vince il suo 2° Wimbledon dominando Tomas Berdych 6-3 7-5 6-4. Rafa raggiunge Agassi, Connors, Lendl, Perry e Rosewall…

da Londra Giorgio Spalluto – foto Ray Giubilo

 

Trecentosessantaquattro giorni fa Rafael Nadal era costretto dal sesto sigillo londinese di Roger Federer, a cedere la vetta del ranking mondiale, vessato dai problemi fisici, da quelle maledette “rodillas” che non gli avevano consentito di difendere il titolo conquistato l’anno prima. Le nubi che si addensavano sul suo futuro, le perplessità legate a un problema comunque cronico inducevano la maggior parte degli addetti ai lavori a prevedere un lento ma inevitabile declino, corroborato dai problemi fisici susseguenti al suo ritorno alle competizioni dopo due mesi di pausa: lo strappo agli addominali patito una settimana prima degli US Open, ed il ginocchio Ko che lo aveva costretto al ritiro in Australia nei quarti di finale contro Murray. Il 4° posto nel ranking, successivo al primo slam dell’anno, sembrava confermare i de profundis intonati fino a quel momento. Soli 6 mesi dopo, siamo qui a celebrare un trionfo la cui portata era difficilmente prevedibile anche dopo il ritorno al successo nella sua Parigi. Quella Parigi che però non lo ha mai troppo amato e onorato come un campione della sua levatura avrebbe meritato. Non è un caso che al termine della finale odierna Rafa abbia voluto ringraziare il pubblico del Centre Court: “Il rispetto che ho avuto qui, anche nel giorno in cui ho battuto Murray, è stato straordinario.” E’ stato il match contro il padrone di casa, a sancire il suo ottavo sigillo in uno slam, molto più dell’incontro odierno in cui Berdych non è mai stato in grado di impensierire minimamente la superiorità tecnica, fisica e mentale del suo avversario.

 

0 palle break su 4 concretizzate da Tomas, 4 su 6 da Nadal. Si potrebbe sintetizzare con questi semplici numeri la differenza tra i due giocatori. Il primo set vede Berdych cedere solo 2 punti nei primi 3 turni di battuta e non commettere alcun errore gratuito fino al 3-3. Nadal, dal canto suo, mette a segno tre ace da destra in tre turni di battuta e sembra in totale controllo. Nel settimo gioco, giunge il primo errore gratuito del ceco che regala a Rafa lo 0-30. Un gran passante di dritto lungolinea in corsa e una splendida risposta di rovescio consentono a Rafa di strappare il servizio al ceco. Da qui al termine del primo parziale, Tomas metterà a segno soli 2 punti (con altrettanti ace) nel successivo turno di battuta che comunque perderà, fissando il punteggio del primo set sul 6-3.  Nella stretta finale ha avuto la meglio il giocatore più abituato a questo genere di pressioni. E’ quello che succederà negli altri due parziali. Il secondo set si apre con un turno di battuta del numero 1 del mondo molto simile a quello iniziale del 3° set con Murray. Rafa commette ben 5 errori gratuiti (inclusi due doppi falli) nello stesso gioco, concedendo 3 palle break. Il solito ineffabile servizio da sinistra consente a Rafa di cavarsi di impaccio, malgrado non stia giocando granché bene. A metà secondo set il suo tabellino registra 10 “unforced error” nel solo 2° set. Contro Murray ne aveva commessi complessivamente 13, nei quarti solo 12. Il suo avversario serve meglio rispetto al primo set ma non riesce mai ad affondare tutte le volte che ne ha l’opportunità sul servizio dell’avversario. Si avvicina all’epilogo del set e la sensazione è che per Berdych tenere la battuta sarà impresa sempre più improba. Chiamato a servire per rimandare la conclusione del set al tiebreak, Tomas si esibisce in 3 errori di dritto che regalano a zero il break e il set all’avversario. E’ la resa del ceco che avrebbe a disposizione una palla break nel quarto gioco del terzo (neutralizzata dal favoloso back dello spagnolo), per allungare un match che ormai non ha più nulla da dire. Nadal cederà solo 2 punti nei restanti 3 turni di battuta, chiudendo le ostilità nel decimo gioco con uno splendido passante di dritto, dopo 2 ore e 13 minuti di dominio incontrastato.

 

E’ l’ottavo slam della straordinaria carriera del maiorchino (eguagliati Agassi, Connors, Lendl, Perry e Rosewall), su 10 finali disputate. Solo Federer è riuscito a sconfiggerlo, nelle finali di Wimbledon del 2006 e 2007. Tra coloro che hanno disputato almeno 10 finali in un major nell’Era Open, Rafa è quello che vanta la percentuale più alta. Con il suo straordinario 80% fa meglio di Sampras (77.7%, 14 su 18), Federer (72.7%, 16 su 22) e Borg (68.7%, 11 successi su 16). Ad impressionare maggiormente è il distacco in classifica che, da lunedì prossimo, Rafa potrà vantare nei confronti del secondo, Novak Djokovic: 3840 punti (10745 a 6905) per un gap difficilmente colmabile entro la fine del 2010, considerando anche il fatto che da qui alla fine dell’anno il maiorchino non avrà cambiali particolarmente pesanti da fronteggiare; l’unica davvero sostanziosa è quella costituita dalla semifinale (720 punti) degli US Open che rappresentano l’ultima gemma ancora sfuggita al campione di Manacor. “Ma prima di pensare a New York voglio divertirmi con i miei amici a Maiorca, andare a pesca, e giocare a golf”.  Un anno fa Rafa sembrava aver imboccato irrimediabilmente il viale del tramonto. Trecentosessantaquattro giorni dopo celebriamo l’inizio di una nuova carriera e forse di una nuova era per il tennis che, dopo 7 anni, deve registrare l’uscita di Roger Federer dai primi due posti del ranking.  Allo svizzero il compito di smentire quelle stesse cassandre che un anno fa davano per finito Rafa Nadal.

 


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