“Si è parlato più di soldi che di sport”. Con queste parole, il presidente della federtennis tedesca Ulrich Klaus ha descritto l'ambiente di Orlando durante l'assemblea ITF che ha sancito la fine della Coppa Davis. A caldo, Klaus aveva detto che alla vigilia si pensava che il “no” avesse raccolto un numero di voti sufficiente per evitare l'approvazione della riforma. Eppure qualcosa è andato storto alle urne. Vi abbiamo già detto del caso italiano che, in assenza di smentite e/o comunicati ufficiali, sembra assumere sempre maggiore credibilità. Tuttavia, da più parti, c'è chi sostiene che la Lawn Tennis Association si sia tirata indietro all'ultimo, destinando al “sì” i suoi 12 voti. Sarebbe un fatto clamoroso, perché alla vigilia i britannici avevano diffuso un comunicato in cui annunciavano il “no” alla riforma nonostante il parere contrario dell'All England Club. I “sospetti” sulla Gran Bretagna sono alimentati dal fatto che il presidente LTA, Martin Corrie, fa parte del Consiglio d'Amministrazione ITF. Ovviamente, tutti quelli che lavorano sia per la Federazione Internazionale che per un'Associazione Nazionale sono in odore di conflitto di interessi. Non era lui a votare, perché in questo momento è sottoposto a un'indagine interna. Per questo, a disegnare la crocetta nell'urna è stato il suo vice David Rawlinson. Si pensava – anzi, sembrava certo – che avrebbe scelto il “no”, invece avrebbe fatto tutto il contrario. Il sospetto è che la scelta sia arrivata su pressione di Corrie. È convinto che sia andata così Victor Archukowski, delegato della federtennis polacca. Adottando una strategia simile a quella della FIT, la LTA non ha reso note le sue scelte di voto. E, come detto, l'ITF non rivelerà il dettaglio delle preferenze. Per adesso, non ha rivelato neanche l'esatto numero dei voti favorevoli e contrari. Un articolo pubblicato dal sito web di Tennis Magazin, nota rivista specializzata tedesca, delinea uno scenario torbido, un dietro le quinte fatto di biechi interessi personali e nessun interesse al reale oggetto del contendere.
UN SOTTOBOSCO DI STORIE TRISTI
Un paio di federazioni di discreta importanza sembravano orientate per il “no”, invece hanno scelto diversamente. È il caso della Russia, che aveva a disposizione nove voti e li ha concessi alla riforma. Al contrario, nonostante le parole di Alex Antonitsch alla vigilia, l'Austria ha scelto di astenersi perché non era stata trovata una linea unanime. Tuttavia, il sito ufficiale di Osterreichischer Tennis Verband recita che, dalle somme in arrivo, le associazioni nazionali (OTV compresa) riceveranno un enorme beneficio. Come abbiamo detto e ripetuto, questa votazione è stata pesantemente inquinata dal denaro. Per intenderci, nei mesi scorsi, Dave Haggerty ha svolto una vivace campagna elettorale, tenendo conferenze di vario genere in diversi paesi africani e sudamericani. Si stima che le sole spese per i voli abbiano toccato i 450.000 euro. Spesa enorme, ma fruttuosa: Africa e Americhe hanno votato compatte per il sì. Emergono poi altre notizie che sono un mix tra gossip e illazioni, ma che vale la pena riportare per descrivere il clima generale. Pare che il presidente della federazione ucraina sia stato invitato a una vacanza di extra lusso nel paradiso terrestre di Bali, in Indonesia. Ad invitarlo, il discusso Bernard Giudicelli, presidente FFT che non avrebbe avuto il diritto di votare, ma ha ugualmente potuto farlo in virtù di un incredibile emendamento ad personam. L'Ucraina aveva a disposizione 3 voti, così come il Venezuela. Si narra che la federazione sudamericana fosse ormai sull'orlo della bancarotta: all'improvviso, poco prima delle elezioni, sono arrivati i fondi necessari che hanno evitato di perdere il dritto di voto. Ovviamente, il delegato venezuelano si è schierato a favore della riforma, così come quello ucraino. E pensare che soltanto due anni fa la federtenis venezuelana aveva denunciato l'ITF per aver costretto a giocare in trasferta il match contro il Perù per ragioni di sicurezza. Hanno cambiato idea in fretta. L'articolo di Tennis Magazin racconta particolari ancora più scabrosi. Viene citato il caso della Philippe Chatrier Cup, una manifestazione che si svolge a Parigi durante la seconda settimana del Roland Garros. Si tratta di un torneo giovanile a squadre che mette a disposizione un ricco montepremi per le nazioni che provano a sviluppare i propri giovani sulla terra battuta. C'è un milione di dollari a disposizione, equamente diviso tra uomini e donne, con i fondi distribuiti alle federazioni in base ai risultati dei loro ragazzi. Un paese dell'est europeo, il cui rappresentante ha chiesto di restare anonimo, aveva ottenuto il diritto a un benefit di 115.000 euro. Al momento di ricevere il denaro dalla FFT, Giudicelli in persona gli avrebbe chiesto le intenzioni di voto per l'Assemblea di Orlando. La risposta fu negativa: “noi votiamo no”. Quel contributo non è mai arrivato.
COMUNICAZIONE A SENSO UNICO
Tre anni fa, il giornalista d'inchiesta Andrew Jennings pubblicò un librò (uscito anche in Italia, con il titolo “Omertà”) in cui si denunciava la corruzione ai piani alti della FIFA, la federazione che gestisce il calcio mondiale, soprattutto negli anni di presidenza di Joseph Blatter. Un libro crudo, in cui si parla di “grassoni” che puntano esclusivamente al loro arricchimento personale sfruttando il silenzio complice di tante, troppe componenti. “Nell'ITF funziona così: l'unico obiettivo è l'arricchimento personale dei responsabili” ha detto a Tennis Magazin un altro funzionario che ha chiesto di restare anonimo. E quando viene richiesto l'anonimato non è mai un bel segnale. Tra gli aspetti che hanno fatto arrabbiare gli oppositori c'è stata anche un'informazione a senso unico. Secondo la DTB, l'assemblea è stata impostata in modo da dare minor spazio possibile alle federazioni contrarie per esprimere le loro idee. Quando Klaus ha provato a fare un appello contro la riforma, Haggerty lo ha duramente redarguito, dicendogli che avrebbe dovuto soltanto porre domande specifiche sull'argomento. Un clima sgradevole, in cui un successo politico è arrivato utilizzando sistemi eticamente riprovevoli. Se fosse tutto vero, il 71,43% è stato frutto di spese (cospicue), promesse, regali, premi fedeltà, ritorsioni e messe a tacere delle opposizioni. Davvero una brutta storia. Tornano in mente le affermazioni di Angelo Binaghi nel 2013, quando Giovanni Malagò fu eletto presidente del CONI a discapito di Raffaele Pagnozzi con una dinamica non troppo diversa: si pensava che Pagnozzi (di cui Binaghi era uno dei principali sostenitori) avesse in mano molti più voti. Qualche franco tiratore cambiò idea, scatenando le ire del presidente FIT: “Oggi ha vinto una maggioranza rimasta nascosta dietro al muretto, pronta a sparare su Pagnozzi appena possibile: in Sardegna si chiama imboscata – aveva detto Binaghi – Il risultato è per me clamoroso e inaspettato. Del resto io quando dico è bianco è bianco, quando è nero è nero, mentre qui oggi molti dicevano grigio e tanti altri bianco e poi hanno fatto nero”. Uno scenario che sembra essersi ripetuto a Orlando. Ma se cinque anni fa i dirigenti delle federazioni sportive italiane avevano “sparato” su Pagnozzi, stavolta si è deciso di fucilare la competizione che ha contribuito al mito del nostro sport. E sono molti, in questi giorni, ad adottare la pietosa strategia del silenzio dei colpevoli.