Victor Hanescu rilascia una bella intervista ai media rumeni. “Mi hanno chiesto tante volte di truccare una partita. Cedere può essere molto pericoloso. In Romania mi sono sentito un pioniere”.

Di Riccardo Bisti – 23 dicembre 2014

 
C’è un aneddoto che la dice lunga su Victor Hanescu. Nel 2007, reduce da un grave infortunio che gli fece perdere un anno, spedendolo oltre il numero 700 ATP, si presentò al challenger di Lugano. Gli offrirono una wild card per il tabellone principale. Era un’occasione d’oro per intascare punti e risalire la china, ma lui rifiutò. Non voleva privilegi, meglio giocare le qualificazioni. Lo avevano abituato così, a costruirsi da solo, passo dopo passo. Un giocatore umile, dall’alto dei suoi 198 centimetri. Si è ripreso e ha vissuto una dignitosa seconda parte di carriera, con un titolo ATP (Gstaad 2008) e altre quattro finali, tutte sulla terra battuta. Oggi Victor è agli sgoccioli, ma non molla. In fondo è nato appena 18 giorni prima di Roger Federer. Ed è proprio da Roger Federer che ha scelto di prendere spunto. Nel 2015 punta a tornare tra i top-100. Il 2014 è stata una stagione senza infamia e senza lode: ha chiuso al numero 122 ATP in virtù della semifinale a Oeiras e qualche semifinale challenger. Negli Slam, ha colto il secondo turno all’Australian Open. Quest’anno non andrà perchè ha scelto di cambiare la preparazione. Per la prima volta si recherà negli Stati Uniti insieme a moglie e figlio, per 5-6 settimane, dove si allenerà al sole della Florida (“Sarà anche meglio per il mio bambino”) e partirà con un challenger alle Hawaii. Prima di lasciare la Romania, Hanescu ha rilasciato una lunga e interessante intervista al sito rumeno “Pro Sport”. Un’intervista con tanti spezzoni interessanti, soprattutto sull’argomento delle scommesse. Perchè le frasi di un tennista a fine carriera, che ne ha viste tante, sono sempre molto interessanti. Ecco i pensieri più interessanti del rumeno.
 
“Tornare tra i top-100 è possibile. Ho trovato un altro modo di giocare, più aggressivo. Mi sono ispirato a Roger Federer, che a 33 anni è sempre più proteso verso la rete. Mi sono sempre trovato bene sulla terra battuta, ma adesso attacco di più. Non riesco più a gestire senza problemi i lunghi palleggi da fondocampo”.
 
“Soldi? Mi considero ricco. Sono in buona salute, ho una bella famiglia e faccio quello che amo. Inoltre ho un bellissimo bambino. Abbiamo soldi a sufficienza per mangiare, ho una casa e una macchina. Certo, quando avrò finito di giocare non potrò smettere di lavorare. Dovrò rimboccarmi le maniche e fare qualcosa”.
 
“Sarà difficile costruire qualcosa in Romania. Ho qualche idea, ma non ancora niente di definitivo. Di sicuro resterò nell’ambiente. Mio figlio? Sarà impossibile che non abbia contatti col tennis. Ma dipenderà da lui se giocare o meno”.
 
“Anche io sono stato allenato da un genitore. Purtroppo in Romania accade spesso che un genitore superi i limiti. Per me non è accettabile. Capita che i ruoli si confondano e non è facile per un figlio dare al padre lo stesso rispetto che avrebbe un professionista. Il desiderio deve venire da dentro, non da un genitore. Per me fu così: avevo un sogno e l’ho portato avanti”.
 
“Il più grande rimpianto della mia carriera è l’infortunio del 2006. Ho visitato vari medici in Romania, in Germania e in Francia. Poi ha risolto la situazione un dottore che poi è diventato medico del team di Coppa Davis. Peccato, perchè ho perso un anno e sono sceso al numero 700 ATP”.
 
“La Halep vuole solo allenatori rumeni? Non sono d’accordo. Credo che negli anni del comunismo il nostro paese abbia avuto forti limitazioni che si sentono ancora oggi. Non dico che non siano bravi, ma se dovessi scegliere prenderei uno straniero. Comunque Victor Ionita può fare bene, conosce già il tour per aver lavorato con la Cirstea”.
 
“La Davis? Per me resta un torneo speciale. Tempo fa ho deciso che era meglio lasciare spazio ai giovani. Oggi potrei tornare ancora utile lontano dalla terra battuta. Di sicuro potrei dare qualche consiglio ai più giovani”.

“Il dibattito sui futures? Io frequento i challenger, che sono un po’ una via di mezzo. Mi è capitato di mangiare cattivi pasti perchè la cucina non era buona. Sono anche stato in brutti hotel. Li chiamano challenger proprio perchè sono sfide. Io accetto le sfide, è l’unico modo per andare avanti. Altrimenti non hai chance”
 


“Se giochi solo i challenger fai fatica sul piano economico. Giochi un anno, arrivi alla fine, fai i conti e vedi che non hai niente da parte. E’ crudele perchè lavori duro, magari hai una famiglia da sostenere e lotti disperatamente. Credo che l’ATP debba fare qualcosa. Se ne parla da tempo, forse interverranno, il tennis è uno sport molto popolare e sarebbe un peccato perdere per strada tanti aspiranti campioni”.
 
“Tante volte mi hanno offerto di truccare una partita. Credo che non ci sia un solo giocatore a cui non è mai successo. Le scommesse sono un business molto importante. E’ strano che una società di scommesse possa essere sponsor di un torneo ATP. Non capisco questa cosa, ma l’ATP la tollera. Cedere a un tentativo di combine è un grosso errore. E’ molto allettante, soprattutto a inizio carriera, ma dalla mia esperienza posso dire che può fare molto male. Rischi di essere squalificato a vita e di rovinarti la reputazione costruita con un lavoto onesto. A volte ci provano per telefono, a volte su Facebook. Capita spesso che neanche l’entourage del giocatore sia al corrente di certe cose”.
 
“La Tennis Integrity Unit? Non so se funziona. Ho visto che ci sono state squalifiche a vita, ho sentito di casi in Italia. Si sta lavorando, ma non credo che l’ATP dovrebbe farsi sponsorizzare dai bookmakers. Da un lato dicono di voler fermare il fenomeno, dall’altro però si fanno sponsorizzare. Mi sembra strano, ma non conosco i dettagli”.
 
“I giocatori più forti che ho incontrato sono Federer, Djokovic e Nadal. Ho il grande rimpianto di non aver giocato con Sampras e Agassi. Una volta, in Austria, avrei dovuto affrontare Agassi. Vinsi la mia partita e lui doveva affrontare Zimonjic. Incredibilmente perse e giocai con il serbo. Vinsi, ma avrei preferito trovare Agassi”.
 
“Doppio misto? Mi sarebbe piaciuto giocare insieme alla Kournikova, ma era irraggiungibile. Nei tornei del Grande Slam ci sono i fogli in cui un giocatore firma accanto al nome della tennista con cui vorrebbe giocare. Accanto al nome della Kournikova c’erano sempre decine di firme!”
 
“Sono ancora arrabbiato per non aver vinto la Mercedes al torneo ATP di Stoccarda. Giocai in finale contro Jeremy Chardy, vinsi il primo 6-1 ma poi ho perso. Una delusione tremenda”
 
“Il mio best ranking è al numero 26. Peccato non aver raggiunto i top-20, ma credo di essere stato un pioniere. 15-20 anni fa, Andrei Pavel andò in Germania e Adrian Voinea in Italia. Da noi mancavano le strutture e le competenza. Una volta sono andato al centro di medicina sportiva perchè sentivo di non avere la giusta massa muscolare. Volevo sapere come fare, e mi dissero di mangiare più pancakes!”
 
“Non credo che i migliori si dopino. Sono molto controllati, devono dare la reperibilità anche quando sono in vacanza. Ho sentito tante cose, a volte ci ho quasi creduto, ma con i team così numerosi che hanno, non credo che i migliorino possano truffare in quel senso”.