Il tennista tedesco si è imposto nella finale del torneo di casa su Ben Shelton per conquistare il primo titolo della sua stagione

Diverse per clima, nazione e lingua, Barcellona e Monaco pulsano di vita propria, distanti circa 1.400 chilometri l’una dall’altra. Le due metropoli non vantano neanche uno di quei gemellaggi tra assessori comunali, sanciti dal classico scambio di vistosi gagliardetti. Insomma nulla che faccia pensare ad affinità elettive tra due popoli tanto diversi tra loro. Accade tuttavia, che la terza settimana di ogni aprile mandato dal cielo, già da qualche anno le due città divengano assegnatarie, di due tornei, uno per parte, compresi nel massimo circuito. Un’occasione d’oro per attivare tra le due realtà un sottile fil rouge lungo il quale liberare notizie a ripetizione circa gli eventi in corso nei due appuntamenti. Le più fresche raccontano di un parterre di finalisti che, fatto salvo il ventottenne Sacha Zverev, riassume le età degli altri tre in quella di un esordiente over 60, segno tangibile del cambio generazionale in atto.
E, se a dispetto di un super bagaglio tecnico, in bassa Baviera Ben Shelton non ha creduto un solo attimo a una possibile vittoria su Sacha Zverev , al Royal Club di Barcellona Holger Rune e Carlitos Alcaraz hanno mostrato un arsenale spaventoso unito a qualità caratteriali di prim’ordine. Un tennis coraggioso capace di ribaltare difesa e offesa con una padronanza che mai s’era vista prima. Nel torneo iberico è andata in onda l’immagine di quello che sarà questo sport in un futuro assai prossimo: potente, preciso e temerario al punto da far gridare al miracolo.
Ma indicazioni interessanti arrivano anche dal torneo tedesco. Di Shelton abbiamo già detto. Il resto riguarda l’attempato’ Zverev che alla luce dei 24 titoli in bacheca, sembra ormai maturo per una possibile vittoria in uno Slam. Finora c’è andato vicino e, Sinner permettendo, chissà chissà che quello in corso non sia l’anno buono.