Una frase importante l'ha pronunciata Lorenzo Sonego, miglior tennista torinese di tutti i tempi, che peraltro risiede proprio nel quartiere Santa Rita, a due passi dal Pala Alpitour, candidato a sorpresa per ospitare le ATP Finals nel quinquennio 2021-2025. Intervistato sulle pagine torinesi di Repubblica, ha detto che all'estero sono più note Roma e Milano, ma che “non conosco nessuno che non si sia trovato bene a Torino dopo averla vissuta”. Riservata come i suoi abitanti, Torino è una città stupenda, tutta da scoprire: può essere l'arma in più quando l'ATP e Deloitte saranno chiamate a decidere la nuova sede del Masters di fine anno. Pare che un video, mostrato in una delle riunioni tenutesi mercoledì, abbia colpito gli interlocutori almeno quando “la perfetta esposizione di Chiara Appendino in lingua inglese”, volendo credere alle parole di Diego Nepi Molineris, riportate da “La Stampa”, che sta seguendo con attenzione il sogno Masters della città sabauda. L'articolo di Stefano Semeraro riporta anche le frasi di Sergio Palmieri, uomo-ovunque della FIT. A suo dire, l'ATP ha fatto capire di “fidarsi” della candidatura italiana, forte di due esempi felici come gli Internazionali BNL d'Italia e le Next Gen Finals. “E hanno capito che non siamo soli, perché oltre alla FIT ci sono la Città, la Regione e il Governo”. Limitandosi al fascino della città e all'impiantistica (il Pala Alpitour sembra cucito apposta per una manifestazione come il Masters), Torino avrebbe ottime chance per aggiudicarsi una gara che terminerà il prossimo marzo, durante il torneo di Indian Wells. Rimane il problema economico: c'è grande riserbo sulle altre città candidate, anche perché Torino è l'unica a essersi esposta in misura così importante.
VISITA ATP A INIZIO DICEMBRE
E allora dobbiamo limitarci alle indiscrezioni: si parla di Abu Dhabi, Singapore, Tokyo e – ovviamente – della stessa Londra, che non ha nessuna intenzione di mollare un prodotto che funziona. Ma sono ben quaranta le città che hanno presentato manifestazione di interessamento. Da parte ATP non trapela nulla, la stampa estera non fa nomi. E allora diventa difficile fare previsioni senza conoscere la concorrenza. Meglio limitarsi alle certezze: il progetto “Torino City Lab” è stato presentato mercoledì, con la delegazione italiana guidata dal sindaco Chiara Appendino. Con lei, oltre a Palmieri e Nepi Molineris in rappresentanza di FIT e CONI, c'era anche il direttore del Parco Olimpico Daniele Donati. Se l'esposizione è andata benissimo sul piano emozionale, c'è uno scoglio economico da superare. Torino ha garantito il minimo sindacale, 20 milioni di dollari. Ed è certo che tra le altre città c'è chi è disposto a offrire molti più soldi, magari non potendo contare sulla bellezza della città o sulla comodità logistica torinese. Sarà questo il punto su cui bisognerà lavorare: le istituzioni sportive sono pronte e investire, ma fino a che punto potranno intervenire quelle politiche? È opportuno ricordare che Torino – almeno fino allo scorso anno – era la grande città più indebitata d'Italia. Tale dato è figlio degli enormi investimenti per le Olimpiadi del 2006, ma fa comunque impressione. Le riunioni londinesi, ad ogni modo, hanno portato un ottimo risultato: nella prima settimana di dicembre una delegazione ATP si recherà in città per visitare il Pala Alpitour e la città nel suo complesso. Detto che a metà mese sarà resa nota la famosa “short list” di 3-5 città che si contenderanno il Masters, è un'ottima notizia. Difficile pensare che l'ATP, in appena un mese, riesca a visitare tutte le 40 città che hanno mostrato interesse. Pare evidente che ci sia già stata una prima scrematura. E Torino l'avrebbe superata. Rimangono i dubbi di natura geopolitica, su cui Torino (così come le altre candidate) non può farci niente.
LA GEOPOLITICA DEL TENNIS
Le domande sono principalmente tre:
Che sarà della nuova Coppa Davis? Continuerà davvero a giocarsi nel 2021?
Se sì, si giocherà a Indian Wells come promesso a Larry Ellison? E in che periodo?
Come si saranno evoluti i rapporti tra ITF e ATP?
Se la nuova Davis dovesse superare lo scoglio delle prime due edizioni e continuare a giocarsi a fine anno, quanto converrebbe giocare il Masters in Europa con le Davis Cup Finals in programma subito dopo, a 10.000 km di distanza? Difficile a dirsi. Molto dipenderebbe dai rapporti tra ATP e ITF: fossero pessimi, il sindacato giocatori potrebbe avere interesse – quasi per dispetto – a collocare il Masters il più lontano possibile dalla sede della Davis. In caso contrario, una collaborazione potrebbe portare a una logistica più comoda. Il discorso cadrebbe se la Davis dovesse spostarsi a settembre (come auspica Gerard Piqué) oppure se dovesse esserci un clamoroso ritorno alla formula attuale. Tornando al Masters, i giocatori più influenti del momento, Roger Federer e Novak Djokovic, hanno visioni opposte. Lo svizzero vedrebbe bene la continuità di Londra, a suo dire “una formula vincente”. “SI tratta di una città che conosce il tennis e c'è un grande seguito, inoltre è comodo arrivarci dopo Parigi: quando il Masters era a Houston o Shanghai non era così semplice. Non vedo particolari motivi per cambiare, a meno che non ci sia chi voglia investire fortemente”. Da parte sua, il serbo ritiene che il Masters debba conservare la sua natura itinerante, e sarebbe il momento di farlo dopo 12 edizioni a Londra. “Credo che sia un grande opportunità per promuovere il tennis in tutto il mondo e penso che non si possa tenere un torneo nello stesso posto per più di 3-4 anni: sento che dieci anni siano un po' troppi. Non è un questione di Londra perché è un evento di grande successo, anche per me, quindi dovrei essere l'ultimo ad augurarsi lo spostamento. Allo stesso tempo, tuttavia, penso che si debba cambiare”. Ed è quello che sperano gli organizzatori italiani per quello che sarebbe, come vi abbiamo già detto, l'ultimo lascito della FIT di Angelo Binaghi, la cui presidenza non potrà andare oltre il 2024.