Dopo una brillante carriera junior, il brasiliano Thiago Monteiro pareva aver perso il treno giusto. Non è mai stato nei primi 250 ATP, ma nelle ultime due settimane si è travestito da eroe, battendo Tsonga a Rio De Janeiro e Almagro a San Paolo. Coi consigli di “Guga”.Nicolas Santos, Uladzimir Ignatik, Tsung-Hua Jang, Daniel Berta, Juan-Sebastian Gomez, Oliver Golding. Tutti top-3 da juniores negli ultimi dieci anni, tutti spariti quando è stato il momento di confermarsi fra i grandi, schiacciati dalle pressioni o da un tennis che fra i “pro” non si è rivelato così incisivo. Fino a otto giorni fa, il brasiliano Thiago Monteiro sembrava pronto a entrare nella lista. Numero 2 da under 18 nel 2012, al massimo 254 fra i grandi, l’anno successivo. Poi la classifica è andata sempre più indietro, fino al 561 della scorsa estate. In Brasile già lo etichettavano come il nuovo Nicolas Santos – stellina junior qualche anno prima di lui, poi mai arrivato nemmeno vicino al tennis che conta –, ma hanno ripreso a crederci quando una wild card per “il più importante torneo del Sudamerica”, come da slogan sul sito dell’ATP 500 di Rio De Janeiro, potrebbe aver cambiato per sempre la carriera di Monteiro. Il sorteggio gli ha regalato un primo turno da brivido contro Jo-Wilfried Tsonga, lui ha fatto tremare il Brasile sbattendolo a casa in tre set, 6-3 3-6 6-4, e regalandosi un successo dal valore immenso. Basta rivedere il match-point vincente per capire la chiave del successo: il coraggio. Il 21enne di Fortaleza ha sparato una gran prima, si è aperto il campo col rovescio incrociato e poi si è sdraiato a terra, quando il passante di dritto del francese è morto sul nastro. Qualche sito generalista ha addirittura definito la vittoria una delle più importanti nella storia del tennis carioca, dimenticando un certo Kuerten che ha vinto tre Roland Garros (e tanto altro), ma resta il fatto che un brasiliano non batteva un top-10 da quasi quattro anni, e nessuno avrebbe puntato un euro su di lui.
 
L’AIUTO DI KUERTEN E LARRI PASSOS
Il segreto? Alla prima apparizione in carriera in un torneo maggiore, e per di più contro un top-10, molti sarebbero scesi in campo per fare bella figura, con la bocca piena dei quasi 10.000 dollari garantiti al primo turno. Lui, invece, l’ha fatto per vincere, fregandosene delle oltre 300 posizioni di differenza. Si è ricordato dei consigli di Kuerten, che gli ha dato una mano quando da Fortaleza si è trasferito a Santa Caterina per allenarsi all’accademia di Larri Passos (proprio dall’ex mentore di “Guga”), aiutandolo a trovare qualche sponsor per finanziarsi l’attività e consigliandolo nella programmazione. “È stata una figura importantissima, mi ha trasmesso fiducia e tranquillità”, ha detto Thiago nella prima conferenza stampa della sua vita, col cellulare che esplodeva di complimenti e dopo che fra i vialetti del Jockey Club Brasileiro aveva firmato più autografi e concesso più selfie che in tutta la sua vita. Proprio lui che fino a qualche ora prima non veniva riconosciuto da nessuno. “Ci ho creduto sin dall’inizio, provando a non lasciargli comandare il gioco, la cosa che sa fare meglio”. Già, ma la testa non basta. Ci vogliono anche i colpi e lui ha mostrato un bagaglio interessante, con un diritto mancino applaudito anche dallo stesso Tsonga. “La vittoria mi ha fatto credere ancora di più nel mio gioco, ma so che la strada per arrivare fra i primi 100 è ancora lunghissima. Non voglio mettermi inutili aspettative. Quello che conta è continuare a lavorare per raccogliere altri risultati come questo”. Non poteva immaginare che avrebbe fatto qualcosa di simile appena sette giorni più tardi: dopo aver lottato con Pablo Cuevas, poi vincitore del torneo, si è spostato a San Paolo e ieri ha sfoderato un’altra impresa, battendo 6-3 7-5 Nicolas Almagro.
 
ADDIO FUTURES IN GEORGIA
Lo spagnolo non è Tsonga, ma fra i 10 c’è stato e sulla terra è un autentico cagnaccio, specialmente nel ‘suo’ torneo paulista, vinto tre volte fra 2008 e 2012, quando Monteiro ancora sgomitava fra gli juniores. Quella gloria è passata, ma ora ne è arrivata un’altra, da provare a mantenere con la speranza che la sorte non gli metta di nuovo i bastoni fra le ruote. È già successo la scorsa estate, quando dopo due deludenti Futures in Georgia si è presentato in Slovacchia, per le qualificazioni del Challenger di Poprad-Tatry, ed è stato costretto al ritiro nel corso di una furibonda lotta di quasi tre ore contro il ceco Robin Stanek, 725 del mondo. È salito 9-8 nel tie-break del terzo set, ma proprio sul match-point ha subito una grave distorsione al ginocchio sinistro. Il responso della risonanza non gli ha sorriso: rottura totale del legamento crociato anteriore, che significa operazione. Ma Monteiro ha la testa dura, invece che seguire il consiglio dei medici ha fatto di testa sua. “Il mio fisioterapista sosteneva che la rottura non fosse completa, perché il ginocchio non era così instabile. Aveva ragione: abbiamo fatto un grande lavoro ed è migliorato gradualmente. Dopo tre mesi e mezzo sono tornato”. Giusto in tempo per ottenere qualche buon risultato nei Challenger sudamericani di fine anno, iniziare bene la nuova stagione e guadagnarsi la wild card della (possibile) svolta. Dopotutto, il tennis c'è, due match così non si vincono per caso. Munoz-De La Nava è avvisato. Talvolta per fare il salto di qualità può bastare poco, come la consapevolezza di poter vincere anche a certi livelli. Fino a otto giorni fa non lo immaginava nemmeno, ora dovrebbe averlo capito. E i Futures in Georgia sembrano già un brutto ricordo.