Lo scorso febbraio, Wilson ha lanciato la collezione Clash, telai che hanno caratteristiche totalmente innovative. Abbiamo ascoltato l’équipe di ingegneri che hanno studiato ogni minimo dettaglio, partendo da una ricerca di mercato, 600 progetti, 22 prototipi…Ever tried. Ever failed. No Matter. Try again. Fail again. La frase del poeta e scrittore irlandese Samuel Beckett dovrebbe campeggiare all’ingresso del Wilson Lab, 3.700 metri quadri dove trovano spazio una dozzina di ingegneri che tra rotoli di carbonio, tavoli da disegno, stampanti 3D e marchingegni vari, hanno studiato quella che non hanno avuto timore a definire una vera e propria rivoluzione nel settore delle racchette e che ha preso il nome di Clash. Perché per creare questa nuova collezione si è dovuto sbagliare tanto, come ha spiegato Bill Severa, Global Advanced Innovation Director di Wilson: «Il mio lavoro è di fallire cento volte all’anno, ma se anche solo un’idea diventa vincente, per me è sufficiente. Se il test di un prototipo fallisce, lo realizziamo in altra maniera. Le idee sono la base del lavoro, ma poi devono funzionare». La sede Wilson di Chicago si è trasferita a downtown, a due passi dal Cloud Gate, che i locals chiamano The Bean, il fagiolo. Siamo nel bel mezzo del Millenium Park, una delle zone più vibranti della città, un ambiente ideale dove progettare qualcosa di così innovativo: «È una racchetta diversa da qualsiasi altra mai prodotta, in cui ci si è spinti al limite per migliorare feeling e controllo, che sono le qualità più richieste dagli appassionati. Abbiamo creato attrezzi molto giocabili grazie a un perfetto equilibrio tra flessibilità, stabilità, potenza e comfort», da cui il nome Clash (incontro/scontro).
L’approccio è stato ben diverso rispetto a quello tradizionale, un dettaglio significativo per un brand nato nel 1914 e da sempre leader nel suo settore: «Progettare nuove soluzione è stimolante – dice Tim McKeown, Senior Global Director of Innovation and Design – ma abbiamo dovuto tradurre un pensiero di design in qualcosa di pratico, sfruttando le competenze di tutti gli ingegneri coinvolti. Ci siamo lasciati il passato alle spalle e guardato al presente con occhi diversi». Il primo passo è stato attuare una ricerca di mercato tra i potenziali utenti, sfidando ciò in cui si era fermamente convinti: «Ci siamo immersi nel mondo dei giocatori, di coloro che quotidianamente scendono in campo e utilizzano i prodotti, per capire quali fossero i loro problemi, le loro necessità, le loro esigenze» continua McKeown. Oltre duecento ore di interviste hanno portato a una conclusione: «Controllo. Il desiderio maggiore era disporre di un telaio che offrisse soprattutto controllo – dice Ron Rocchi, Advanced Innovation Manager, Player Insight & Tour –. Probabilmente non è la risposta più sexy ma il risultato è stato chiaro. Ciò non significa che la potenza non sia un fattore importante, ma il controllo lo era ancora di più».Forti di questi dati, è cominciata la seconda fase, convertire gli spazi in una concept room, una stanza dove studiare come raggiungere l’obiettivo. Gli ingegneri Wilson sono partiti con oltre 600 idee, diventate presto 206, quelle che sembravano realizzabili, a partire da come aumentare il dwell time, quei millisecondi in cui la palla resta a contatto con le corde. Da 206, si è passati a una cinquantina, dal design del telaio al più piccolo dettaglio tecnologico. Ulteriori tagli hanno ristretto il numero a 12 concetti, quindi ai sei che sono stati effettivamente utilizzati per i primi prototipi. A quel punto, il laboratorio ha preso vita. Sotto la direzione di Bill Severa e di Bob Kapheim, l’Innovation Manager che ha supervisionato il lavoro quotidiano, i pensieri sono diventati realtà. I sistemi CAD hanno permesso di creare dei progetti, le stampanti 3D di renderli pratici, in modo da capire se le idee di partenza potevano trovare applicazione, a partire dalla mappatura delle fibre di carbonio che nella Clash sfruttano strutture poco convenzionali per ottenere una grande flessibilità e un maggior dwell time, senza perdere in potenza e precisione. Anzi.
Dai progetti si è dunque passati ai prototipi, con un processo che è ancora molto manuale (già, non pensiate che la produzione di racchette sia affidata a chissà quale struttura robotica: tutt’altro). Immaginate quindi una stanza sotto controllo termico e riempita di fogli di carbonio, poi assemblati con un layup del tutto innovativo: «Potevamo testare ogni prototipo in tempi rapidissimi – ricorda Kapheim -, una manna per noi ingegneri. Abbiamo lavorato con materiali straordinari che provengono dall’industria aerospaziale, con la differenza che se qualcosa andava storto, non moriva nessuno!». Dei sei concetti rimasti in corsa, tre sono passati allo step successivo: «È stato un processo molto affascinante quello di unire performance e design» dice Hudson Vantrease, Designer of Racket Technology. Il tutto mixando l’expertise di un tester in Europa, un ingegnere a Chicago e magari un top 5 del ranking ATP impegnato in chissà quale torneo: «È stato un approccio più olistico – dice Rocchi -, qualcosa di nuovo che però è cresciuto in maniera naturale. È così che dovrebbe essere». Nel laboratorio è stato installato un campo da tennis dotato di ogni sistema tecnologico per tracciare la velocità della palla, la rotazione e la direzione. Macchine studiate appositamente per questo scopo hanno testato la performance della racchetta con obiettivi predefiniti, per verificare che quanto promesso dagli studi, trovasse soddisfazione nel gioco. Una volta convinti, si è brevettato tutto quanto è stato possibile, senza far trapelare niente per non offrire ai concorrenti alcun vantaggio. Jason Collins, Head of Product for Racket Sports and Hard Goods, si è preoccupata che nessuna notizia potesse filtrare dal Wilson Lab all’esterno: «I primi modelli che abbiamo consegnato avevano una grafica molto particolare, anche per staccarci dai soliti telai all-black. È stato divertente creare questo nuovo prodotto e spiegarlo alle persone».Col lavoro degli ingegneri avvolto nel mistero, l’ufficio marketing ha creato una campagna durata diversi mesi, creando un’aspettativa altissima: «L’unicità del prodotto è stata accolta molto bene dai consumatori – ha continuato la Collins -. Non potevo certo aspettarmi che il 99% dei tester avesse la stessa reazione di sorpresa una volta provata la racchetta!«. Fra questi anche Grigor Dimitrov, uno dei primi top player a testarla: «Si riesce a mordere la palla che esce come catapultata fuori dalla racchetta. Si riesce a imprimere tanta rotazione e a trovare profondità con grande naturalezza».
Per realizzare la nuova Clash, gli ingegneri hanno utilizzato la tecnologia di capture motion con la quale si catturano nel dettaglio le immagini della racchetta in movimento per verificare lo swing e analizzare l’angolo di impatto con la palla, che sta cambiando negli anni proprio grazie ai nuovi telai e a tecniche esecutive più moderne, con impugnature che si discostano da quelle tipicamente usate negli anni 90. In particolare, l’angolo di movimento della racchetta all’impatto risulta più verticale, al punto da far pensare agli ingegneri di cambiare il design del telaio per renderlo più efficace. I tecnici hanno teorizzato tutto questo in modo da capire come trattenere più a lungo la palla sulle corde e controllare l’attimo del rilascio. Proprio questo aspetto teorico è stato alla base dello studio della nuova collezione Clash. Sono state utilizzate due tecnologie: FreeFlex, un sistema di mappatura che permette di unire le fibre di carbonio con angoli non tradizionali lungo tutto il telaio in modo da ottenere una maggior flessibilità sia verticale sia orizzontale che permette alla racchetta di flettersi a seconda dello swing del giocatore, e lo Stable Smart, una nuova geometria del telaio che consente di avere maggior stabilità e potenza pur su un telaio così flessibile. L’effetto combinato di queste due tecnologie permette di controllare la direzione del colpo e la sua profondità, migliorando la fiducia quando si deve colpire forte. Tuttavia, qualsiasi concetto resta una teoria fino quando non viene realizzato un prototipo da testare. «La prova sul campo resta la più importante, assolutamente essenziale nello studio di nuove soluzioni – dicono gli ingegneri Wilson -. Abbiamo creato il primo prototipo della Clash nella seconda metà del 2015 e da allora ne abbiamo testati 22 diversi, con oltre mille tester coinvolti in tutto il mondo. È stato un processo lungo e complicato ma che ci ha permesso di definire tutti gli aspetti della racchetta e renderli performanti». Un dettaglio importante è la forma della gola della racchetta che fa parte della tecnologia StableSmart: «Volevamo una racchetta che fosse flessibile ma anche molto stabile all’impatto. Per quest’ultimo aspetto, dovevamo studiare un design specifico: ne abbiamo provati tanti con simulazioni al computer per trovare la geometria ideale perché ottenere stabilità e, al contempo, permettere al telaio di flettere enormemente, non è semplice».Resta de definire il target ideale di utenza. Per adesso la stanno usando pochi giocatori professionisti (Anastasia Potapova, Nicole Gibbs, Sebastian Korda, 18 anni, giovane promessa americana, figlio di Petr, vincitore dell’Australian Open 1998: in queste ultime settimane ha raggiunto risultati interessanti, chissà che anche il nuovo telaio abbia i suoi meriti) ma un quadro più preciso ci sarà all’inizio della prossima stagione, quando la pausa invernale consentirà test più approfonditi. Tuttavia, anche le prime analisi con i negozi specializzati indica un target non eccessivamente agonistico: ad apprezzarla è il giocatore di club, ancor prima del giovane agonista, anche se per tutti la prima reazione è la stessa: «Mai provata una racchetta del genere; offre sensazioni diverse da tutte le altre». Ciò non significa essenzialmente migliori, ma certamente non sono telai che passano inosservati. La sensazione di grande flessibilità a ritmi non elevati è la caratteristica che piace maggiormente perché si avverte questo effetto-catapulta che permette di trovare profondità senza dover pestare troppo forte e con ottimo comfort e sensibilità all’impatto. I tecnici Wilson sono convinti che i ragazzi della Next Gen, più avvezzi anche mentalmente alle novità tecnologiche, apprezzeranno molto questi telai, soprattutto quando la gamma verrà allargata con altri modelli, già entro la fine di questa stagione (attualmente sono disponibili la Clash 100 e la 100 Tour che si differenzia per l’extra grafite aggiunta in punti strategici in modo da aumentarne il peso da 295 a 310 grammi). Un ruolo particolarmente importante lo recita il set-up con le corde. La scelta ideale dovrebbe ricadere sulla nuova Luxilon Smart (i due brand condividono la proprietà): «È la prima corda che cambia caratteristiche a seconda dello swing e della forza d’impatto per offrire maggior sensibilità e flessibilità nei colpi di tocco e più rigidità in quelli di potenza- spiegano i tecnici -. Si comporta come un poliestere ma con il comfort di un multifilamento e si adatta perfettamente alle caratteristiche tecniche della Clash, oltre ad assecondare la tendenza dei giocatori nell’utilizzare tensioni molto più basse rispetto a un tempo (tanto che Luxilon suggerisce di incordare la Smart tra i 16 e 20 chilogrammi, quando fino a pochi anni fa anche tanti giocatori di club non scendevano sotto i 24-25 chilogrammi).
In attesa di valutare i prossimi telai della collezione Clash, val la pena domandarsi quali potrebbero essere le novità che ci aspettano nel prossimo futuro. In passato, quasi tutti i tentativi più arditi hanno fallito ma la tecnologia avanza a passo spedito. Per dire, una tesi di laurea basata proprio sul design delle racchette, ha coinvolto un’azienda italiana specializzata in modelli 3D che ha tra i suoi clienti la Ferrari, tanto per contestualizzare immediatamente la qualità dei suoi laboratori. Ebbene, non è utopistico pensare che fra qualche anno si potranno creare racchette direttamente dalle stampanti 3D di nuova generazione e con specifiche sostanzialmente personali, dove ogni piccolo dettaglio e inserto può essere studiato in base ai desideri del giocatore. Tuttavia, non si tratta di un mercato così ricco da stimolare investimenti significativi in ricerca e sviluppo, quindi perché innovazioni sostanziali trovino applicazione nel concreto, serviranno (probabilmente) ancora tanti anni. Anche perché le rigide regole della Federazione Internazionale, sono un freno notevole alla fantasia dei designer, come confermano gli ingegneri Wilson: «Nel corso degli ultimi 50 anni la produzione delle racchette da tennis è migliorata notevolmente, ma la forma dell’attrezzo è rimasta praticamente inalterata anche perché gli spazi di manovra sono limitati. Quindi, difficilmente ci saranno delle grandi novità sotto questo punto di vista, mentre si continuerà a lavorare su nuovi materiali per rendere i telai sempre più performanti». Nella speranza che un giorno non si sostituiscano al braccio.
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