Ce la mette Nadal, che perde con Verdasco (dopo essere stato avanti 5-2 al terzo) e tuona: “O cambiano superficie o non vengo più”. Sapranno fare a meno di lui?
Verdasco bacia la terra blu di Madrid. Forse è l'unico ad amarla
Di Riccardo Bisti – 11 maggio 2012
Non accadeva da 9 anni che Rafael Nadal perdesse al terzo turno di un Masters 1000 su terra. Era successo due volte, nel 2003, a Monte Carlo e ad Amburgo. Da allora, in 20 partecipazioni, aveva raccolto 15 vittorie, 4 finali e una sola sconfitta al secondo turno. Erano gli Internazionali d’Italia del 2008, quando si arrese alle vesciche sotto ai piedi piuttosto che a Juan Carlos Ferrero. Dati che rendono l’idea della portata della sconfitta contro Fernando Verdasco, la prima in 14 scontri diretti. Risultato clamoroso, maturato contro un giocatore che non era riuscito a batterlo nemmeno quando era in stato di grazia. E’ finita 6-3 3-6 7-5 in poco più di tre ore di gioco. Dopo le dichiarazioni post-partita di Nadal, furenti, sorge spontanea una domanda. Siamo sicuri che questa sconfitta sia assimilabile alle altre sulla terra battuta? Nadal ha tuonato: “Se si continua a giocare sulla terra blu non tornerò più a Madrid”. Frase pesantissima, pronunciata dal giocatore che più di tutti muove marketing, denaro, biglietti…frase che farà riflettere gli organizzatori e che dà una vigorosa spallata al decisionismo di Ion Tiriac, che fino ad oggi è andato dritto per la sua strada. Nadal era indemoniato: “Sono arrivato a Madrid con grande anticipo, ancor di più che per gli altri tornei, ma non è stato sufficiente per adattarmi. Si gioca un tennis molto diverso da quello di questo periodo. Vado via con il fianco affaticato. Le cose sono due: o le cose cambiano o non vengo più. Non è un ricatto. Per me è una disgrazia. Vado a Roma senza fiducia dopo aver lavorato al contrario”.
Nadal non è il tipo che cerca scuse. Si era espresso negativamente sulla terra blu in tempi non sospetti. Si muoveva come se avesse bicchieri di cristallo sotto i piedi, un po’ come Federer contro Raonic. Non ce l’aspettavamo, perché aveva giocato molto bene contro Davydenko. E poi contro Verdasco non aveva quasi mai avuto problemi. Tutti ricordano l’eterna semifinale all’Australian Open 2009, ma la rivalità era fatta soprattutto di match a senso unico, tra cui l’umiliante 6-0 6-1 nella finale di Monte Carlo 2010. Però Verdasco ha meritato di vincere, anche perché ha saputo approfittare dei problemi di Nadal. Il maiorchino ha commesso 38 errori gratuiti, un’enormità per uno come lui. Ma soprattutto non ha sfruttato un vantaggio di due break nel terzo set. Non gli succede praticamente mai. Dopo aver perso il primo set, Rafa ha rimesso un po’ di ordine nel suo tennis e sembrava poter chiudere addirittura con agio. 6-3 nel secondo, 4-1 e servizio nel terzo. Poi è cambiato qualcosa. Giocando in scioltezza, Verdasco gli ha ripreso un break ma Nadal era ugualmente salito 5-2. A quel punto è entrato in un tunnel che lo ha accompagnato fino alla sconfitta. Sul 15-15 dell’ottavo game ha scaraventato uno smash in rete e poi ha ripreso a commettere errori di dritto. Mostrando una notevole solidità mentale (insolita per uno come lui), Verdasco è rimasto concentrato e si è arrampicato sul 5-5. Dopo aver tenuto il servizio, ha spento gli ultimi sussulti d’orgoglio di Nadal, sigillando il match con un dritto vincente nonostante due ace di Rafa, di cui uno su un matchpoint.
Verdasco si è sdraiato sulla terra blu ed era sulle nuvole anche in sala stampa. “Dopo aver perso così tante volte contro il miglior terraiolo di sempre, penso che batterlo sia il massimo. Non ho parole”. Parole che invece non mancano a Nadal, mai visto così arrabbiato. “L’ATP e il torneo hanno potuto fare quello che volevano. Io ho provato ad adattarmi nel migliore dei modi, ma non è bastato. Se le cose andranno avanti così, dall’anno prossimo ci sarà un torneo in meno nel mio calendario. O cambiano oppure anche io mi sentirò in diritto di fare quello che mi pare. Ma adesso non è il momento di parlarne. Bisogna fare i complimenti a Verdasco. E’ stato più bravo di me, e per questo ho perso”. Lo stesso Nadal fatica a inserire questa partita nella lista delle sconfitte sulla terra battuta. “Penso soltanto di aver perso, ed è successo contro un giocatore con cui avevo vinto 13 volte di fila”. Secondo Nadal, il problema della terra blu – oltre alla scivolosità – è la mancanza di appoggi. “Quando servi cadi in avanti. Eppure io ho degli appoggi molto buoni. Nel tennis tutto è stabilito dagli appoggi, dal controllo, dalla mobilità, dalla capacità di sbagliare poco. Qui scompare tutto. Sulla terra rossa è semplice: vince chi sbaglia meno. Qui invece può vincere chiunque. Di sicuro io non sono stato sufficientemente bravo da adattarmi”. L’ultima affermazione profuma di ironia. E allora il torneo si apre a scenari inediti, favorevoli a Roger Federer. Lo svizzero, che dopo la vittoria su Raonic si è fatto scappare la frase “Se giocherò a Roma”, mettendo in ansia i suoi tifosi italiani, ha superato senza problemi Richard Gasquet, battuto 6-3 6-2 in meno di un’ora. Che Raonic fosse un avversario particolare era risaputo, ma il modo in cui lo svizzero si è sbarazzato di Gasquet ne alza le quotazioni, anche perché nei quarti se la vedrà con David Ferrer, battuto 12 volte su 12 scontri diretti (perdendo appena tre set). “Ferru” va tenuto d’occhio, ma la sensazione è che il suo tennis non faccia male a quello di Federer. A meno che non voglia imitare Verdasco…
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