L’isteria dei giocatori e gli errori dei giudici di sedia: Shanghai diventa un caso
foto Ray Giubilo
La fine degli arbitri è vicina? Ridimensionati se non cancellati dall’arrivo dei sistemi elettronici, ridotti da giudici supremi a semplici contabili, ora anche attaccati ferocemente dai giocatori, gli uomini sul seggiolone rischiano una caduta verticale. L’errore di Carlos Bernardes, che peraltro alla pensione ormai è vicino, le scenate dai toni isterici di Tiafoe e Zverev, i raptus di Rublev, le contumelie via web di Kyrgios, persino le litigate di quel bravo figlio di Alcaraz sono tutti sintomi di un mutamento non solo tecnologico, ma antropologico della figura dell’arbitro. Che tira verso l’estinzione.
Capita un po’ in tutti gli sport, direttamente proporzionale con la velocità e l’esposizione mediatica, basta pensare al Var (nel calcio, o al Tmo nel rugby) che crocifigge le decisioni delle ex giacchette nere pur non fornendo spesso certezze assolute. Giudicare un fuorigioco di qualche millimetro o palle che schizzano via regolarmente ai 200 all’ora è diventato un compito quasi proibitivo per gli esseri umani. Una volta gli errori spesso non venivano percepiti, o comunque non c’era modo di verificarli. Oggi tutto è potenzialmente sotto gli occhi di tutti, in qualsiasi momento, in diretta o nella eterna, ossessiva differita dei social. Mutilati del loro diritto/dovere di decidere nel merito del gioco, a volte i giudici di sedia del tennis danno l’idea di essersi come adagiati in un impegno ancillare. “Ormai servono solo per chiamare il punteggio”, sostengono in molti, ma la “distrazione” di Bernardes, insieme a Lahyani il più famoso e autorevole “golden badge” degli ultimi decenni, va oltre l’errore casuale, e forse dà forma a un disagio. In un futuro forse nemmeno lontanissimo non ci sarà più bisogno di loro nemmeno con queste mansioni ridotte, voci e occhi elettronici governeranno del tutto il gioco, ma non so dire se sarà un bene o un male.
Di certo non bene, e neppure bello vedere i tennisti inveire platealmente, scatenarsi come bambini capricciosi, al di là del fatto che abbiano torto o ragione. Del resto la nostra è una società che tende complessivamente ad una adolescenza dei sentimenti e dei comportamenti, sappiamo sempre meno discutere pacatamente, ascoltare, dialogare, quando è il caso soprassedere e passare avanti; pretendiamo che il nostro punto di vista sia quello assoluto, non accettiamo contraddittorio. I tennisti sono la parte fondamentale dello show tennistico, ma se una volta il nostro era lo sport del fair-play, della correttezza, ora minaccia di diventare un asilo per miliardari. I ribelli e i contestatori poi fanno simpatia a tutti, per carità, ricordo però una bellissima pubblicità di una ditta di abbigliamento di qualche anno fa: una foto del Manchester United con il volto di Eric Cantona cerchiato da un tondino: “Il sogno di ogni allenatore”; poi la stessa foto ma con il volto di Cantona replicato per undici, e la didascalia: “L’incubo di ogni allenatore”.
Potrebbero rifletterci anche i giocatori. Prima che arrivino i robot a sostituire anche loro.