Se è vero che non è mai troppo tardi per costruirsi una infanzia felice, è altrettanto vero che c’è sempre la tendenza a celebrare i giovani spesso proprio solo in quanto giovani. Sarà perché ci si rivede in quello che non si è stati, sarà perché è più bello guardare in prospettiva al futuro. Ma così facendo capita di perdersi il qui e ora. E di commettere errori. Guardiamo quello che sta succedendo in Italia, tutti sono diventati esperti di tennis, sui social, che hanno sostituito i bar con l’aggravante che non ci si parla direttamente faccia a faccia – se ricordo quante discussioni al bar Cornali di Codogno con i massimi conoscitori di sport da Gazzetta – ma ci si rivolge all’universo mondo, impazza il toto trionfi italiani e c’è gente che la spiega persino a Bertolucci.
Ebbene, la stragrande maggioranza è per Jannik Sinner, c’è entusiasmo anche per Lorenzo Musetti e via con le previsioni, il rosso è già pronto per vincere uno Slam, il carrarino sarà tra i primi trenta già quest’anno, l’altoatesino sicuramente andrà alle Finals di Torino e alè così. C’è però un signore, giovine pure lui, 25 anni, che continua a rimanere davanti a tutti quanti, numero 10 al mondo, e che si filano in pochi: Matteo Berrettini. Ecco, quella che segue è un’ode a Matteo. E, badate bene, non perché non sia trascinante vedere Sinner e Musetti e parlarne e scriverne. Ma perché è giusto, almeno ogni tanto, rimettere le cose a posto, i puntini sulle i si diceva un tempo quando si scrivevano le parole per intero e non si usava il linguaggio da giovani digitali.
FANTASTICO A FLUSHING
Ode a Matteo, dunque. Perché è stato il primo italiano a conquistare una semi- finale dello Slam a Flushing Meadows, il torneo più difficile del mondo. Ero lì, giorno per giorno, è cresciuto partita dopo partita, trascinato dalla fiducia, dai suoi colpi, da uno staff perfetto in appoggio, con l’aggiunta di Giovanni Bartocci, il ristoratore con tatuaggi e barba hipster a tifare e ospitare nel suo Via della Pace. Un primo turno insidioso con Gasquet, un secondo difficile sul GreenSet con Thompson, la certezza acquisita con Popyrin, la bravura con Rublev, il capolavoro con Monfils nei quarti, una battaglia vinta al tie break del quinto. E la semifinale con Nadal. Settembre 2019, due mesi dopo primo italiano nella storia a vincere una partita al Masters e chiusura di stagione tra i top ten. Nessuno mai aveva infilato una tripletta così significativa di risultati.
Ode a Matteo. Perché è un lavoratore, perché è un giovane serio, che non è un ossimoro ma un completamento, nel sen- so che ha il bello della gioventù e l’altrettanto bello della maturità. È grazie a questo che ha saputo migliorarsi anno dopo anno arrivando a costruirsi un gioco con una identità precisa, con un servizio che nessun italiano di vertice aveva mai avu- to e un dritto a doppiare, un uno due che soprattutto sul GreenSet può mettere ko chiunque come faceva Tyson sul ring. Perché ha aggiunto il rovescio in back, il tocco per le smorzate, qualche discesa a rete dove può crescere ancora.
Ode a Matteo. Perché si è sempre rialzato dagli infortuni, che sono già stati parecchi per la sua età e perché lo hanno condizionato negli anni ancora prima dell’esplosione, le caviglie, soprattutto. Perché dopo il problema agli addominali che lo ha costretto alla resa agli Australian Open è andato a prendersi un torneo sulla terra, oltre 70 giorni dopo, a Belgrado. Perché si è rialzato anche dopo le pesanti sconfitte, dopo la lezione in mondovisione sul centrale di Wimbledon con Federer è andato a prendersi la semifinale agli Us Open e questo dice tutto.
UN COACH CAPACE
Ode a Matteo. Perché ha un coach bravo, preparato e con una visione, Vincenzo Santopadre. Perché ha una famiglia che lo ha cresciuto con una educazione rara nel mondo dello sport e che lo segue con una discrezione ugualmente rara. Perché ha una fidanzata collega meravigliosa nella sua eleganza e insieme stanno mantenendo una riservatezza nella relazione, anche questo raro nel mondo d’oggi quando si è celebri.
Infine Ode a Matteo perché mettendo insieme tutto questo ha dato uno scossone profondo a tutto il mondo tennistico italiano, per risultati e per stile. Ha abbattuto il muro dei successi senza sceneggiate, dichiarazioni roboanti, polemiche. Celebriamolo, teniamocelo stretto. Certi che ci darà nuove, grandi soddisfazioni.