In conferenza stampa, l’australiano ha parlato del ritiro di Nadal e delle sue sensazioni a pochi giorni dall’esordio in una finale Slam

Nick Kyrgios giocherà domenica la sua prima finale in un torneo del Grande Slam. Lo farà a Wimbledon, nel suo torneo preferito, sulla sua superficie preferita. L’australiano ha passato il turno senza giocare, dopo l’annuncio, arrivato nel pomeriggio di giovedì, del ritiro di Rafael Nadal. In conferenza stampa, l’attuale numero 40 del mondo ha spiegato proprio le sue sensazioni al momento della notizia: “Dispiace arrivare in finale così. Come uno che ama la competizione, volevo davvero giocare la partita. Rafa è un giocatore con cui ho avuto tante belle battaglie. Spero guarisca presto e di rivederlo sul circuito. Ho appreso la notizia del suo ritiro ieri sera a cena. La mia prima sensazione è stato qualcosa di simile a una delusione. Tutte le mie energie erano già su come affrontare la partita, su che tipo di sensazioni avrei provato e cose del genere. Ovviamente per lui non dev’essere stata una scelta facile. Non aveva praticamente perso una partita quest’anno“.

Sui tre giorni di riposo, Kyrgios ha sottolineato: “Improvvisamente mi ritrovo con 3 giorni liberi, due giorni e mezzo… Sicuramente dovrò provare a fare un allenamento un po’ più intenso, a simulare un po’ di partita. Quindi sì, da un certo punto di vista non poter giocare la semifinale cambia un po’ le cose: arrivare in finale in questo modo leva un po’ di adrenalina. Cerco di vedere il positivo: posso riposare“.

Stanotte ho dormito malissimo. Avrò dormito un’ora in tutto per via di quel che è successo e per l’eccitazione. Ho avuto un po’ d’ansia. Sono abbastanza nervoso, cosa che non sono mai di solito. Ci sono tante persone che vogliono che io faccia bene. Speriamo di dormire un po’ meglio d’ora in avanti” – ha poi confessato l’australiano.

Sul cambio di atteggiamento: “Penso che mi abbia aiutato molto il titolo in doppio in Australia. Giochi una partita. Ti riposi. Ti alleni. E rigiochi. E via così. Ho capito che non puoi andare in giro troppo. Stai a casa, ti rilassi, cerchi di staccare un po’. Penso di aver capito questo approccio già a Melbourne. Ecco, prima nella mia carriera non capivo che i giorni di riposo tra una partita e l’altra sono cruciali“.

Sul rapporto con Djokovic: “Tutti sanno che per un bel periodo non è che ci fossimo molto simpatici, diciamo così. Ma era anche una cosa buona per questo sport perché ogni volta che giocavamo c’era tanta attesa per vedere cosa sarebbe successo. Era interessante per voi media, per la gente che guardava. Quel che è successo è che penso di essere stato l’unico giocatore a prendere le sue difese chiaramente per quello successo in Australia. E penso che sia lì che ci siamo guadagnati il rispetto. Più che sul campo proprio una questione di quanto hai un momento di crisi nella tua vita e qualcuno ti viene in aiuto. Adesso ci scambiamo DM su Instagram e cose di questo tipo. È strano. A inizio settimana mi ha detto: spero di vederti domenica in finale“.

Amore e odio con il tennis: “Non lo so. Ci sono delle volte in cui odio questo sport, delle altre in cui penso di essere uno dei giocatori più competitivi che si siano mai visti. Più che il tennis mi piace proprio competere, che sia con il mio Nintendo o quando gioco a basket. Una cosa è certa: che vinca o che perda domenica sarò contento. Non pensavo che a 27 anni sarei riuscito ad arrivare qui. Pensavo che fosse ormai un po’ andato a questo punto della carriera. Ora però ho la mia chance“.

Infine, ha spiegato quel post su Instagram con la sua foto da bambino: “Ero un bambino affamato. Guardate la foto. Guardate chi ero. A Canberra, su dei campi orribili. Guardate dove sono arrivato, alla finale di Wimbledon. Spero possa essere d’ispirazione per ogni bambino là fuori che è fuori dal giro giusto o che riceve commenti negativi. Spero che significhi che è possibile. Non smettete di crederci. Dovete credere in voi stessi. A un certo punto della mia carriera anche chi mi stava vicino aveva smesso di crederci, di credere che sarei potuto arrivare qui. Ma io mai. Io non ho mai smesso di farlo. Penso che sia un messaggio forte per ogni bambino che sta là fuori e non crede molto in se stesso.