A separare Matteo Berrettini dalla una storia finale a Wimbledon c’è il polacco Hubert Hurkacz, rivelazione di un 2021 che l’ha visto vincere il Masters 1000 di Miami. La dieta vegana e l’aiuto di coach Craig Boynton l’hanno spinto alle porte della top-10, con un tennis poco appariscente ma molto concreto, e ora sogna la finale
Voleva essere Federer, l’ha battuto sul Centre Court
“Hai mai fatto qualcosa di cattivo nella tua vita?”
“Certo”.
“Per esempio?”
“Non mi viene in mente”.
Le due domande che hanno chiuso la conferenza stampa di Hubert Hurkacz dopo il successo contro Daniil Medvedev fotografano alla perfezione l’essenza del tennista polacco. Un anti personaggio fiero della sua etichetta di bravo ragazzo, che sogna un posto in finale a Wimbledon e si traveste da cattivo solo quando c’è di mezzo la bandiera tricolore. A marzo era stato lui a scippare a Jannik Sinner il titolo del Masters 1000 di Miami, in una finale carica di attese, mentre venerdì sul Centre Court di Wimbledon proverà a negare all’Italia anche una finale Slam, che nel maschile ci manca da 45 anni. All’epoca in campo c’era Adriano Panatta, che vinse a Parigi nel magico (e irripetibile?) 1976, mentre ora c’è Matteo Berrettini, che di semifinale Slam ne ha già giocata una due anni fa a New York. Perse in tre set da Nadal, ma il suo l’aveva fatto anche troppo bene. Stavolta invece è un’altra storia: Matteo è più maturo, più forte, più consapevole. Ha capito quanto vale, sa cosa può ottenere di conseguenza e non ha paura a dirlo ai microfoni. Anche perché, esattamente come era favorito nei cinque match già vinti a Church Road, il romano lo sarà anche nel sesto, contro il 24enne di Varsavia che sognava di essere Federer, e proprio a quel Federer ha fatto un brutto scherzo giocando la partita perfetta “in trasferta”, per spedirlo a casa nei quarti. Roger ha le sue colpe, ma in ottica semifinale pesano solo i meriti di “Hubi”, autentica rivelazione del 2021.
A inizio stagione il polacco era numero 35 del ranking Atp, mentre al termine dei Championships sarà almeno 11. O top-10 caso di finale, sempre che a Shapovalov non riesca il miracolo contro Djokovic. Una scalata impetuosa, persino inattesa, ma concreta e meritata. È frutto di un tennis che davanti alla forma mette la sostanza, come gli ripete sempre coach Craig Boynton, i cui ultimi due allievi (dopo un passato con Courier e Fish) erano stati John Isner e Steve Johnson. Insomma, ha imparato a fare di necessità virtù e ha trasmesso il messaggio al polacco, con cui fa base fra le palme di Saddlebrook, in Florida. È lì che, da quando i due hanno iniziato a lavorare insieme, la carriera di Hurkacz è svoltata. Lo statunitense ha paragonato il suo assistito ad Andy Murray, ma Hubert ha ringraziato e declinato, dicendo di puntare a sviluppare un suo stile personale. Lo stile Hurkacz: 198 centimetri di irruenza con la Yonex neroblu o alla guida (in pista) delle auto sportive che tanto adora, ma allo stesso tempo docile negli atteggiamenti, in campo e fuori. Troppo per diventare un gigante? La regola non scritta della racchetta suggerisce di sì, ma i risultati viaggiano in direzione opposta e hanno restituito al tennis polacco un giocatore simbolo. Sulle donne erano tranquilli, visto che c’è stata a lungo Agnieszka Radwanska e ora è il turno di Iga Swiatek, ma nel maschile l’ultimo titolo di Wojtek Fibak risaliva all’82. Una vita fa. Hurkacz ha fermato il digiuno a 37 anni vincendo nel 2019 a Winston Salem, e ora è vicinissimo a succedergli anche nei primi 10 al mondo.
Mangia vegano e vuole prendersi la finale
Oltre al carattere freddo e composto (altrimenti non lo batti Federer in quel modo nel suo giardino, davanti a migliaia di spettatori che ti tifano contro), fra i segreti di Hurkacz c’è anche il regime alimentare vegano. In passato si è parlato molto della scelta di Djokovic di eliminare il glutine dalla sua alimentazione, mentre “Hubi” ha optato per una decisione ancora più drastica, evitando ogni cibo di origine animale. Nella sua dieta sono presenti cereali, legumi, frutta e verdura, semi e bevande vegetali. “Mi era stato consigliato da più di una persona – ha raccontato –, così ho deciso di fare una prova (nella primavera del 2018, ndr). In pochi giorni ho iniziato a sentirmi meglio e ad avere più energie. Allora ho scelto di continuare così”. Difficile dire se si tratti di una casualità o meno, ma da quel momento anche il suo tennis ne ha beneficiato, permettendogli di diventare un giocatore sempre migliore anche grazie a una condizione fisica invidiabile per un pennellone di due metri. Essendo cresciuto sulla terra battuta non si muove affatto male, e col tempo – e l’aiuto di servizio e diritto – è stato capace di sviluppare un tennis che funziona ugualmente bene dappertutto. Un po’ come quello del suo prossimo avversario a Wimbledon, che sa giocare da top-10 indipendentemente da ciò che trova sotto ai piedoni, e ha tutte le intenzioni di prenotare un posto per domenica.
“Affrontare Hurkacz – ha detto Berrettini – sarà davvero difficile. Ha battuto prima Medvedev e poi Federer, quindi è in grande forma. E sin qui ha avuto una super stagione”. È vero in parte, perché fra il titolo a Miami e la cavalcata di Wimbledon il polacco aveva vinto una sola partita in sei tornei, a Monte Carlo contro Thomas Fabbiano. Ma non appena è arrivato sui prati di Church Road ha ritrovato come d’incanto il suo miglior tennis, emergendo da un tabellone che l’ha messo di fronte a un paio di potenziali insidie già nella prima settimana. Ha dovuto affrontare Lorenzo Musetti all’esordio e il pericoloso Aleksandr Bublik al terzo, ma li ha eliminati entrambi senza correre rischi, poi ha fatto lo sgambetto a un Medvedev che già si immaginava giustiziere di Federer, e Roger l’ha battuto lui, più facilmente di quanto si sarebbe mai immaginato. “È vero – ha detto –, tra Miami e Londra ho vinto pochissimo. Ma nelle ultime settimane ho trascorso comunque tanto tempo in campo, per allenarmi e mettere a punto il mio tennis sull’erba”. Come a rimarcare che nulla avviene per caso, e quanto ottenuto è figlio di pazienza e allenamento. Berrettini invece a Wimbledon ci è arrivato di slancio, da splendido campione del Queen’s e con la consapevolezza di poter andare in fondo. Ci è riuscito ma ha ancora fame, e ora quanto successo fino a qui non conta più nulla. Conta solo la sfida bravo ragazzo contro bravo ragazzo, sul Centre Court dalle ore 14.30, per un pezzo di storia. Del tennis italiano, si spera.