Il coach del numero 1 d’Italia ha rilasciato interessanti dichiarazioni al Fatto Quotidiano su come diventare campioni nel tennis e sul suo allievo.
“Se vuoi diventare un grande campione nel tennis, vai al ristorante e mettiti alla prova, se diventi nervoso perché ti fanno aspettare tanto, lascia perdere e vira su altro“. Questo è l’esordio di Vincenzo Santopadre nella lunga intervista rilasciata ad Ennio Battista di FQ Magazine.
La pazienza è un elemento fondamentale, specie in uno sport individuale come il tennis, e proprio su quest’aspetto il coach di Matteo Berrettini ribadisce: “Nella vita siamo abituati ad avere tutto e subito. Nello sport, invece, bisogna invece imparare a seminare e raccogliere nel tempo, anche se non si ottiene ciò in cui si spera. Il bello di un risultato è il percorso che uno compie per ottenerlo. In questo – chiosa sull’argomento – è fondamentale anche l’educazione. La mentalità di un atleta si forma rispettando gli altri professionisti“.
In collegamento al discorso “pazientare per poi raccogliere”, l’allenatore del numero 1 d’Italia si dibatte anche su quanto venga sottovalutata l’importanza di lavorare su sé stessi per crescere: “Per essere un campione non basta essere dei predestinati. Mi batto molto per una cultura sportiva che a volte latita e la parola talento crea tanta confusione. Faccio l’esempio di Federer – prosegue Santopadre – a cui viene associato sempre un talento innato. La realtà è che anche lui ha dovuto percorrere una strada tortuosa, fatta di allenamenti molto duri e grande sviluppo della forza di volontà. Al contrario, invece, credo che si possa diventare grandi atleti senza avere una genialità innata“.
Un diktat perfettamente riscontrabile nell’allievo del coach romano, che proprio su Matteo afferma: “Nessuno avrebbe puntato su di lui all’inizio perché spesso ci facciamo incantare da qualità apparenti. Matteo ha un talento che definisco invisibile, crede nella cultura del lavoro. Inoltre è un esempio di chi si forma dalla sconfitta. Non faccio riferimento solo alle difficoltà post-infortunio di quest’anno o alla sconfitta con Federer di due anni fa a Wimbledon, che lui tra l’altro ricorda con piacere, è un discorso più completo. Sa accogliere un fallimento come un percorso di crescita, ciò è fondamentale. Il suo modo per promuovere un tennis vincente – ha completato sul suo allievo Santopadre – è restare sé stesso. Ha un volto pulito ed ha la capacità di essere un grande lottatore: non molla mai“.
Infine l’ex numero 100 del mondo, sempre seguendo il filone “accettazione della sconfitta”, si è espresso sulla diversa cultura che c’è nel calcio e sul comportamento dei tifosi inglesi durante la premiazione alla finale degli Europei: “Questo comportamento parte da lontano, da come ti hanno aiutato ad interpretare la sconfitta. Per esempio molti non concepiscono che si può dare il 100% ma si può comunque non arrivare al risultato positivo. Gli inglesi – afferma ancora l’allenatore azzurro – erano convinti di vincere; addirittura, alcuni tifosi hanno fatto una petizione per avere un giorno di ferie al lavoro e festeggiare il titolo europeo. C’era un clima attorno alla nazionale inglese di grande sicurezza. E questo penso abbia favorito una reazione che io non considero sportiva. Non voglio condannarli, lo dico per come l’ho vista dall’esterno. Al contrario, nel tennis – ha concluso – esiste un galateo, che col tempo ti permette di assumere certi valori“.