La scelta di Djokovic di non vaccinarsi farà dipendere la sua programmazione dalle regole dei paesi che ospitano i tornei. Non sarà a Indian Wells e Miami, mentre a Monte-Carlo può giocare… solo fino alle semifinali. Via libera a Madrid e Roma (lo dice la legge italiana), dura vederlo a Parigi. Nessun problema per la stagione sull’erba, mentre per l’estate americana è ancora presto

Per “Nole” niente USA, e c’è un possibile caso Monte-Carlo

Nell’intervista con la BBC, l’unica rilasciata dopo la questione australiana, Novak Djokovic è stato chiaro. Ha detto che non esclude la possibilità di vaccinarsi in futuro, ma per il momento non ne ha intenzione e la sua programmazione dipenderà quindi dalle normative anti-contagio dei vari paesi che compongono il mappamondo della racchetta. L’assenza dell’obbligo vaccinale negli Emirati Arabi ha permesso al numero uno del mondo di fare il proprio esordio stagionale a Dubai, ma per le prossime settimane la sua programmazione è un grosso interrogativo, che con grande probabilità gli costerà il numero uno del mondo a favore di Daniil Medvedev (il russo può superarlo già ad Acapulco, vincendo il titolo). Va detto che, data l’attuale situazione pandemica sotto controllo, le restrizioni sono destinate ad alleggerirsi col passare delle settimane, ma sono comunque parecchi i tornei ai quali Djokovic rischia di dover rinunciare. Per esempio, è già sostanzialmente certa la sua assenza a Indian Wells e Miami: si è iscritto, ma entrambi i primi due Masters 1000 della stagione hanno come condizione per partecipare il completamento del ciclo vaccinale, indipendentemente da una positività al Covid-19 nei sei mesi precedenti. Una carta, quest’ultima, che in primavera dovrebbe invece tornare utile a “Nole” in buona parte d’Europa. Il serbo ha anche detto che, non potendo giocare tutti gli appuntamenti di punta, proverà a disputare gli altri tornei per lui possibili, il che apre una piccola porta per l’evento di Marrakech (in Marocco il certificato vaccinale è obbligatorio solamente al chiuso) e una molto più grande per il torneo di Belgrado, nella sua Serbia che l’ha difeso a spada tratta nell’ultimo mese abbondante, e dove non vige alcuna norma sull’obbligo vaccinale.

Prima dell’evento di Belgrado (che si disputa in concomitanza con Barcellona, ma Djokovic ha giocato in Serbia anche nel 2021) c’è il Masters 1000 di Monte-Carlo, altro torneo di casa per Novak che risiede da anni nel Principato. Un altro appuntamento che con le regole attuali dovrà saltare, ma con un asterisco. Visto che il Country Club si trova in territorio francese, precisamente nel comune di Roquebrune-Cap-Martin, le norme in vigore sono quelle del governo di Parigi, che di recente ha ridotto la durata del green pass da sei a quattro mesi. Per Djokovic è una fregatura: la data del suo (discusso) test positivo è il 16 dicembre 2021, quindi in Francia il certificato è valido solamente fino al 16 aprile, e non fino al 16 giugno come in altre nazioni europee. Ne deriva che potrebbe prendere parte al torneo fino al venerdì dei quarti di finale (15 aprile), mentre all’indomani non avrebbe più la possibilità di mettere piede al Country Club. “Per quanto ne so, per il momento Djokovic non è vaccinato – ha detto Zeljiko Franulovic, storico direttore dell’appuntamento monegasco –, ma se sarà in linea con le disposizioni in vigore saremo lieti di accoglierlo”. Il punto è che lo sarebbe a metà, o solo per metà torneo. Una situazione alquanto curiosa, destinata a far discutere nel caso in cui il serbo decidesse di sfruttare il suo diritto a partecipare.

Sì a Madrid e Roma, no a Parigi. Via libera sull’erba

Nella settimana successiva a Monte Carlo il campione di Belgrado potrebbe giocare a Monaco di Baviera o all’Estoril, sfruttando i famosi sei mesi, così come nulla dovrebbe impedirgli di prendere parte al Masters 1000 di Madrid, al via il 1° maggio. Nelle scorse settimane il premier Pedro Sanchez ha messo le mani avanti facendo capire che la presenza di Djokovic nella capitale spagnola non sarebbe ben vista, ma le regole parlano chiaro. Per entrare in Spagna è valido un certificato di guarigione al Covid nei sei mesi precedenti, e per partecipare agli eventi sportivi è necessario un tampone negativo, proprio come quelli ai quali i giocatori si devono sottoporre ogni due giorni nel corso dei tornei. Discorso identico per gli Internazionali d’Italia, malgrado tutte le diatribe dei giorni scorsi. Valentina Vezzali, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport, ha ricevuto una pioggia di critiche per aver aperto alla presenza di “Nole” al Foro Italico, ma è esattamente ciò che prevede la legge, visto che all’aperto è possibile praticare sport senza Green Pass, tennis compreso. Decisamente fuori luogo, invece, le dichiarazioni di Giovanni Malagò: il presidente del CONI si è detto assolutamente contrario alla presenza di Novak a Roma, arrivando a parlare di docce in camper, alloggi di fortuna e quant’altro. Parole utili ad alimentare polemiche inutili, visto che – secondo la legge italiana – fino al 16 giugno Djokovic è paragonabile a un possessore di Super Green Pass, il che gli permetterebbe di giocare il torneo, frequentare spogliatoi, hotel, ristoranti e via dicendo. E non è tutto: la legge dice anche che ai cittadini stranieri è permesso usufruire dei servizi appena citati anche solo presentando un Green Pass base (da tampone), quindi Djokovic potrebbe giocare a Roma anche se non fosse mai risultato positivo.

La situazione potrebbe ribaltarsi completamente due settimane dopo a Parigi, per la già citata questione dei quattro mesi. Se la regola non cambierà – ma pare improbabile, la decisione di ridurre da 6 a 4 mesi la durata delle certificazioni Covid è di inizio febbraio – Djokovic non potrà difendere il titolo del 2021, finendo per smarrire altri 2.000 punti nella classifica mondiale, a favore degli inseguitori. Non dovrebbero esserci limitazioni, invece, alle presenze di “Nole” durante la stagione sull’erba: la prima settimana potrebbe sfruttare per l’ultima volta il certificato di guarigione per giocare a Stoccarda (o ‘s-Hertogenbosh), mentre dalla successiva potrà trasferirsi nel Regno Unito, per giocare al Queen’s, potenzialmente anche a Eastbourne e quindi sicuramente Wimbledon, visto che per entrare in Gran Bretagna è richiesto solamente un test negativo all’arrivo. “Allo stato attuale – ha detto Tim Henman, oggi membro del consiglio di amministrazione dell’All England Club – Djokovic non andrebbe incontro ad alcun divieto. Le regole per entrare nel Regno Unito non richiedono ai visitatori di essere vaccinati, e non prevedono un periodo di quarantena. Se le linee guida non cambieranno, saranno queste quelle che il torneo seguirà”. Qualche dubbio in più, invece, sulla possibilità di vederlo in gara nella tournèe estiva negli Stati Uniti, che prevede i Masters 1000 di Montreal e Cincinnati, quindi lo Us Open. Al momento senza pass vaccinale non potrebbe partecipare, ma agosto è lontano e l’augurio è che nei prossimi sei mesi la situazione possa evolvere a tal punto da veder cancellata ogni restrizione. Indipendentemente dalla questione Djokovic.