Fuori dai canoni estetici della gestualità tennistica, Daniil Medvedev è bello anche da vedere

Sarò breve. Mi rivolgo a coloro che parlano di Medvedev come di un prototipo inguardabile perché fuori dai canoni estetici della gestualità tennistica.Tanto per dire che mischiando righe, palla e racchetta, non siamo dinanzi a sport come tuffi, ginnastica o pattinaggio. Non siamo, per intenderci, nell’ambito di una disciplina cosiddetta ‘Close skill’, in cui le condizioni sono fisse e una giuria apprezza la tecnica esecutiva quale elemento essenziale della prestazione emettendo un verdetto. Il tennis è uno sport ‘Open skill’, che richiede una manovra e il concetto di tecnica non insegue atti stereotipati, gradevoli o meno, ma mira a una risultante di esigenze miste a gioco sempre disuguali e da risolvere di volta in volta. Insomma nel tennis si rimanda tutto a qualità adattive relative a superficie, condizioni climatiche, esigenze tattiche e piani strategici attraverso i quali si vince o si perde. Qualcosa, dunque, di molto lontano dal trito e ritrito ‘tocco di palla’ da sempre confuso con il talento.

Una linea di demarcazione fu tracciata una quarantina di anni fa con l’ascesa al trono di Bjorn Borg , latore di un tennis meno bello da vedere e in piena rottura con quello in auge di Nastase, Panatta ed altri; ma molto efficace e di grande adattabilità alle diverse condizioni. La doppietta terra erba, più volte reiterata dallo svedese, fu già allora un forte segnale sulla necessità di esprimere una tecnica riprodotta per intascare punti più che per soddisfare i puristi del bel gesto. Ai tempi, l’insegnamento si gettò famelico sui dettami del nuovo modello ma equivocando diede la stura a legioni di bimani arrotini che per imitazione replicarono a pappagallo una gestualità non loro, frutto di emulazione piuttosto che di esigenze tattiche. A quarant’anni di distanza, eccoci dinanzi a un fenomeno analogo. Quel Medvedev che sta scalando i valori mondiali con un tennis che è un concentrato di sensazioni fisiche e nervose procedendo a vele spiegate dove lo porta il cuore ignorando felicemente l’apprezzamento estetico del grande pubblico. E per quanto se ne possa dire, quello del russo è il tennis più duttile osservabile oggi nel panorama mondiale e, a differenza di Borg, è pressoché inimitabile. Insomma un tennis suo e solo suo, costruito cavalcando una spiccata personalità.

Dunque Medvedev non è soltanto un futuro campione, ma fornisce un’occasione per guardare al tennis con occhio diverso e prendere atto di uno sport ricco di stili, tutti diversi tirati a lucido per incamerare successi. Lo stesso Federer, che è rimane inarrivabile per gradevolezza, non sarebbe stato Federer se il suo modello di gioco non avesse risposto a un grande rendimento.