L’analisi sul greco dopo il ritorno al successo a Montecarlo, che ha interrotto un digiuno di titoli che durava da oltre otto mesi
Tra il pubblico del Montecarlo Country Club il bianco va per la maggiore. Misto all’azzurro del mare e al rossiccio dei campi, lo sfondo si consegna all’occhio curioso come un olio su tela degno del miglior Renoir. Tutto è particolare e anche il master 1000 ospitato dal circolo è un appuntamento che nessun tennista si sognerebbe mai di saltare pur essendo l’unico dei nove senza obbligo di partecipazione. Insomma, più che al solito ritrovo di assetati competitor, tutto fa pensare all’open monegasco come a un atto d’amore verso ospitalità da vendere e bellezza da cogliere.
È in siffatta cornice, che si è celebrato ieri Stefanos Tsitsipas, alla sua terza vittoria tra le righe di un Ranieri III proteso su scogli stupendi. Un torneo cristallino, il suo, in cui ha smarrito un solo set, non a caso quello del fortunoso match contro Sinner. Poteva andare peggio ma chiudiamola qui!
Per dire che l’ epilogo, con Ruud, non è stato un grande match ma piuttosto un classico riscatto di ritrovati top ten in cerca di nuova luce dopo un periodo di ombre.
A onor del vincitore, vale la pena aggiungere che in lui convivono ancora tutti gli argomenti di un tennista di spicco, convolati in un gioco che ricorda Guga Kuerten e tanto piace al grande pubblico.
Ora, sarebbe tempo di librarsi in Paradiso, magari coprendo margini di crescita su cui qualcuno dovrebbe lavorare.
Il primo attiene a una migliore gestione delle pause, la fase emotiva delegata ad azzerare il contatore e che lu vive in modo frettoloso. Il secondo allude al servizio. Per dire che a dispetto degli ace messi a segno, il colpo è privo di quella distensione che, elevata al suo massimo darebbe al colpo smalto e incisività. Ma c’è dell’altro! Fissando più a destra il lancio di palla lo scarico delle spinte avverrebbe in modo corretto, senza il ricorso a sbilanciamenti di lato che fanno perdere attimi preziosi.
Non vado oltre concludendo che molto ho letto e inteso circa i correttivi di cui sopra: alcuni azzeccati altri più somiglianti alla lettera di Totò e Peppino alla Malafemmina che non a un profilo tecnico degno di nota.
Insomma, una bella vittoria quella quella riportata dal greco nella Cote d’Azur del Principato. Una tappa che racconta di questo brave hart del sud europeo come di un papabile vincitore di slam se solo mettesse mano a quei dettagli che solo apparentemente sono piccoli e che bensì fanno grandi le differenze.