Racchette sventrate, insulti, papà oltraggiati, persino uno sputo in campo. In Atp ne stanno capitando di tutti i colori, anche quelli meno gradevoli. E i protagonisti sono spesso degli insospettabili come il campione greco e il predestinato tedesco. Ma forse c’entra la frustrazione di non sentirsi all’altezza dei ‘padri’
Una Next Gen della follia
Forse si è davvero chiusa un’era nel tennis: quella della buona educazione. Quindici anni di fair-play al tungsteno, di rivalità cavalleresca fra Federer, Nadal, Djokovic e Murray che nemmeno Lancillotto e Parsifal, e poi bang! Di colpo arrivano i barbari. I maleducati, gli iracondi, gli sbroccati, quelli che non si sanno comportare. Una Next Gen della follia che invece di far ‘parlare’ le racchette, come predicava Zio Sampras, tende a spaccarle. E a oltrepassare il limite del buongusto.
Guardate quello che sta capitando in questi giorni alla Atp Cup in Australia. Ad aprire le ostilità (con la correttezza), è stato Sascha Zverev, che, umiliato prima da De Minaur e poi da Tsitsipas, si è sfogato con il suo angolo – adesso si chiama Team Zone – prendendo a male parole il babbo-coach («fai qualcosa! Mi dici solo m….e!») riducendolo in lacrime (qui vi raccontiamo l’accaduto). Comprensibilmente: chi vorrebbe vedere il figlio, gioia di papà, comportarsi così in mondovisione?
Lo sputo di Paire e la ferita di papà Tsitsipas
Poi è arrivato Paire – e certo, okey, lo sappiamo: Benoit, almeno in campo, non è mai stato il tipo che un papà borghese vorrebbe presentare alla figlia… – e il livello si è alzato. Due racchette frantumate, urla, litigi, addirittura uno sputo in campo catturato in tutta la sua frastagliata e traslucida traiettoria dalle Canon e dalle Nikon appostate a bordocampo durante il match, peraltro vinto, con Dusan Lajovic.
Ieri, poi, l’apoteosi. In negativo: Stefano Tsitsipas istesso, il campione della Next Gen, il tennista filosofo che dispensa saggezza via Instagram, il ragazzo greco bello e vincente come un semidio, che stavolta, come un Apollo furioso, dopo il tie-break perso contro il dionisiaco Kyrgios, scaglia la racchetta verso la panchina (sempre la Team Zone…) e colpisce, ferendolo, papà Apostolos (mestiere durissimo, e pericoloso, quello del papà-coach in questo inizio di 2020). Morale: Tsitsipas senior si è dovuto allontanare per medicarsi il braccio colpito dal dardo filiale, ed è stato sostituito da mamma Julia Salnikova, ex tennista. Che però ha pensato bene di inoltrare un suggerimento tecnico al pargolo utilizzando le nuove tecnologie, beccandosi un ‘code violation’ che sommato al warning rimediato dal figlio ha portato ad un penalty point. La Grecia il match comunque lo ha perso, è stata eliminata, quindi Stefanos avrà tempo di meditare sulla propria ira funesta e su come tenerla a controllo.
Il paragone con Federer, Nadal e Djokovic pesa più di un macigno
Ora, per carità, i bad boys di varie fattispecie (sbruffoni, genialoidi, caratteriali, nevrotici borderline) nel tennis sono sempre esistiti, e il catalogo si potrebbe allungare da Bobby Riggs a John McEnroe. Ma da questa generazione ancora acerba, cresciuta nel mito della Camelot del tennis governata dai due Re nobili Roger e Rafa, non ci aspettavamo un cambio di passo del genere. E allora viene da chiedersi cosa ha trasformato una nouvelle vague di bimboni destinati a un futuro ricco e radioso in una classe di ingovernabili nipotini di Nonno Nasty (al secolo Ilie Nastase)?
Passi Kyrgios, che oltre al talento infinito coltiva anche la ingenua sconsideratezza del giullare (e uno a corte può bastare…). Ma Zverev, e Tsitsipas? Non avrà contribuito la frustrazione di vedere le poltrone – e le coppe – che contano eternamente occupate dagli ingombranti, educatissimi, perfettissimi Patriachi? Il timore di non essere all’altezza? La falsa convinzione di poter ereditare un regno senza avere la forza di prenderselo? O forse anche il sentirsi ripetere in continuazione da tutti – fan, media e parenti stretti- : ma quando lo vincete, ’sto benedetto Slam?
E così, incapaci di ‘uccidere’ (simbolicamente) i padri tennistici, se la prendono (letteralmente) con i padri reali.
Ecco, meditiamoci su. E diamoci, tutti, una calmata. Come diceva un vecchio educatore, non è mai troppo tardi. Per imparare, crescere, vincere. E accettare con un minimo di serenità (magari simulata) le sconfitte. Nostre, e altrui.