Toni Nadal, per moltissimi anni allenatore di Rafa, spiega come il tennis si sta evolvendo negli ultimi anni e racconta come preparava tatticamente le partite con suo nipote: l’unico contro cui non era possibile trovare una strategia efficace è stato Novak Djokovic

Recentemente, Toni Nadal è stato intervistato durante una puntata del podcast “Tre Iguales” e le dichiarazioni interessanti non sono tardate ad arrivare. Lo zio di Rafael, per tanti anni anche suo coach, ha voluto fare un discorso a tutto tondo sull’evoluzione del tennis, confrontando il modo di giocare attuale con quello di circa 15 anni fa. “Quando Rafa era agli inizi della sua carriera – ha raccontato lo zio –, era tutto molto più semplice per lui, in quanto il gioco era molto più lento e c’era molto più tempo per pensare. Ora, invece, il gioco è decisamente più rapido e preparare la partita tatticamente non basta: ciò che più conta è il livello della prestazione e, dunque, la percentuale di prime palle in campo e l’efficacia dei propri colpi da fondo, che devono essere profondi e incisivi. Il primo pensiero di tutti, soprattutto per quel che concerne i giovani, è in primis quello di tirare forte e noi ci siamo dovuti adeguare a questa nuova idea di tennis“.

Il coach spagnolo, inoltre, si è soffermato sulle due principali rivalità di Rafael Nadal nel corso della sua carriera, vale a dire quelle con Roger Federer e Novak Djokovic. “Se devo essere sincero – ammette il tecnico –, l’avversario che più, durante gli anni, ha messo Rafa alle strette è stato Djokovic. Contro Federer è stato molto più semplice trovare una strategia da mettere in atto per avere la meglio, ossia quella di giocare tante palle alte e cariche di rotazione sul suo rovescio. Il serbo, invece, possiede un rovescio straordinario e non perde campo sulla diagonale sinistra neanche quando mio nipote riesce ad alzare la traiettoria: questo ha fatto sì che non riuscissimo mai a trovare una strategia vincente per affrontarlo, perciò posso affermare, senza ombra di dubbio, che il serbo è stato l’avversario più complesso da affrontare durante la sua carriera. Ricordo che, durante gli US Open 2010, Rafa venne da me nel bel mezzo della partita, chiedendomi cosa fare: non sapevamo come leggere il suo gioco e, nei momenti in cui riusciva ad alzare ulteriormente il suo livello, non c’era davvero scampo per nessuno“.