“C’erano solo tre giocatori con cui potevo perdere, gli altri dovevo batterli, altrimenti mi sentivo male, fallivo, mi sentivo un perdente”.
Robin Soderling ritorna sul momento più complicato della sua carriera, mettendo in evidenza quanto sia importante prendersi cura dei problemi psichici, oltre a quelli fisici. Lo svedese si è ritirato nel 2015 a soli 31 anni, ufficialmente a causa della mononucleosi, ma dietro in verità c’erano problemi ben maggiori: “Avevo un’ansia costante che mi rosicchiava dentro – racconta ad una radio svedese -. Il minimo rumore mi faceva prendere paura. Era così anche quando il telefono squillava. C’erano solo tre giocatori con cui potevo perdere, gli altri dovevo batterli, altrimenti mi sentivo male, fallivo, mi sentivo un perdente. Spesso è capitato che cercassi su Google come uccidermi. Qualsiasi cosa era meglio di questo inferno”.
Soderling va nel dettaglio della sua storia e dei suoi problemi mentali, cominciati circa 9 anni fa: “Nel luglio 2011 dopo aver battuto Ferrer e vinto la finale di Bastad sono tornato a Montecarlo e sono caduto in un abisso nero senza fondo. Sono stato colto dal panico, ho iniziato a piangere. Sono tornato in hotel e mi sono buttato sul letto, ogni volta che ho pensato a tornare in campo, sono andato nel panico. Per la prima volta ho avvertito che, indipendentemente da quanto lo volessi, non potevo, nemmeno se mi avessero puntato una pistola alla tempia”, ha spiegato Robin, che nel corso di questi anni non si era mai espresso in maniera così diretta.