La sfida con Djokovic può dispiacere per il risultato, ma ci ha mostrato uno Jannik in grande progresso, finalmente con un servizio all’altezza e dotato di grandissima personalità: quella che serve per fare gara pari e quasi battere un fuoriclasse come Novak sul Centre Court

Già nel preludio, il mistero del risultato aveva ceduto il passo all’idea che, comunque fosse andata, quel match sarebbe stata una questione tra gente tosta. D’altra parte, se il più attempato era scampato, già da bimbo, alle bombe su Belgrado, il più giovane era cresciuto tra le nevi del profondo nord, un posto dove per andare a scuola calzava ciaspole e si copriva come un palombaro. E seppure uscendo di casa dalle parti di San Candido non si corresse il pericolo di rimanere uccisi, il coraggio di mettere il naso sotto zero, lo scolaretto doveva pur trovarlo in qualche parte del suo spirito . E a chi non crede che le condizioni ambientali ricadano sulla crescita degli individui, consiglio di chiedere a Novak Djokovic e Jannik Sinner, due soggetti che, superando ogni contrarietà, hanno forgiato nel tempo personalità da vendere, facendo della mentalità un’arma da atleti veri, cresciuti a pane e sport.

Piazzati uno dinanzi all’altro, i due non potevano che fare scintille, e tra le celebrazioni del Centre Court andrebbe messo di diritto il bellissimo match disputato ieri, uno show intrigante di bel gioco e di caparbia voglia di affermarsi. Due stili simili che per tre ore abbondanti hanno disegnato traiettorie nitide e insidiose, intrecciate in un gioco a specchio ricco anche di verticalizzazioni spettacolari. Sotto quattro uno nel primo, Sinner ha iniziato a scivolare veloce qua e là per il campo come quando, ancora imberbe, scendeva in gigante sprizzando velocità, tecnica, scorrevolezza e una buona dose di potenza fisica. Tutto guidato da grande coraggio, quello necessario per scendere a 80 all’ora lungo un pendio di neve battuta, facendo la barba a quelle porte che sembravano non finire mai. La stessa audacia con cui ha gestito il confronto con Djokovic mettendo alle strette il campione per tutta la prima parte del confronto. Un Sinner nettamente migliorato in ogni comparto del gioco, che finalmente fa sfoggio di un servizio degno del suo livello, sostenuto da una struttura muscolare decisamente più tonica rispetto a qualche mese fa. Continua a sorprendere, ogni volta, l’atteggiamento tenuto dall’atesino di fronte ai più forti del mondo, contro i quali non mira a fare solo il partitone del neofita, ma tende a batterli da pari a pari, mettendo in campo una forte personalità. Qualità che gli consente di non vivere di exploit ma di mirare al vertici con solida umiltà.

Il ritorno di Djokovic si è fatto sentire dal terzo set in poi, allorché il gioco è salito di livello per via di soluzioni rocambolesche, come il passante a metà del quinto in cui l’irriducibile serbo è finito addirittura a pancia sotto.

Torno a Sinner per dire che il valore di cui ha fatto sfoggio è stato di tale lucidità che ha indotto tutti a pensare per un attimo a un differente epilogo della vicenda. Ma il Djoker ha messo in campo quant’era nelle sue corde, compreso qualche lob di antica fattura. Nei momenti importanti ha limitato, come suo solito, punti troppo eclatanti a favore di altri più concreti, finendo col disporre di un pericoloso avversario che ormai incute rispetto e timore a chiunque. Un campione capace di tenere tutti sul filo del rasoio anche quando, come in questo caso, finisce per cedere soltanto per il classico capello.

Ai due irriducibili contendenti il merito di aver animato il match rendendolo anche molto bello sotto il profilo spettacolare, e a Sinner la lode di averlo domato per buona parte con l’aspirazione e l’umiltà di colui che seriamente sta studiando da campione.