I primi giorni di questo inedito Roland Garros saranno ricordati più per il disappunto di molti giocatori che per i risultati. Nadal capeggia la frangia dei rivoltosi, Medvedev come sempre fa il bastian contrario

La passerella autunno-inverno del tennis, al Roland Garros traslocato da maggio ad un inedito quasi ottobre causa pandemia, per ora offre polemiche prêt-à-porter e una collezione di capetti inediti. Il termometro nella capitale segna 15 gradi – ieri due o tre di più – così Fognini gioca l’inizio di partita con i pantaloni della tuta (comunque Armani), Wawrinka sotto la maglietta sfoggia un dolcevita bianco, Murray e la Azarenka i fuseaux, Zverev la maglietta della salute, Thiem le maniche lunghe, come molti altri. I campi, sotto la pioggerella, sembrano un’aia bretone. Ma è davvero uno Slam? Sì, il ‘più estremo’ della storia, visto che da sempre il tennis segue il sole e di solito fra settembre e ottobre sta già accucciato nel calduccio dei palasport, mentre qui si gioca anche di sera, sotto la luce (fredda) dei fari.

«Le condizioni per me sono le più difficili di sempre, e per molte ragioni», mugugna l’eterno defending champion Rafa Nadal, che occhieggia la vittoria numero 13 al Bois de Boulogne e il 20 Slam che lo equiparebbe a Federer, ma teme i rimbalzi morbidi. «Le palle sono completamente diverse. Sono molto lente, pesanti. Fa molto freddo, i campi sono lenti anche loro. Credo che gli organizzatori dovrebbero pensarci, in prospettiva, perché palle del genere sono un pericolo per gomito e spalle».

Quel tipo da pub di Daniel Evans, la mette giù anche più dura: «non le darei da masticare al mio cane». Vika Azarenka, domenica, se ne è andata addirittura dal campo, sul 2-1 del primo set. «Piovigginava dalla mattina, la mia avversaria aveva già rischiato di farsi male, io stavo congelando. Non ha senso stare in campo con otto gradi». Esagera. Non di troppo. «Per la prima ora non si doveva proprio giocare», sibila Andreas Seppi, strangolato dalla gioventù di Sebastian Korda, detto Spago, figlio del grande Petr. «Per un torneo di questo livello è uno scandalo».

Proprio perché è un torneo di questo livello, too big to fail (troppo grande per fallire, come certe banche) il Roland Garros nutre tutto il tennis francese, normalmente con entrate attorno ai 250 milioni di euro, che quest’anno scenderanno circa a 100: rinunciare del tutto (come ha fatto Wimbledon, che però era assicurato) avrebbe significato perdere anche i diritti televisivi e gli sponsor. Un buco inaccettabile. Dunque allez, enfants, tutti in campo a portare diritti alla patria, anche se le autorità parigine sotto i morsi del Covid hanno limitato a 1000 gli ingressi quotidiani, oltre ai circa 4000 addetti ai lavori. «Di giocatori contenti in giro ne vedo pochi», dice Vincenzo Santopadre, coach di Matteo Berrettini che ha esordito sontuosamente oggi all’addiaccio del «Lenglen». «Ma è anche vero che dopo un po’ subentra la rassegnazione e la coscienza: se sei un professionista devi adattarti alle situazioni che trovi». L’unico che gongola è quell’anima attraversata di Daniil Medevev. «Il tennis è bello e interessante perché a volte a uno piace una cosa, a un altro no. E a me, stavolta, piace». Segue risata sardonica che echeggia fra gli spalti (quasi) vuoti.