Sembra un controsenso, ma per Federer saltare i Masters 1000 è una strategia: lo obbligano a tanti incontri impegnativi uno dopo l’altro, e a Doha si è capito che può essere un problema. Giocando sul rosso solo per mettere partite nelle gambe in vista dell’erba, meglio Ginevra (dove il livello è più basso) e Parigi, dove fra un match e l’altro ha un giorno di riposo

No ai 1000, sì a Ginevra: ha una sua logica

Si parla sempre della sua infinita classe, ma se a quarant’anni Roger Federer è ancora competitivo a certi livelli i motivi sono principalmente altri due: la cura del fisico, che gli ha permesso di tenersi alla larga dagli infortuni per gran parte della sua carriera, e l’attenzione alla programmazione. Da anni preferisce giocare un torneo in meno piuttosto che un torneo in più, con l’obiettivo di sfruttare al meglio gli eventi ai quali dice “sì”. Per questo, la scelta di giocare sul rosso – prima a Ginevra, poi a Parigi – dev’essere interpretata come una notizia positiva: Federer aveva aperto all’ipotesi terra (scartata nel biennio 2017-18) già una quarantina di giorni fa a Doha dopo la sconfitta contro Basilashvili, spiegando che per pensare di essere competitivo sull’erba avrebbe dovuto necessariamente giocare anche sul rosso. Il fatto che le intenzioni si siano trasformate in qualcosa di concreto è la prova che lo svizzero sta bene, e la decisione di rinunciare ai Masters 1000 primaverili, giocando invece a Ginevra prima di Parigi, ha una sua logica.

In una situazione normale l’ATP 250 di Ginevra si sarebbe giocato la settimana immediatamente precedente a Parigi, ma lo slittamento in avanti del Roland Garros ha lasciato sette giorni di cuscinetto, dando agli organizzatori una chance (sfruttata) per garantirsi la presenza di Federer. Per Roger si è creata la situazione ideale: per una questione di calendario, ma anche perché gli permetterà di giocare un torneo di livello decisamente inferiore rispetto ai due Masters 1000 precedenti, e di avere quindi più chance di mettere partite nelle gambe in vista di Parigi. Alla Caja Magica o al Foro Italico avrebbe corso il rischio di affrontare dei big uno dopo l’altro, senza quel riposo che a quasi quarant’anni è ossigeno puro, a maggior ragione sulla terra che richiede uno sforzo ben diverso rispetto alle altre superfici. In Svizzera, anche se l’entry list non è affatto male, il campione di Basilea potrebbe invece trovarsi di fronte delle sfide più agevoli, e avere quindi maggiori possibilità di vincere, raccogliendo feeling e fiducia.

Lo sforzo dei Masters 1000 può diventare controproducente

Le chance di ‘giocare bene’ a Parigi

Nell’ottica di mettere match nelle gambe potrebbe aver senso pure l’opzione Stoccarda (dove peraltro il title sponsor è Mercedes, fra i principali partner dello svizzero), anche se a quel punto vorrebbe dire giocare in 4 delle 6 settimane che precedono i Championships: un po’ troppo per uno che certi ritmi non li frequenta da un anno a mezzo. E comunque non è detto che Federer a Stoccarda ci possa andare: il torneo tedesco ha chiesto (e ottenuto) di potersi comunque disputare nella seconda settimana del Roland Garros, quindi chi farà strada a Parigi verrà tagliato fuori in automatico. Impossibile che Federer sia fra loro? I numeri smentiscono la tesi.

È vero che il Roland Garros l’ha vinto solo una volta, e delle ultime cinque edizioni ne ha saltate quattro, ma in Francia ha mancato i quarti di finale solamente in una delle sue ultime dodici apparizioni, collezionando un titolo, quattro finali e tre semifinali. Tradotto: non sarà lui a negare un nuovo trionfo a Rafael Nadal, ma se gioca a Parigi è perché sa di poter fare strada anche stavolta.