Dopo oltre un anno lontano dai campi, lo svizzero parteciperà a marzo ai tornei di Doha e Dubai. Proprio in quei giorni, Djokovic lo supererà nelle settimane da numero uno. Resta ancora avanti per Slam e tornei vinti, è lecito sperare che allunghi il passo?
“Contro la speranza credette nella speranza”: così Paolo di Tarso a proposito del grande patriarca Abramo, pronto a partire verso l’ignoto. Parole risuonate nel mio cuore qualche giorno fa, reazione spontanea all’ultimo annuncio di Roger: dopo Doha (torneo al via l’8 marzo), giocherà anche a Dubai (la settimana successiva). E poi sul rosso, e poi sull’erba, e poi e poi… Entusiasmo iniziale, ma diciamocelo: dopo oltre un anno di assenza del Re, e ancora in mezzo alla pandemia e ad altre fatiche, a tratti non si sa più cosa sperare, nel tennis e non solo.
Mentre scrivo è definito il quadro delle semifinali degli Australian Open: Nole contro la sorpresa Karatsev e uno scontro tra la meglio gioventù, Tsitsipas-Medvedev, nella speranza (ancora lei) che uno dei due compia il passo decisivo verso la vittoria di uno Slam. Lo ammetto, non lo dico per amore del ricambio generazionale o per altre nobili motivazioni, ma come argine all’avvicinarsi del serbo ai 20 Slam dell’Artista. Oggi ne conta 17, ma è un soffio… Senza dimenticare che l’inopinata eliminazione di Rafa in Australia ha anche un effetto negativo: in base alle nuove regole, Djokovic è già sicuro di diventare il tennista con il maggior numero di settimane in vetta al ranking Atp. Proprio il prossimo 8 marzo celebrerà la 311a settimana in testa, una in più delle 310 di Roger. “Volevo morì prima”, per citare uno slogan sportivo divenuto famoso.
Ma non si può continuare a tifare contro (e contro il tempo!), con calcoli astrusi affinché i due Dioscuri fatichino di più e magari perdano. No, questo abbruttimento umano no! Come reagire? Cosa sperare, in positivo? A dire il vero, non lo so. Forse la vittoria dell’Immenso in qualche altro torneo, per salire da 103 ai 109 di Connors? Certo, ma basta con i numeri, minima parte della realtà. No, non è la storia della volpe e l’uva. Ovvio che Rafa e Nole minacciano i record di sua Maestà, e non sarà (sarebbe) bello assistere a questo smantellamento. Ma lui ha qualcosa di altro, che niente e nessuno gli potranno mai rapire. Una bellezza e una creatività artistica che non torneranno mai più in quel concentrato di elvetica nonchalance. Mai più! Mi assumo la responsabilità di questo giudizio, anche di fronte alla più ampia storia del nostro glorioso sport. Mai più!
E allora che questo strano 2021, ancora indecifrabile, ci porti almeno tante scintille di bellezza agonistica del Re. Vogliamo vederlo ancora, meglio se dal vivo, e in buona forma. È pretendere troppo? Non chiedo molto: che si congedi non sulla difensiva, o facendo figuracce in tornei minori, ma giocando come lui solo sa. Poi sia quel che sia, soprattutto ad Halle (chissà se ci potrò andare!), Wimbledon, Tokyo, Basilea e Torino (lui ci sarà?). Mentre lo scrivo, non posso trattenermi dall’immaginare Roger con una o più coppe in mano. Al trauma del dopo non vogliamo nemmeno pensare: ogni cosa a suo tempo. Ma qui e ora tanta bellezza gratuita, qualche vittoria inattesa, poca sofferenza, lo stretto necessario. Chiaro, Roger?
Nel congedarmi mi rendo conto che siamo appena entrati nel tempo liturgico della Quaresima. Eppure quest’anno mi suona strano: di cosa ancora pentirsi? Quali rinunce, oltre a quelle imposte dal maledetto virus? Altre quarantene? Forse possiamo intendere la Quaresima in un’altra sua valenza, spesso trascurata per eccesso di ascesi: come cammino dalle ceneri dello sgomento verso la luce della Pasqua. Non vorrei essere blasfemo, ma tennisticamente spero in una Pasqua di resurrezione – parola questa sì davvero folle, se ci pensate –, anche fuori tempo. Più o meno così: il Re che batte Nole a Church Road, nella luce serale di un’estate al suo culmine. E con il Covid in ritirata.
Del resto, già Eraclito avvertiva: “Chi non spera l’insperabile, non lo troverà, perché è difficile da trovare e impervio”. Ma non impossibile, ricordate? Si tratta solo di aprire una via, che altri al momento non vedono. Vent’anni fa Roger vinceva il suo primo torneo in Italia, a Milano. Vent’anni e tanta strada dopo è ancora qui, e noi con lui. Grazie alla vita che ci ha dato tanto. Questo, oggi, ci basti.“Altro dirvi non vo’; ma la nostra festa ch’anco tardi a venir non ci sia grave”. E festa sarà, d’accordo