L’arrivo di un torneo ATP a Parma si inserisce nel contesto felice del tennis italiano, di nuovo fortissimo anche dal punto di vista organizzativo. Dei sette tornei dei primi Anni ’90 era rimasto solo Roma, mentre nel 2021 torneranno a essere cinque. E c’è margine per crescere: le licenze costano, ma il nostro tennis ha tutto per giustificare gli investimenti

Un ritorno ai fasti degli Anni ’80

“Gli appassionati di tennis stanno scoprendo la geografia dell’Italia, un torneo ATP alla volta”. La crescita del numero di eventi in Italia è ben riassunta nel tweet del giornalista Jeff Sackmann, che ha commentato così la notizia dell’arrivo di un torneo ATP a Parma dal 22 al 29 maggio, nella settimana rimasta libera dopo lo slittamento in avanti del Roland Garros. Un cinguettio che la dice lunga sulla posizione che il nostro movimento sta assumendo nel circuito ATP, anche se, volendo mettere i punti sulle i, si tratta in realtà di una riscoperta, dopo i fasti del decennio che va da metà Anni ’80 a metà Anni ’90. All’epoca, per qualche stagione gli appuntamenti del Tour sul suolo italiano erano stati addirittura sette, con Roma e Milano in pole position, più Firenze, Bologna, Bari, Saint-Vincent, Palermo, Genova, Bolzano e (una volta) Sanremo e Merano. Erano i tempi del mitico Cino Marchese, il manager IMG scomparso nel marzo di due anni fa, che aveva le mani in tutti gli eventi ed è stato di gran lunga l’organizzatore di maggior successo nella storia del nostro tennis. Poi è iniziato il lento declino, che ha visto sparire uno dopo l’altro tutti i tornei e dal 2007 al 2016 ci ha lasciato solo gli Internazionali d’Italia, prima dell’arrivo a Milano delle Next Gen ATP Finals.

Col senno di poi, l’approdo nel capoluogo lombardo del Master degli under 21 è stato l’antipasto di quanto successo in tempi più recenti, con l’Italia tornata fra le potenze mondiali della racchetta. Questa settimana ci sono nuovamente quattro top-30 azzurri come non succedeva dai tempi di Panatta, grazie a Lorenzo Sonego che ha vinto – proprio in Italia, a Cagliari – il suo secondo titolo ATP, finendo nelle notizie del TG5 delle 20. Un successo che in altri tempi non avrebbe riscosso chissà quale attenzione (Fabio Fognini di ATP 250 ne ha vinti sette, ma difficilmente è finito al telegiornale), e invece è stato raccontato prima della giornata del campionato di calcio di Serie A, a testimonianza del grande entusiasmo attorno al mondo della racchetta. La nascita dell’Emilia-Romagna Open si inserisce alla perfezione nel contesto, e anche se le settimane prima degli Slam sono notoriamente fra le meno felici del calendario, a Parma potranno sicuramente contare su un buon campo di partecipazione, aiutati dal gran numero di azzurri nei primi 100.

Tornano i tornei organizzati da privati

Va precisato che, come già avvenuto per i due Sardegna Open (nel 2020 al Forte Village e la scorsa settimana al Tennis Club Cagliari), quella concessa dall’ATP è una licenza provvisoria, valida solamente per quest’anno, e che permette di organizzare i tornei con degli standard – come può essere il montepremi – inferiori rispetto a quelli imposti da regolamento. Da Londra avevano bisogno di riempire il buco in calendario e si sono affidati volentieri a MEF Tennis Events, la società di Marcello Marchesini che partendo dal Challenger di Todi è arrivata a organizzare una lunga lista di tornei, sbarcando anche alle Canarie e ritagliandosi un ruolo sempre più importante. Significa che non è affatto detto che il torneo ci sarà anche i prossimi anni, perché in tempi normali le licenze sono a numero chiuso, ma intanto a Parma possono comunque godersi un piccolo miracolo. L’evento del Tc President di Basilicanova è nato nel 2019 come Challenger 80, lo scorso anno ha fatto il salto fra i 125 e a un anno e mezzo più tardi è nel circuito maggiore.

Il segnale più incoraggiante è che a organizzare l’evento sarà una società privata, appunto MEF Tennis Events, cosa che in Italia non succedeva dai tempi dell’ATP di Palermo, scomparso definitivamente nel 2006 dopo settant’anni di storia. Infatti, gli Internazionali d’Italia sono di proprietà della FIT, le licenze per gli eventi in Sardegna sono state affidate a loro e anche quelle di ATP Finals e Next Gen ATP Finals, mentre stavolta a farsi carico dell’evento è il gruppo umbro, con un corposo aiuto di Regione Emilia-Romagna. Significa che, grazie all’incredibile momento del tennis italiano che stimola anche le aziende a investire negli atleti e nelle manifestazioni, anche per dei privati è tornato possibile reperire le coperture finanziarie per organizzare un torneo del circuito maggiore, questione impensabile fino a qualche tempo fa. Addirittura, in fase di presentazione Marchesini ha spiegato che avevano già rifiutato paio di date per un ATP, ritenute non interessanti. Segno che sapevano già di avere le potenzialità economiche per il salto nel circuito maggiore, e attendevano solamente l’occasione adatta.

Il momento giusto per investire

Con l’arrivo di Parma, nel 2021 l’Italia avrà tre tornei ATP per la prima volta dopo 16 anni (era il 2005, con Roma, Milano e Palermo), e se ci aggiungiamo anche ATP Finals di Torino e Next Gen ATP Finals di Milano gli eventi del Tour nel Belpaese diventano cinque, come non succedeva dal 1994. Visto che a giudicare dalle potenzialità di Sinner, Musetti e tanti altri il meglio deve ancora venire, non è esagerato pensare che si possa fare ancora di più. Quello che molti ipotizzano è un grande torneo a Milano (le Finals dei giovani non ci resteranno in eterno…), ma anche accrescere ulteriormente il numero di 250 non sarebbe male. Fino a qualche anno fa sarebbe stato un rischio organizzativo troppo grosso, perché per avere i big va aggiunto al bilancio un esborso importante (nulla di strano, per 250 e 500 la pratica è permessa e regolata da normali contratti) e chi non se lo può permettere deve necessariamente affidarsi ad altri motivi di interesse, non sempre facili da individuare. Ma ora, con la quasi certezza di avere dei giocatori italiani fra i protagonisti, organizzare un torneo è tornato un investimento stuzzicante.

Tutto ruota attorno alle già citate licenze: per gli ATP 250 sono 40, chi le possiede se le tiene strette e per aggiudicarsene una (quando raramente vengono messe in vendita) serve più di un milione di euro, al quale aggiungere poi tutte le spese organizzative, il montepremi e via dicendo. Servono tanti soldi, idee chiare e un progetto a lungo termine, ma in questo momento il tennis italiano ha tutto per giustificare l’investimento: giocatori di punta, i due giovani più forti al mondo, un’ampia base di ottimi giocatori e un pubblico sempre più numeroso ed entusiasta. E pure un’ATP – più italiana che mai – che nel momento del bisogno ha trovato dalle nostre parti l’aiuto necessario per mettere le pezze al calendario. L’augurio è che se lo possano ricordare quando magari si presenteranno sul piatto delle opportunità ancora migliori.