Fernando Verdasco ha chiamato il primo storico Hawk-Eye sul rosso: da Barazzutti a Schiavone passando per le foto dei segni pubblicati sui social, non sono mancate le discussioni tra giocatori e arbitri

Una ‘volpe’ più che un falco

“Verdasco is challenging the call…”. Una frase sentita centinaia di volte dal pubblico tennistico ma mai sulla terra battuta. Il “falco” è ufficialmente sbarcato anche sul rosso, seppur in via sperimentale. Rio de Janeiro, assieme ai tornei di Montecarlo, Madrid e Roma (oltre a Charleston nel circuito femminile) apre le porte a una rivoluzione importante. Sulla terra battuta, notoriamente, ci si affidava alle discese del giudice di sedia per dare un’occhiata al segno, stabilire se ci fosse spazio o no dalle righe e decretare infine l’in o l’out. L’occhio umano era stato fin qui preferito all’uso della tecnologia ma ha spesso creato delle polemiche sulle diverse visioni del segno tra giocatori e arbitri, discussioni anche particolarmente accese che non potevamo in ogni caso far cambiare idea al giudice di sedia. In Brasile ci sarà una volpe, in realtà, più che un falco. La nuova tecnologia FOXTENN, sponsorizzata dall’ex top-10 Felix Mantilla, assicura un margine di errore nullo grazie alle 110.000 immagini al secondo fornite (contro le 1.500 del sistema più diffuso) e si sta facendo conoscere sempre più sul circuito con l’esperimento su terra che può rappresentare un ottimo trampolino di lancio.

Da Barazzutti a Schiavone, le polemiche negli Slam

Dagli Itf al circuito maggiore, le diatribe tra giocatori e arbitri sul rosso capitano da sempre in ogni livello. L’occhio umano, seppur reputato più affidabile del falco sino all’introduzione del 2020, può essere tratto in inganno dal segno e dallo spazio presente o meno rispetto alla riga? Sembrerebbe di sì, e ne sa qualcosa Francesca Schiavone in un pesantissimo punto della finale del Roland Garros del 2011. Sul 6-5 40-40 del secondo set la giudice di sedia Louise Engzell ha giudicato buona una palla che avrebbe spedito la leonessa a set point. Inutili le proteste della milanese nonostante l’hawk-eye mostrato dalla regia (puramente per i telespettatori) le desse ragione. Morale della favola, Li Na vince il game e chiude in due parziali con il rammarico per la Schiavone di non aver potuto giocarsi sul campo la chance per allungare al terzo e magari riscrivere la storia con un clamoroso bis parigino. Da uno Slam all’altro con l’Italia sempre protagonista: agli Us Open nel 1977 (in quell’epoca disputati su terra) Corrado Barazzutti si vide cancellare sotto il naso un segno da Jimmy Connors. Su una palla nettamente out, il capitano di Davis chiamò il giudice di sedia per dare uno sguardo, ma prima dell’arrivo dell’arbitro sul punto incriminato ‘Jimbo’ ebbe il coraggio di scavalcare la rete e cancellare la traccia lasciata dal suo colpo incassando, per forza di cose, il punto.

Quando il segno diventa social

Quale modo migliore di discutere di un segno se non immortalandolo con una fotografia? Il primo ad avere questa brillante idea fu Rainer Schuettler durante la sua vittoria su Hewitt a Montecarlo nel 2004. Il tedesco, capita l’inutilità delle proprie proteste, si diresse verso il proprio borsone e prese il cellulare tra le risate del pubblico: “Ci si lamenta che il tennis è noioso, ma la gente mi sembrava divertita”, la sua giustificazione. Un gesto emulato a più riprese e addirittura condiviso sui social. Così Sergiy Stakhovsky chiese un parere su Twitter per una palla dubbia nell’incontro con Gasquet al Roland Garros del 2013, utilizzò invece le stories di Instagram Marton Fucsovics dopo il match point fatto rigiocare a Basilashvili lo scorso anno a Roma. Il falco proverà a mettere tutti d’accordo.