Per la postura un po’ ciondolante e la potenza del servizio, ma non per i risultati, Reilly ricorda un po’ Roddick. Dopo le semi a Roma ha colto una finale in Canada che ne testimonia le qualità, ma certo se alzasse un po’ il capo e pensasse sfruttare più il serve and volley…

A scorrere gli annali, le differenze tra i due sono evidenti, anche se a scrutarli bene, qualche analogia tra i due scappa fuori. Roddick e Opelka condividono quel modo di deambulare a testa bassa in giro per il campo che una fervida fantasia potrebbe addurre a quella filosofia tutta yankee, fatta di muscolarità e poco altro. In questa paranoia delle somiglianze mi fermo qui, giacché tra i due passano rimarchevoli 36 titoli e tre maledette finali lasciate da Roddick sul centralone di Wimbledon contro due giovani titoli di Opelka corredati dalla finale persa da Medvedev in quel di Toronto. A dirla tutta, nella diversità dei valori ci sarebbe anche una prima poltrona mondiale occupata dal buon Andy per un trimestre a cavallo tra fine 2004 e inizio 2005. Mi limito pertanto ad annotare sul taccuino delle curiosità di quella particolare postura che talora sfocia nel tirare una mina lí dove basterebbe giocare un colpo interlocutorio e passare oltre. L’ha capito a suo tempo l’ex campione del mondo, ci sta arrivando l’americano del Michigan che ha sorpreso tutti tenendo finalmente qualche scambio in più dalle retrovie.
A suo favore giocano anche gli abbondanti 20 centimetri sopra la media, che tradotti in gioco darebbero come risultante tanti ace, una buona copertura della rete e un’ottima compressione dei rimbalzi più alti. Con l’aria apparentemente flemmatica, pare proprio che il giovane Reilly ci stia provando, offrendosi al mondo sotto un cappello bianco a cui sfugge una folta barba bruna portata a spasso tra le righe di un rettangolo e condotta felicemente in una finale in terra canadese persa contro un Medvedev poco ispirato ma molto concreto.

In un semestre zeppo più di bassi che alti, a Opelka è concesso di segnalare la semi di Roma per mandare a dire di non essere il solito bombardiere da veloce ma di avere un’anima poetica del tennis che farebbe di lui un giocatore per tutte le stagioni. In terra canadese per di più, ha mostrato carattere da vendere con tre vittorie, in rimonta, colte ai danni di Kyrgios, Harris e soprattutto Tsitsipas. Una settimana che lo spinge a ridosso dei primi trenta e lo lancia a Cincinnati con uno spessore diverso.

Stando alla sua biografia, il gigante buono è uno che ama staccare la spina per frequentare musei e cogliere il lato artistico e sociale del suo girovagare. In campo sembrerebbe il contrario e anche nel match clou di ieri solo al termine ha sollevato lo sguardo dal suolo rivelando al pubblico vicino e lontano di avere un volto completo di occhi e naso.

Lo facesse più spesso si accorgerebbe che il gioco ha molte sfaccettature e che una maggiore frequentazione del serve and volley sarebbe utile alla causa. A testa alta, inoltre, lascerebbe a noi tutti la possibilità di indovinare le emozioni che transitano nei suoi tratti di uomo buono finora tenute nascoste sotto una folta peluria da intellettuale.