Non più solo figlia di quel Saša che gli Anni ’90 faceva faville alla Virtus Bologna. Ora Olga Danilovic è anche la “protetta” di Djokovic: ha svolto con lui la preparazione invernale, e le ha fatto benissimo. Dopo una lunga attesa, a Melbourne la 20enne serba ha vinto il primo incontro in uno Slam, battendo Petra Martic.

Prima vittoria in uno Slam, al debutto

Una leggenda della pallacanestro da chiamare papà ce l’ha sempre avuta, ma ora ha anche un signore del tennis a cui chiedere qualche dritta. È la combinazione che ha restituito benzina a Olga Danilovic, figlia del mitico cestista “Saša” che negli Anni ’90 faceva sognare metà Bologna (sponda Virtus) e piangere l’altra metà (sponda Fortitudo), e ancora oggi è uno dei simboli della palla a spicchi nell’ex Jugoslavia. Lui le ha trasmesso il Dna vincente e i centimetri, mentre di recente niente meno che Novak Djokovic ha voluto prenderla sotto la propria ala protettrice, da quando ha capito che dominare per conto suo non lo soddisfa più e ha trasformato la crescita del tennis serbo in una missione. Da “Nole”, Olga ha raccolto consigli su consigli durante lo scorso inverno, e le conseguenze si sono viste già all’Australian Open, dove la mancina di Belgrado si è qualificata per il suo primo Slam e dopo aver festeggiato i vent’anni in quarantena è stata fra le grandi protagoniste del primo turno, grazie al successo per 7-5 3-6 6-4 contro la croata Petra Martic, numero 16 del tabellone. Una vittoria di spessore, che rilancia le quotazioni di una ragazza etichettata da anni come un futuro fenomeno, ma non sempre capace di confermarsi all’altezza delle aspettative.

O meglio, Olga l’ha fatto (e bene) fino al 2018, quando riuscì a vincere il suo primo titolo WTA al debutto, da lucky loser e a nemmeno 18 anni, guadagnandosi un posto fra le prime 100 del mondo e dando ragione a chi da tempo puntava su di lei. Ma poi, proprio quando pareva tutto facile, il suo percorso ha subito una brusca frenata. Dopo il successo a Mosca ha perso 14 dei 17 incontri successivi, sprofondando lentamente fino al numero 277 del mondo che l’ha obbligata a rifare tutto da capo, con tanti dubbi sconosciuti solo fino a qualche mese prima. Leggendo fra le righe, la sintesi viene facile: aveva già le armi per centrare qualche exploit, ma a 17 anni la struttura attorno non era ancora pronta per permetterle di frequentare certi livelli con continuità. Così è tornata ai tornei ITF, ha iniziato la risalita e coi punti di Melbourne si riporta a un passo dalle prime 150. Ma ciò che conta di più è aver ritrovato la retta via. “Quello che mi è successo negli ultimi anni – ha detto – fa parte del percorso. È successo a tantissima gente: non tutto va secondo le previsioni. Ho attraversato dei periodi difficili, nei quali facevo fatica a esprimere il mio tennis, ma ho sempre creduto di valere di più. Non vedo l’ora di tornare alle posizioni che mi appartengono”.

Djokovic come mentore e amico

Nella sua risalita, che sul cemento blu di Melbourne Park ha appena vissuto una tappa importantissima, ha avuto un ruolo determinante Djokovic, e l’invito che il campione serbo ha rivolto lo scorso autunno ad alcuni giovani connazionali, arruolandoli per svolgere la pre-season insieme a lui nel suo Novak Tennis Center di Belgrado. “Ho accettato di buon grado – spiega Olga – e quando abbiamo iniziato a lavorare non potevo immaginare che Novak sarebbe stato a nostra disposizione ogni giorno”. Invece, il numero uno del mondo ha trascorso insieme a loro l’intera preparazione, condividendo il suo enorme bagaglio d’esperienza. “Novak – dice ancora Olga – è una persona incredibile e molto aperta: se c’è un uomo che è in grado di capirti al volo, quello è lui. Mi ha aiutato ogni singolo giorno, lavorando con me su tanti dettagli in campo e fuori. Mi ha dato dei consigli per migliorare il mio diritto, ma anche alcuni suggerimenti per crescere dal punto di vista mentale. Sappiamo che è la sua grande forza: mentalmente è lo sportivo più forte del mondo. È stato un privilegio potermi allenare a lungo con accanto una persona come lui”.

In una ventina di giorni, l’effetto Djokovic sembra aver fatto un vero miracolo, trasmettendole una mentalità tutta nuova. “Sono ripartita con molta più fiducia nei miei mezzi, e con un tennis più solido. Ma non solo: ho lavorato tantissimo sul fisico e oggi mi sento pronta a correre per tre giorni di fila. La dedizione di Novak e il suo impegno per garantire la crescita del tennis in tutto il nostro paese è qualcosa di incredibile. Nutro una gratitudine immensa nei suoi confronti. Posso considerarlo un mentore, ma prima di tutto è un amico che si è dimostrato davvero interessato alla mia crescita”. Terminata l’epoca di Ivanovic e Jankovic, oggi le speranze del tennis serbo in gonnella sono affidate specialmente a lei, ragion per cui Novak sarà stato fra i più felici nel vederla battere la Martic con grinta e personalità, nell’ultimo match di giornata sul Campo 17. Era sotto per 1-3 nel set decisivo, ma ha stretto i denti e ha vinto 5 dei 6 game successivi, guadagnandosi un secondo turno contro Shelby Rogers. Non proprio un match impossibile.

La ricetta per non essere più “la figlia di”

“Sia io sia la mia avversaria – ha raccontato Olga ai media dopo il successo – abbiamo giocato un ottimo tennis. Era il mio debutto in un torneo del Grande Slam: penso di aver tanti motivi per essere soddisfatta. È stato fondamentale il nono game del terzo set: avevo appena ceduto il servizio, e ho subito reagito alla grande. Sono fiera di come ho saputo gestire una situazione delicatissima”. Per Olga, allenata da quel Kristijan Schneider che ha già accompagnato Borna Coric nel miglior momento della sua carriera (insieme a Riccardo Piatti), battere la Rogers vorrebbe dire agguantare il terzo turno fare un passo in più verso il ritorno fra le prime 100 del mondo, ma anche provare finalmente a smarcarsi da quella nomea di “figlia di” che talvolta è diventata pesante da sopportare. “Mio padre non è un problema – precisa –, ma è capitato che in alcune interviste mi venissero fatte troppe domande su di lui. Vorrei che si iniziasse di più a parlare di me come una giocatrice di tennis, e non come la figlia di Predrag Danilovic”.

Anche in questo senso, i consigli di Djokovic potrebbero darle una mano. È vero che Novak non ha mai dovuto lottare col cognome o con la fama di qualche parente dal passato illustre, ed è anzi stato colui che ha creato esattamente lo stesso problema ai fratelli Marko e Djordje. Tuttavia, per emergere ha dovuto affrontare un compito ancora più difficile nel farsi strada in mezzo a Federer e Nadal, diventando prima l’indesiderato terzo incomodo della rivalità più amata dal pubblico e poi arrivando a guardarli entrambi dall’alto. Quando sembrava esistessero solo degli altri due, “Nole” ha fatto il possibile per far parlare anche di sé. Riuscendoci benissimo. Deve essere quello l’obiettivo di Olga: fare in modo che ci sia così tanto da raccontare di lei che il nome di papà non riesca più a trovare spazio nelle sue interviste. Se succederà, vorrà dire che in carriera avrà ottenuto buona parte dei risultati che sogna fin da ragazzina.