Le qualità tecniche e il temperamento del giovane azzurro sono un inno alla speranza
C’è modo e modo di stare in campo: questione di carattere! E quello scelto oggi da Lorenzo Musetti sul Philippe Chatrier del Roland Garros è servito a dominare i primi due tie-break contro un Novak Djokovic stranamente passivo ma comunque poco incline a farsi passare sopra. Il toscano c’è andato vicino con la tecnica che sappiamo, naturalmente, ma soprattutto con una personalità cristallina che invita a rivedere l’idea secondo la quale l’outsider sarebbe un soggetto tremante che opposto al grande campione tenderebbe più al partitone che non al risultato consapevole.
Oggi per Musetti c’era in palio un quarto di finale da raggiungere battendo il numero uno del mondo, senza badare a fronzoli, noncurante di riportare semplicemente la classica bella figura del neofita emozionato. Per farlo ha giocato un tennis solidissimo coronato da sprazzi di altissima fattura. Il dritto a sventaglio vincente con il quale il toscano ha risolto il primo set è stato un concentrato di tecnica e coraggio di alto spessore. Gli stessi ingredienti riversati nell’altro drive chiuso sul cinque pari al secondo giocato questa volta in diagonale da un angolo lontano del campo. La lista delle primizie potrebbe andare oltre alludendo a ottime smorzate come a rovesci lungolinea di rara precisione. Vale più la pena, invece, attardarsi sull’atteggiamento sereno e combattivo tenuto dall’italiano per l’intera durata del match. Anche quando Djokovic, due set sotto, ha visto la malaparata e ha cambiato registro guadagnando qualche spanna in avanti per disegnare in modo più infido traiettorie lunghe e corte intercalate da incursioni al volo di forte impatto. Quanto basta per lasciare un solo game lungo la via del terzo e quarto per dirimere l’intera faccenda nel set decisivo.
Chi può dirlo, ma la terribile maratona contro Marco Cecchinato potrebbe essere la madre del risentimento all’inguine patito dal bel Lorenzo nel quinto e conclusivo frangente. Un risvolto che lascia un pizzico di amaro in bocca ma che nulla toglie all’altissima qualità del tennis espresso dal giovane massese. Non solo! La sua prima volta negli ottavi di uno slam poteva risolversi in un evento da far tremare i polsi. Invece tutto si è tradotto in una carrellata di innate e coltivate qualità tecniche e mentali, maturate torneo dietro torneo, grazie a piccoli e costanti miglioramenti fin qui messi a segno con applicazione certosina. Potremmo parlare di un diritto più consistente rispetto a inizio d’anno, come della profondità degli altri colpi che si richiama a una postura finalmente più avanzata . Mi auguro che in questa bella metamorfosi trovi posto al più presto anche una ricorrente frequentazione della rete quale motivo di distinzione rispetto al resto della truppa.
Ma soprattutto colpisce quel modo, a una prima occhiata forte e leggiadro, con cui il nostro eroe vive il gioco nel suo insieme! Qualcosa che fa pensare a una cabina di regia con una marcia in più, frutto di una personalità senza la quale, coi tempi che corrono, sarebbe impossibile spiccare il volo verso il tennis che conta.