Se n’è andato Viviano Vespignani, una vita dedicata al tennis, ex direttore di Match Ball e grande promotore del tennis giovanile in Italia. Il ricordo di Stefano Semeraro

Oggi se ne è andato Viviano Vespignani. E’ stato il mio primo direttore a Matchball, quello che mi ha accolto quando ho iniziato questo mestiere. In Via Cairoli a Bologna c’eravamo io, lui, Enrico Schiavina, Marina Natali, mia madre Anna a curare la pubblicità, Concetto Nicosia che lasciava un attimo la storia dell’arte per impaginare la rivista. Poi via via si sono aggiunti in tanti, li invito a scrivere qui un ricordo.Viviano mi ha insegnato molto, con la sua infinita passione, di persona buona, competente, scrupolosa, attenta al minimo risultato.

Ho passato anni a battere a macchina insieme a Marina le pagine de l’Archivio (cosa c’era prima di internet? C’era Viviano Vespignani) con tutti i risultati, le teste di serie, i tabelloni dei risultati che nessun altro pubblicava. Si divertiva alle mie battute, Viviano, era una redazione piccola ma allegra, ci piaceva fare quello che facevamo, e, credo, lo facevamo anche abbastanza bene. Senza Matchball e senza Viviano – che io ho continuato sempre a chiamare Professore, era più forte di me – non sarei diventato giornalista, non avrei viaggiato e conosciuto tante persone, scritto di tanti tornei per La Stampa, il Corriere dello Sport, e ora per il Tennis Italiano – il nostro grande concorrente di allora. Viviano aveva una passione infinita per il tennis, e soprattutto per il tennis giovanile, gli piaceva scoprire i talenti, come aveva fatto con Gianluca Rinaldini, o Raffi Reggi, seguirli, raccontare quello che succedeva al Bonfiglio, all’Avvenire, ai grandi tornei americani o italiani che fossero.

E’ stata una persona generosa, buona, ironica, con un passato incredibile che scoprii leggendo il suo libro, Piccolo Bastardo. E anche quando Matchball è finito, bastava dargli un colpo di telefono per chiarisrsi un dubbio, verificare un dato, che lui subito diceva: «ti mando un fax». E dalla macchina usciva tempo qualche minuto un rotolino con la risposta che cercavi. Faceva finta di arrabbiarsi giusto quando qualche lettera che mi diceva di inventare per la rubrica della Posta – solo quando nessuno dei nostri lettori trattava l’argomento ma lui voleva scrivere una risposta che gli stava a cuore… – la firmavo in maniera bizzarra. «Prof, ma non possiamo firmare sempre Francesco Rossi e Mario Bianchi da Milano, è troppo generico..». «Ciò, Stefano, ma neanche Potito Tonno da Mazara del Vallo o Nico Tombino da Pinerolo!…». E poi scoppiava a ridere.

Ciao Professore, e grazie di tutto quello che hai dato, a me e a tanti altri.